Dom. Nov 24th, 2024

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di Francesco Battistini

A che punto sono l’avanzata e la distruzione. Dalle bombe c’ un solo rifugio: le miniere. Prima dell’invasione poche zone al mondo erano cos infestate di mine e residuati bellici. Adesso l’area su cui si concentrano i russi un inferno

Non bastano gli scantinati. E nemmeno le fogne. Appena fuori Soledar, in via Oktyabrskaya 11, c’ un corridoio stretto scavato nella roccia che va molto pi gi. La miniera di sale sempre stata la nostra salvezza, racconta il sindaco del villaggio. Salvava dagli anni nazisti, ha salvato in quest’ottennio di guerra del Donbass e anche adesso, quando cominciano i mortai russi, i 10 mila abitanti di Soledar sanno il daffarsi: buttarsi nelle viscere della vecchia miniera, 300 metri sotto, dove nessuna termobarica di Putin pu arrivare. Benedetta miniera: sull’ingresso c’ anche uno gnomo portafortuna, fatto di sale, e ai tempi belli della pace gli si dava una leccatina, prima di calarsi gi.
Non c’ molto altro per proteggersi, nel Donbass. Pi che al controllo e alla sua completa liberazione, come hanno ripetuto sabato, i russi si stanno dedicando con cura alla sua distruzione. Spostano dalla Siria e dalla Libia i mercenari Wagner. Deportano pi di 400 mila persone: perch se ne andassero, l’autunno scorso Putin aveva donato 700 mila passaporti ai fratelli del Donbass, praticamente uno per famiglia, ma evidentemente s’ dovuto convincerli in altro modo.

Il corridoio

L’avanzata sembra procedere e gli stessi ucraini ammettono che il nemico riuscito a crearsi un piccolo corridoio fra Donetsk e la Crimea. Su Kharkiv si sono contati in un solo giorno 44 tiri d’artiglieria pesante e 140 razzi, fa i conti il sindaco Ihor Terekhov. I palazzi distrutti sono 1.143: per miracolo, rimasto in piedi il grattacielo sovietico Derjprom, un pezzo di nostalgia che i generali putiniani non si son sentiti di colpire. Pare non ci sia stato lo stesso riguardo per Ploshcha Krasna, la Piazza Rossa di Chernihiv, che non si chiama cos in omaggio al cuore di Mosca (in slavo antico, il significato era Piazza Bella) e ora, dice il governo ucraino, sta al centro d’una citt completamente distrutta. Anche Izyum, la dolce cittadina dell’uva passa e delle fragole, raccontano sia rasa al suolo: i suoi 50 mila abitanti, che una volta aprivano la porta del Donbass sulla strada verso Donetsk e Lugansk, sono in gran parte scappati senza il tempo di chiudere l’uscio.

Le mine

Chi rompe, dovr pagare. E carissimo. Solo nel 2019, praticamente un secolo fa, l’ong inglese Halo trust certificava che poche zone al mondo fossero infestate di mine e residuati bellici come il Donbass: bisogner aspettare fino al 2080, dissero allora, per bonificare tutto. Un gruppo d’economisti austriaci calcol anche i costi della distruzione: per ricostruire la regione, sarebbero serviti quasi 22 miliardi di dollari, il 16% del pil ucraino prima dell’invasione.

L’uomo pi ricco

Oggi? Tutto il bacino del Donec un concentrato di fumanti colossi industriali e di miniere sotto casa. Ma nessuno sa che fumo s’alzer, dopo la guerra. L’uomo pi ricco della regione e dell’Ucraina, Rinat Ahkmetov, patron calcistico dello Shaktar, in un mese s’ visto dimezzare il patrimonio personale: Donetsk era la sua citt, e Ahkmetov ne finanziava i gioielli, la Donbass Arena e la splendente, nuovissima stazione ferroviaria in stile russo… Altra domanda: che ne sar della grande risorsa, il carbone? A Donetsk il minerale nero sempre stato un orgoglio e la furia bellica ha spazzato via perfino i terikony, semplici e romantiche montagnole di scorie in mezzo alla citt, attrazione turistica che cambiava colore a seconda dell’ora e della stagione. L’industria in crisi: gi prima dell’invasione, il carbone veniva estratto con percentuali troppo alte di zolfo e doveva essere mischiato con quello russo, finendo per esserne un sottoprodotto.

La culla

Il Donbass che Putin vuole, fortissimamente vuole, non solo il tesoro delle acciaierie e degli oligarchi legati a Mosca. E’ anche la culla d’una Chiesa ortodossa fedele alla Russia, dalla quale s’ staccata la Chiesa ucraina. dove la secessione armata s’ giocata anche sulla lingua, perch qui nessuno ha mai voluto rinunciare al russo (anche se nessuno ora vuole pi stare sotto Putin). Non c’ pi tempo e forza d’indignarsi, visitando il museo di Poltava, se le didascalie che parlano di Pietro il Grande evitano, accuratamente, di citare la Russia.

Il frigorifero

sempre stato un rapporto complicato, quello con la Grande Madre. A 50 chilometri dal confine, sull’immensa piazza di Kharkiv che dicono sia seconda solo alla Tienanmen, gli amici di Mosca s’esaltavano per il gigantesco monumento in granito dei cinque eroi sovietici, raffigurati mentre andavano a combattere con un cesto d’armi? I kharkivi ci ridevano sopra, lo chiamavano i cinque uomini che trasportano un frigorifero.
Ma erano altri tempi e s’usavano ancora altre armi, allora: quelle dell’ironia.

27 marzo 2022 (modifica il 27 marzo 2022 | 09:12)

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