Gio. Nov 28th, 2024

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Tra i partecipanti ai negoziati iniziati martedì a Istanbul sull’invasione russa dell’Ucraina, c’è almeno una persona che formalmente non fa parte di nessuna delegazione: l’oligarca russo Roman Abramovich, proprietario della squadra di calcio del Chelsea, una delle persone più ricche al mondo e con stretti legami con il presidente della Russia, Vladimir Putin. Abramovich si è comportato da uditore, ma non è ancora chiaro quale fosse il suo ruolo e più in generale che cosa stia facendo ormai da settimane, con ricorrenti incontri con delegazioni ucraine e russe a Kiev, Mosca, Varsavia e Istanbul.

Abramovich non ha fatto dichiarazioni in merito, ma considerati i suoi contatti ad alto livello e la sua posizione, vari analisti ritengono che possa avere un ruolo importante nelle relazioni tra Russia e Ucraina. Il governo russo lo considera una risorsa importante per ottenere informazioni, mentre l’Occidente lo vede come un potenziale canale di comunicazione con Putin, al di fuori dalle classiche vie diplomatiche. Ma fare troppo affidamento su Abramovich potrebbe essere rischioso, soprattutto considerato il suo passato.

Dalle bambole al petrolio
Roman Arkadyevich Abramovich ha 55 anni ed è originario di Saratov, una città della Russia europea a poche centinaia di chilometri dal confine con l’Ucraina, il paese da cui provenivano i suoi nonni materni. Irina, la madre di Abramovich, morì quando il figlio aveva appena un anno a causa di una grave infezione; il padre morì un paio di anni dopo in un incidente sul lavoro. Diventato orfano, Abramovich fu cresciuto da alcuni altri parenti nella Repubblica dei Komi, oltre 1.200 chilometri a nord-est di Mosca.

Le condizioni di vita non erano molto agiate: a 16 anni Abramovich lasciò la scuola, trovò un lavoro da meccanico e in seguito prestò servizio militare nell’esercito russo. Si trasferì poi a Mosca, dove frequentò l’Università statale russa del petrolio e del gas Gubkin, maturando conoscenze che gli sarebbero tornate utili negli anni seguenti.

Alla fine degli anni Ottanta, mentre l’Unione Sovietica si avviava verso la sua ultima fase prima del dissolvimento e per le aziende si aprivano nuove opportunità su un mercato sempre più libero, Abramovich fondò una società per la produzione di bambole e avviò varie iniziative per l’importazione e la vendita di giocattoli e altri beni di consumo. In pochi anni, le sue finanze crebbero sensibilmente consentendogli di espandere le proprie attività in diversi altri settori, da quello petrolifero agli allevamenti di animali, passando per il commercio di zucchero e altri beni alimentari.

Politica e potere
A metà degli anni Novanta, Abramovich iniziò ad avere rapporti con il presidente della Russia dell’epoca, Boris Eltsin. Fu in quel periodo che con un socio acquistò il controllo di Sibneft, una società petrolifera fondata per decreto da Eltsin e derivante da alcune privatizzazioni decise in seguito alla fine del regime sovietico (per questa ragione Abramovich viene definito un “oligarca“). Ai due soci fu sufficiente l’equivalente di circa 200 milioni di dollari di allora per acquistare a un’asta pilotata un’azienda il cui valore stava crescendo molto rapidamente. In seguito Abramovich avrebbe ammesso di avere corrotto vari funzionari per concludere l’affare: nel 2005 la vendita di Sibneft nuovamente al governo russo gli fruttò circa 13 miliardi di dollari.

A 30 anni, su invito della famiglia Eltsin, Roman Abramovich si trasferì per qualche tempo in un appartamento del Cremlino, la sede del governo russo. Tre anni dopo, nel 1999, fu eletto governatore della provincia di Chukotka, nell’estremo oriente russo dove abbondano petrolio e gas.

Vladimir Putin con Roman Abramovich (© La Nacion via ZUMA Press | ANSA)

Abramovich fu tra i primi a consigliare a Yeltsin di scegliere Vladimir Putin come suo successore alla presidenza della Russia, diventando in seguito uno dei suoi più importanti consiglieri. Una volta al potere, Putin si diede da fare per tenere sotto controllo gli oligarchi, ovvero i nuovi miliardari emersi dopo la fine dell’Unione Sovietica e che si erano arricchiti con speculazioni e altre attività legate alle privatizzazioni delle grandi aziende di stato.

Oligarca
Molti oligarchi ritenuti non allineati al nuovo regime furono imprigionati, altri mandati in esilio. Abramovich rimase al proprio posto, rafforzando le proprie reti di influenza anche grazie all’incarico da governatore. Continuò ad ammassare grandi ricchezze, ad acquistare case in alcuni dei luoghi turistici più esclusivi del mondo, automobili di lusso e imbarcazioni.

