Dom. Nov 24th, 2024

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Alexey Mordashov non ama la parola oligarca. “Che cosa vi fa capire quel termine? Preferisco considerarmi un imprenditore o un industriale”, ha dichiarato nel 2009. “Creare aziende significa creare ricchezza. Se questo significa che sono un oligarca, allora va bene. Ma se essere un oligarca significa comprare società di calcio, allora non fa per me”.

È vero che, mentre altri miliardari russi si regalavano il Chelsea o il Monaco, Mordashov si è accontentato della squadra di hockey di Cherepovets, la città sul Volga in cui è nato nel 1965. Non è abbastanza, però, per togliere l’etichetta di oligarca a chi nel 2021 comandava la classifica di Forbes dei russi più ricchi, con un patrimonio di 29,1 miliardi di dollari. Un uomo che negli anni ’90 ha preso il controllo dell’acciaieria in cui lavorava e l’ha trasformata in un gigantesco conglomerato con interessi nella metallurgia, nel settore minerario e nell’energia. Che ha investito miliardi negli Stati Uniti e possiede un terzo della più grande compagnia di viaggi europea. Che ha bollato come “una grossa esagerazione” le storie sulla sua amicizia con Putin, ma è comproprietario della banca che i giornalisti dell’inchiesta Panama Papers hanno definito “la cassa personale” del presidente russo.

Proprio per la sua vicinanza a Putin Mordashov è finito in questi giorni sui giornali italiani. L’Unione europea ha infatti congelato i suoi beni in seguito all’invasione dell’Ucraina, assieme a quelli di altri oligarchi come Mikhail Fridman e Alisher Usmanov. E nel porto di Imperia la Guardia di finanza ha sequestrato il suo yacht Lady M: un’imbarcazione di 65 metri, con un valore di 65 milioni di euro.

Alexey Mordashov, l’oligarca d’acciaio

Per ricostruire la storia della fortuna di Alexey Mordashov bisogna partire da quella della sua città. Più o meno equidistante da Mosca e San Pietroburgo e collocata all’incrocio tra i gasdotti, le ferrovie ovest-est e il sistema di canali che collega il Volga al Baltico, Cherepovets fu infatti scelta da Stalin, negli anni ’50, come sede della seconda più grande acciaieria dell’Unione sovietica. Intorno a quegli impianti un centro di 50mila abitanti si trasformò in una città di oltre 300mila. In quelle fabbriche lavoravano entrambi i genitori di Mordashov. E sempre lì, nel 1988, dopo la laurea all’istituto di ingegneria economica di Leningrado, ha iniziato a lavorare il futuro magnate.

Per fotografare le sue origini umili, Mordashov è solito raccontare che la sua famiglia viveva con buoni che le davano diritto a 200 grammi di burro e 400 grammi di salsiccia al mese. Le sue sorti, però, cambiarono nel 1992, quando diventò direttore finanziario degli impianti. Un anno dopo, un decreto dell’allora presidente russo, Boris Eltsin, trasformò l’acciaieria in una società per azioni e le diede il nome di Severstal.

L’ultimo cammello della carovana

Mordashov ha fornito resoconti piuttosto sommari di come, in pochi mesi, passò da direttore finanziario ad azionista di maggioranza. “Quando iniziò la privatizzazione, creammo una società e iniziammo a comprare azioni”, ha sintetizzato in una dichiarazione riportata dal Telegraph. “Nessuno, a quel tempo, sapeva che cosa fossero le azioni in Russia. Alla fine divenni proprietario dell’82% della compagnia”.

Secondo Forbes, fu il direttore dell’acciaieria a incitare Mordashov a comprare quote, “per evitare che finissero in mano a estranei”. Bloomberg ha scritto che Mordashov creò due fondi di investimento, li utilizzò per comprare le azioni in mano ai dipendenti e le tenne tutte per sé. E ancora Forbes riporta che, secondo Mordashov, “fu il consiglio della società” a votare per consegnargli il 76% delle quote.

Di sicuro c’è che nel 1996 Mordashov divenne amministratore delegato di Severstal, posizione che mantenne poi per 19 anni. Sotto la sua guida, il gruppo è diventato il primo in Russia nel campo dell’acciaio. Possiede oggi strutture in Ucraina, in Kazakistan, in Francia, in Italia e in vari paesi africani. Nel 2021 ha registrato un fatturato di 11,6 miliardi di dollari.

Mordashov ha attribuito il merito della sua improvvisa ricchezza alla fortuna: “Ero l’ultimo cammello della carovana quando è stata invertita la rotta”, ha detto. Ma, come ha scritto il Guardian, “è probabile che abbiano aiutato le amicizie con personaggi influenti. Da studente dell’università di Leningrado avrebbe conosciuto infatti Anatoly Chubais, all’epoca professore di economia, in seguito diventato l’architetto del programma di privatizzazione della Russia”.

Sulle orme di Ford

Negli anni 2000 Mordashov ha deciso di allargare il suo impero al di fuori della Russia. Nel 2004 ha compiuto la mossa più significativa dal punto di vista simbolico: l’acquisto del Ford River Rouge Complex di Dearborn, nel Michigan, costruito da Henry Ford tra il 1917 e il 1928. Al momento dell’inaugurazione, la più grande fabbrica del mondo. “Gli impianti statunitensi erano in condizioni peggiori di quelle che avevo rinnovato in Russia”, ha detto Mordashov alla rivista Fortune. “Gran parte della tecnologia era vecchia di 150 anni”.

