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Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, è salito al Quirinale per aggiornare il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in merito al dossier sull’aumento del 2 per cento del Pil per le spese militari. È questo l’epilogo di una giornata di braccio di ferro sulla questione del riarmo che ha portato il premier a incontrare Giuseppe Conte a Palazzo Chigi. “Il governo intende rispettare e ribadire con decisione gli impegni Nato sull’aumento delle spese militari al 2% del Pil. Altrimenti verrebbero meno gli impegni presi dalla maggioranza”, avrebbe detto Draghi durante l’incontro il leader del Movimento 5 Stelle. Che però uscendo da Palazzo Chigi ha ribadito: “Non metto in discussione gli accordi con la Nato, ma l’aumento delle spese militari ora è improvvido”.
Nel vertice con Conte, però Draghi ha snocciolato alcuni dati relativi agli accordi con la maggioranza. I piani concordati nel 2014, e seguiti dai vari governi che si sono succeduti, prevedono entro il 2024 un continuo progressivo aumento degli investimenti. Il bilancio della difesa nel 2018 era sostanzialmente uguale al 2008. Nel 2018, stando ai dati del ministero della Difesa sugli anni di governo di Conte, illustrati dal premier, si registravano circa 21 mld, nel 2021 24,6 miliardi (un aumento del 17 per cento). Tra il 2021 e il 2022 il bilancio della Difesa è salito invece a 26 miliardi, un aumento del 5,6 per cento. Questi stessi dati ora Draghi li sta elencando a Mattarella nel corso del colloquio al Colle.
In mattinata Conte ai giornalisti aveva garantito: “Il decreto Ucraina non c’entra nulla con la corsa al riarmo e per questo lo voteremo in Senato, con o senza fiducia. Non votiamo il provvedimento a cuor leggero ma per senso di solidarietà verso chi sta difendendo il proprio Paese”.
Poi, a chi gli chiedeva se nel Def sarà inserito l’aumento delle spese militari, Conte ha risposto: “Nel Def ragionevolmente non ci sarà scritto qualcosa del genere, ma questo non toglie che è una prospettiva che dobbiamo affrontare. Il problema può essere procrastinato ma dobbiamo affrontarlo dal punto di vista politico”. Al Senato discussione generale sul dl Ucraina inizierà domani alle 9.30.
Intanto però il governo in commissione Esteri al Senato ha accolto l’ordine del giorno di Fratelli d’Italia che lo impegna a raggiungere la soglia del 2 per cento sulle spese militari senza richiesta di voto. “La decisione della presidente dem della Commissione Difesa, Pinotti, sull’ordine del giorno di Fdi è ineccepibile. Siamo sempre disponibili ad un confronto, come abbiamo dimostrato ieri in commissione. Riteniamo importante, in questa fase delicata che stiamo vivendo, garantire compattezza alla maggioranza e sostegno al governo ” chiarisce Simona Malpezzi, capogruppo del Pd a Palazzo Madama.
La posizione del partito di Conte sul riarmo, così come quella della Lega, è in netta contrapposizione con della maggioranza, in particolare dei dem. “Il dialogo con il Pd è sempre stato “corretto, sincero e autentico”, ha chiarito, ma “dispiace” che sul tema delle spese militari “non ci troviamo sulla stessa posizione: avremo modo di discutere”. Poi ha precisato: “Se il Pd sarà al nostro fianco ci farà molto piacere, altrimenti ne prenderemo atto. Se sul salario minimo il Pd sarà con noi ci farà piacere, se si orienterà diversamente ne prenderemo atto”. E questo, fanno trapelare fonti del Pd, preoccupa molto Enrico Letta. Matteo Renzi, intanto scrive su Facebook: “Draghi è uno statista, Conte è un populista. Noi stiamo con Draghi, noi stiamo con l’Italia”.
Conte ha poi parlato della questione relativa ai rincari dell’energia provocati dalla guerra in Ucraina e dalle sanzioni contro la Russia. “Mi sembra di capire che sulla situazione della strategia comune energetica c’è ancora da aspettare. C’è un rinvio a maggio, ho espresso al presidente Draghi preoccupazione. Bisogna essere coraggiosi – ha concluso il 5 Stelle – dobbiamo convincere i Paesi più riottosi, recalcitranti ad accettare un piano di stoccaggi comune”.
Infine, l’ex premier ha parlato del risultato della consultazione online tra gli iscritti del Movimento, un referendum che lo ha consacrato presidente dei 5 Stelle dopo la decisione del tribunale di Napoli di sospendere i vertici del partito. “C’è molta soddisfazione per questa votazione, tenendo conto che era la ripetizione di una votazione già fatta – ha chiarito Conte – Quasi 60mila votanti per una ripetizione è significativo. È stata un’ottima risposta della nostra comunità, sono soddisfatto”. Poi, parlando dell’ipotesi della creazione di una sua lista in vista delle elezioni politiche del 2023, ha assicurato: “Non lavoro per una lista con il mio nome, lavoro per il M5S”.
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