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PADOVA – Lo stridore della frenata disperata, il colpo secco del paraurti sulla carrozzina e, poi, quell’urlo che sovrasta il rumore dell’intenso traffico di via Plebiscito. Un grido straziante di una madre che vede la sua creatura – tre mesi compiuti giusto l’altro ieri – sbalzata a terra. Lo guarda incapace di muoversi per via dell’urto subìto, stesa sull’asfalto, con gli occhi vitrei e una mano allungata verso di lui: Il piccolo Anas giace inerme sulla strada. Non un vagito, non un lamento. Quanto avrebbe voluto mamma Zohra in quel momento sentire il suo bimbo piangere disperatamente come tutti i neonati. Un pianto disperato vorrebbe dire che sta bene. Invece Anas è immobile. Alla tragica scena, dall’altra parte della strada, assistono due giovanissimi infermieri appena usciti di casa per placare la voglia di gelato di lei, incinta quasi agli sgoccioli. È una visione che sconcerterebbe anche i più duri. Figuriamoci una donna quasi alla fine della sua gravidanza. Ma anni e anni di studio e di lavoro in ambulanza e poi in corsia prendono il sopravvento. La giovane coppia corre lì vicino alla rotatoria, davanti al supermercato Aldi, per prestare i primi soccorsi. Lui, si occupa della madre, lei, si siede a terra, nonostante il pancione ingombrante, prende Anas tra le braccia e inizia a praticargli il massaggio cardiaco. Sette lunghi, infiniti, minuti premendo ritmicamente con due dita il cuore di quella creaturina priva di sensi. Sette lunghi, infiniti, minuti dopo i quali alla giovane infermiera sembra chiaro che ormai c’è poco da fare per il piccolo. E così lo porta alla madre per farglielo abbracciare almeno un’ultima volta.
IL RACCONTO
La giovane infermiera è sconvolta, la gravidanza e l’arrivo del suo bimbo l’hanno resa ancor più fragile alla vista di una tragedia immane come quella della morte di un neonato. «Non dimenticherò mai lo sguardo di quella donna quando le ho dato il bambino in braccio. Non lo si può nemmeno descrivere, non l’ho mai visto su nessun’altra persona». Perché negli occhi di Fatima, la mamma di Anas, c’è tutto il dolore e la consapevolezza che quello sarebbe stato il suo ultimo abbraccio al proprio piccolo. «Stavamo andando a mangiare un gelato – racconta il suo compagno – quando ci siamo resi conto di quel che era successo siamo corsi e abbiamo capito che era una situazione disperata».
L’ESPERIENZA
Il soccorritore ha lavorato per anni sulle ambulanze, prima con la Croce Verde, poi come infermiere laureato. La sua compagna pure ha grande esperienza nello stesso settore. Poteva essere un miracolo la loro presenza sul luogo dell’incidente. Due soccorritori che sanno praticare le manovre di rianimazione. Ma il piccolino è troppo grave. L’auto ha preso in pieno la carrozzina ed è stato sbalzato per sei metri sull’asfalto di via del Plebiscito, all’incrocio con via Bajardi. «Mi sono resa conto subito che il neonato era grave. Non ha mai ripreso i sensi. Gli ho praticato il massaggio cardiaco per 7 minuti, ma non c’è stato niente da fare. Sul posto è poi arrivato un medico e infine l’ambulanza» racconta l’infermiera. I soccorritori del Suem trasportano in un baleno il piccolo Anas in pronto soccorso pediatrico: lo intubano, continuano a rianimarlo, ma dopo un’ora non c’è più niente da fare, il suo cuoricino non ha mai ripreso a battere. In via Plebiscito c’è ancora la carrozzina e l’auto che l’ha travolta, mentre gli agenti della Locale concludono i rilievi. Nei due infermieri fuori servizio che per primi sono arrivati sul luogo dell’incidente, invece, resterà per sempre impresso lo sguardo perso di mamma Zohra mentre abbraccia per l’ultima volta la sua creatura.
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