Mordashov, al momento dello sbarco in America, si presentò proprio come salvatore di un’industria dell’acciaio arretrata e in crisi. Propose un progetto per “la produzione di acciaio per auto ad alta efficienza energetica”, con cui convinse il dipartimento dell’Energia a elargirgli un prestito da 730 milioni di dollari. Fondi ritirati, però, dopo le proteste dei concorrenti americani.

E non fu l’unico incidente negli Stati Uniti. Severstal, come ha raccontato Forbes, “pagò un prezzo superiore al valore di mercato per tre stabilimenti prima della Grande recessione”. Quando arrivò la crisi, fu costretta a venderli, per una perdita complessiva di 2,5 miliardi di dollari. Nel 2014 il conglomerato russo è uscito in via definitiva dal mercato americano.

La fusione (mancata) del secolo

La grande occasione mancata della carriera di Alexey Mordashov, però, va cercata in Europa. Nel 2006 Severstal fu infatti a un passo da una fusione con Arcelor che avrebbe dato vita al più grande gruppo mondiale dell’acciaio. Nel giugno di quell’anno, il Guardian scriveva che Mordashov aveva superato l’ostacolo principale: ottenere il sostegno del governo russo. “Alexei Kudrin, ministro delle finanze, ha elogiato la prevista fusione”, scriveva il quotidiano. “È evidente che Mosca non vede l’operazione come una svendita di asset russi, ma come un’occasione per il Paese di partecipare a un nuovo leader globale dell’industria”.

I dirigenti di Arcelor appoggiarono la fusione con Severstal, ma a luglio arrivò la bocciatura degli azionisti. Mordashov si vide così scippare l’affare dall’indiana Mittal. Nacque così ArcelorMittal, il gigante di cui i giornali italiani hanno parlato, negli ultimi anni, per via della vicenda dell’Ilva di Taranto.

L’uomo che ha salvato Tui

Non ci sono però solo avventure fallite o operazioni sfumate nel curriculum di Alexey Mordashov. Nel 2008 il miliardario ha contribuito a fondare il National Media Group, azionista di vari canali televisivi russi. Ha siglato poi una joint venture con Siemens per la produzione di turbine. Assieme a un altro miliardario, Yuri Kovalchuk, amico di Putin da quando il presidente russo iniziava la sua carriera politica a San Pietroburgo, ha creato Tele2 Russia, quarto operatore di telefonia mobile del Paese. E nel 2019 ha investito in Lenta, una catena di centinaia di supermercati e ipermercati.

In Occidente, Mordashov è soprattutto uno dei principali azionisti di Tui Ag, uno dei più grandi gruppi mondiali del turismo e dei viaggi. In era Covid le sue costanti iniezioni di denaro, che lo hanno portato fino al 34% della società, hanno permesso a Tui di restare in piedi mentre il turismo internazionale era bloccato. Anche per questo, quando l’Unione europea ha sanzionato Mordashov, il presidente esecutivo del gruppo, Fritz Joussen, ha sentito l’esigenza di rassicurare dipendenti e investitori: “Riteniamo che qualsiasi restrizione o sanzione contro il signor Mordashov non avrà effetti negativi a lungo termine per il gruppo”.

Poche ore dopo le sanzioni, Mordashov ha lasciato il consiglio di Tui Ag. Ha inoltre trasferito all’estero la sua partecipazione da 1,4 miliardi in Tui e alla moglie quella da 1,1 miliardi in Nord Gold, spin-off di Severstal dedicato all’estrazione dell’oro.

I banchieri di Putin

Diversi resoconti della stampa britannica e americana hanno ritratto Mordashov come un oligarca anomalo. Il Guardian gli ha riconosciuto che “in lui non c’è la stessa aria da ‘selvaggio est’ di altri oligarchi russi” e che “a parte una discussa battaglia per gli alimenti con la prima moglie”, arrivata fino alla Corte europea dei diritti dell’uomo, “ha evitato le luci della ribalta”. Fortune ha scritto che talvolta, nelle pause tra gli incontri di lavoro, “Mordashov recita poesie russe che conosce a memoria”. Il suo profilo su Forbes.com segnala che è membro del consiglio del teatro Bolshoi. Nemmeno lui, però, ha evitato stretti legami con il Cremlino.

Dal 2003 Mordashov, il cui patrimonio è stimato oggi in 21,4 miliardi di dollari, è infatti comproprietario di Rossiya Bank, una banca nata a San Pietroburgo nel 1990. È questo l’istituto definito come “cassa personale di Putin” dai Panama Papers, l’inchiesta che, sulla base di documenti di uno studio legale panamense, ha ricostruito come molti ricchi nascondessero i loro soldi al fisco.

Il nome di Mordashov ritorna inoltre nei Pandora Papers, un’altra serie di articoli dell’International Consortium of Investigative Journalists, che ha rivelato i conti offshore di 35 leader mondiali e di oltre 100 miliardari, imprenditori e personaggi famosi. “Mordashov”, si legge, “ha versato soldi a progetti cari al presidente e ha fatto generose donazioni ad amici di Putin”.

Quando ha deciso di sanzionare Mordashov, pochi giorni fa, l’Unione europea ha definito Rossiya Bank come “la banca personale” di alti funzionari russi che hanno tratto benefici dall’annessione della Crimea del 2014. Secondo l’Ue, i media del miliardario hanno anche contribuito a destabilizzare l’Ucraina con campagne di disinformazione.

All’inizio dell’invasione russa, Mordashov è stato tra i primi miliardari a schierarsi contro la guerra, che ha definito come “la tragedia di due popoli fratelli”. Il Guardian ha fatto notare, però, che Severstal, di cui Mordashov rimane presidente, ha raccontato in passato di come alcuni suoi prodotti siano “usati nella produzione di attrezzature russe per la difesa, inclusi veicoli corazzati”.

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