Nel 2003, Roman Abramovich divenne piuttosto noto anche fuori dalla Russia in seguito alla sua acquisizione del Chelsea, una delle più famose e importanti squadre di calcio inglesi. La acquistò per circa 160 milioni di euro e negli anni seguenti investì nella squadra, rendendola una delle più vincenti in Europa. Abramovich divenne molto apprezzato dai tifosi del Chelsea e celebrato in Inghilterra per le sue attività, non solo legate al mondo del calcio.

La sua presenza a Londra, uno dei principali centri finanziari europei, consentì ad Abramovich di estendere i propri affari e di favorire l’arrivo di altri oligarchi russi, interessati a espandere le loro attività al di fuori della Russia. Secondo la rivista Forbes, Abramovich prima delle sanzioni aveva un patrimonio intorno agli 11 miliardi di euro ed era tra le 150 persone più ricche del pianeta.

Sanzioni e negoziati
Molto riservato, dopo il suo arrivo a Londra Abramovich ha concesso raramente interviste ed è stato molto attento a svelare dettagli sui propri rapporti con Putin. Negli anni ha provato a distanziarsi dal presidente russo, per lo meno ufficialmente, ma secondo i servizi segreti di vari paesi occidentali i loro rapporti continuano a essere piuttosto stretti. Anche per questo motivo all’indomani dell’invasione militare dell’Ucraina da parte della Russia il governo del Regno Unito ha imposto pesanti sanzioni economiche anche ad Abramovich, procedendo tra le altre cose al sequestro del Chelsea, pochi giorni dopo l’annuncio da parte dello stesso Abramovich di volerlo vendere.

Abramovich non è stato invece sanzionato dagli Stati Uniti, nonostante il governo statunitense nell’ultimo mese abbia emesso sanzioni nei confronti di vari oligarchi e personaggi di spicco in Russia. Secondo alcuni giornali sarebbe stato lo stesso presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, a chiedere che Abramovich non fosse sanzionato, proprio perché considerato un eventuale interlocutore per le trattative con la Russia sull’invasione dell’Ucraina.

A pochi giorni dall’inizio dell’operazione militare russa, Abramovich era del resto già presente in Bielorussia, dove erano stati organizzati i primi colloqui tra una delegazione dell’Ucraina e una della Russia. Nelle settimane seguenti, aveva partecipato ad altri incontri con funzionari di entrambi i paesi a Kiev e Mosca, forse con la mediazione della Turchia che lo considera una risorsa importante per mantenere le comunicazioni tra i due paesi in guerra. Unione Europea e Canada hanno invece sanzionato Abramovich.

Secondo il Sunday Times, Abramovich avrebbe portato a Putin un messaggio scritto a mano da Zelensky, nel quale erano elencati i punti per trovare un accordo e interrompere le attività militari da entrambe le parti. La proposta non sarebbe stata accolta positivamente da Putin.

Lunedì, a poche ore dall’inizio di un nuovo importante giro di negoziati a Istanbul, diverse testate internazionali hanno dato la notizia di un sospetto avvelenamento di Abramovich e un paio di funzionari ucraini, avvenuto nei primi giorni di marzo dopo una riunione organizzata a Kiev. I tre avevano sofferto di una forte irritazione agli occhi e una desquamazione della pelle del viso e delle mani. A distanza di giorni la vicenda continua a essere piuttosto misteriosa, con pochi dettagli e la prospettiva di non poterne avere molti altri per chiarire se ci sia stato o meno un tentato avvelenamento, da parte di chi e a quale scopo.

La notizia ha comunque riportato l’attenzione su Abramovich e il suo ruolo nei negoziati, rafforzata martedì dalla sua presenza nella sala dove si sono tenute le nuove trattative a Istanbul. Abramovich non ha commentato il proprio coinvolgimento, ma non facendo parte ufficialmente di nessuna delle due delegazioni potrebbe comportarsi come un soggetto terzo, in grado di muoversi più liberamente sia per guadagnare la fiducia dei delegati ucraini, sia per persuadere Putin a trovare una soluzione pacifica dopo settimane di una guerra che evidentemente non è andata come immaginava il presidente russo.

Secondo fonti consultate dal Financial Times, il coinvolgimento di Abramovich nelle trattative sarebbe stato approvato direttamente da Putin. Il governo russo non ha comunque diffuso dichiarazioni ufficiali in merito e non è quindi chiaro quale ruolo possa avere nei prossimi giorni Abramovich nel corso dei negoziati.

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