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È bufera su Vito Petrocelli, il presidente M5S della Commissione Esteri del Senato che dopo aver votato contro la risoluzione sull’invio di armi all’Ucraina ha scelto di non partecipare alla seduta in cui è intervenuto il presidente di Kiev, Volodymyr Zelensky. “Fuori da questo governo interventista, che vuole fare dell’Italia un paese co-belligerante”, ha scritto su Twitter subito dopo il forfait. Parole che non sono piaciute ai vertici del suo partito: “La posizione di Petrocelli è personale, si vedrà quando ci sarà il voto (sul decreto Ucraina, ndr), lui prenderà le sue decisioni. È chiaro che se voterà in maniera diversa rispetto al gruppo su una questione di fiducia sarà un problema. In quel caso sono previste sanzioni”, dice all’Ansa la capogruppo al Senato Mariolina Castellone. Quelle di Petrocelli “sono considerazioni personali” anche per il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico d’Incà: “Non c’è dubbio sulla posizione del nostro Paese, una condanna dell’aggressione russa e di una ricerca in tutti i modi di una soluzione di pace. La posizione è quella indicata da Conte”, precisa.
Fuori da questo governo interventista, che vuole fare dell’Italia un paese co-belligerante.https://t.co/Dmez5nntUV
— Vito Petrocelli (@vitopetrocelli) March 22, 2022
Dal resto dell’arco parlamentare piovono le richieste di dimissioni. Le prime arrivano dalla vicecapogruppo di Italia Viva al Senato, Laura Garavini: “Dopo queste ulteriori dichiarazioni, che seguono gesti concreti come il voto contrario alla risoluzione del Parlamento sulla guerra in Ucraina, non può davvero continuare a ricoprire quel ruolo. Dovrebbe essere lui per primo a fare un passo indietro viste le sue parole”, attacca. Quella di Petrocelli è una “posizione legittima, ma evidentemente incompatibile con la funzione di presidente della Commissione esteri di palazzo Madama”, dice all’AdnKronos il senatore di Forza Italia Andrea Cangini. “Se vuole difendere legittimamente le proprie idee deve fare solo una cosa: dimettersi”. Dal Pd annunciano di voler “chiedere conto, nelle sedi opportune”, al senatore delle sue affermazioni, ma molto più netta è la linea di Andrea Marcucci: “La posizione del Presidente della commissione Esteri del Senato Vito Petrocelli non è più sostenibile. Il M5S deve assumere una decisione”, scrive su Twitter.
La posizione del Presidente della commissione Esteri del Senato Vito Petrocelli non è più sostenibile. Il #M5S deve assumere una decisione. #Ucraina
— Andrea Marcucci (@AndreaMarcucci) March 22, 2022
Petrocelli però non ha intenzione di lasciare la poltrona: lo ha comunicato lui stesso – a quanto riferiscono più fonti – alle commissioni Esteri e Difesa riunite a palazzo Madama per discutere il decreto Ucraina, rispondendo agli interventi di più parlamentari che gli hanno chiesto un passo indietro (tra gli altri Garavini, il dem Luigi Zanda e il leghista Stefano Lucidi). Non solo: ha annunciato di voler votare contro la conversione in legge del decreto e più in generale di essere pronto “a non votare più la fiducia su qualunque provvedimento, perché l’atteggiamento del governo su una questione per me rilevante, cioè diventiamo interventisti, non è accettabile ed è la goccia che fa traboccare il vaso”. Il senatore ha detto di non sapere se la scelta causerà la sua espulsione dal Movimento 5 Stelle. “Se il Movimento espelle un senatore che non vota l’invio di armi a un Paese in guerra, vedano loro quali sono le conseguenze”, ha affermato. Spiegando che se l’espulsione arrivasse “dopo un dibattito sul tema, già questo mi renderebbe soddisfatto”, mentre “senza dibattuto sul tema che ho posto, bontà sua, il presidente Conte può fare quello che vuole”.
Peraltro, secondo le stime fatte in queste ore da addetti ai lavori e segretari d’Aula, sono più di 350 i deputati e senatori rimasti assenti alla seduta comune. Se infatti l’emiciclo di Montecitorio era praticamente pieno, quasi vuote erano le tribune messe a disposizione per accogliere anche i senatori. “I parlamentari in totale sono 945, tra aula e tribuna al massimo eravamo 580“, spiega un eletto. Il numero esatto però non sarà agli atti, perché la seduta con all’ordine del giorno l’intervento in videoconferenza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky non prevede una registrazione delle presenze.
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