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(Il Sole 24 Ore Radiocor) – Dopo l’euforia di martedì e tre giorni di rally, che ha riportato tutte le principali Borse europee (tranne Milano) sopra i livelli precedenti all’invasione dell’Ucraina, le Borse hanno terminato deboli la seduta. A Piazza Affari il Ftse Mib ha chiuso praticamente invariato (-0,03%), quando a Parigi il Cac40 ha perso lo 0,74%, a Francoforte il Dax40 l’1,45%, a Madrid l’Ibex35 lo 0,99% e ad Amsterdam l’Aex lo 0,17 per cento. In controtendenza Londra, dove il Ftse100 è salito dello 0,55 per cento. Il Cremlino ha precisato che al momento non ci sono state «svolte» nelle trattative e prevale quindi anche sui mercati lo stesso scetticismo sulla tregua che circola a livello internazionale su un allentamento della pressione militare. A livello continentale le vendite hanno colpito in primo luogo i titoli di banche, auto, turismo e vendite al dettaglio, mentre la risalita dei prezzi di energia e materie prime ha premiato i titoli del petrolio. Debole anche Wall Street, dopo la quarta seduta positiva di fila per Dow Jones e S&P 500. Si fa sentire la paura per l’inversione della curva dei rendimenti dei titoli del Tesoro, che spesso precede una recessione, e sembra essersi spento l’ottimismo per la situazione in Ucraina, con Stati Uniti e Regno Unito scettici sulla volontà di Mosca di lavorare per un accordo di pace. Nel frattempo, Washington e gli alleati europei si sono detti pronti a imporre altre sanzioni contro la Russia, se non ci sarà uno stop all’aggressione decisa dal presidente Vladimir Putin.
Nuova tornata di dati dagli Stati Uniti
Intanto dagli Stati Uniti è arrivata una nuova tornata di dati. Nel 2021 il Pil è salito del 5,7%, rivelandosi il miglior anno dal 1984, anche se la lettura finale del Pil del quarto trimestre è stata inferiore alle attese. Il Prodotto interno lordo statunitense è cresciuto nel quarto trimestre del 2021 al tasso annualizzato del 6,9% rispetto ai tre mesi precedenti, contro stime per un dato al 7 per cento. Nel terzo trimestre, è stato registrato un 2,3 per cento. Le spese dei consumatori, che rappresentano il 69% dell’economia statunitense, sono aumentate del 2,5%, dopo il 3,3% della lettura preliminare e il 3,1% della seconda lettura, comunque in rialzo dal 2% del terzo trimestre; nel secondo trimestre, registrato un rialzo del 12%. I profitti delle aziende sono calati dello 0,8%, dopo il rialzo dell’1,2% nel terzo trimestre. Per quanto riguarda l’inflazione, il dato Pce è aumentato nel quarto trimestre del 6,4%, dopo il 6,3% della seconda lettura. Il dato “core”, quello depurato dai prezzi energetici e dei prodotti alimentari, è aumentato del 5%, come atteso, dopo il 4,9% della lettura preliminare e il 5% della seconda lettura. Sul fronte del lavoro, secondo l’agenzia Adp, l’occupazione nel settore privato statunitense è aumentata a marzo poco più delle attese: sono stati creati 455.000 posti di lavoro rispetto a febbraio, mentre le stime erano per la creazione di 450.000 posti di lavoro. Il dato di febbraio è stato rivisto da 475.000 a 486.000.
A Piazza Affari acquisti su Tim, in rialzo il greggio
Tra i titoli, a Milano in volata Tim (+6,63%) con le Risparmio (+5,32%), all’indomani del cda che ha chiesto al fondo americano Kkr di chiarire entro il 4 aprile prezzo e condizioni a cui è disposta a lanciare l’Opa annunciata lo scorso novembre. In evidenza anche Terna (+3,8%) ed Eni (+2,18%), con il prezzo del greggio in rialzo: il contratto consegna Maggio sul Brent del Mare del Nord sale del 3,6% a 114,2 dollari al barile e quello di pari scadenza sul Wti del 3,83% a 108,23 dollari al barile, con le scorte settimanali Usa scese più delle attese. I future sul gas ad Amsterdam si sono attestati a 117 euro, in crescita del 7,9%. Tornando al Ftse Mib, seduta debole, invece, per Interpump (-3,87%) e Iveco Group (-4,11%).
In calo le banche, bene Leonardo e Generali
Tra i titoli che hanno frenato il Ftse Mib ci sono i bancari: Banco Bpm ha perso il 3,24%, Bper l’1,97%, Mediobanca l’1,7%, Unicredit l’1,46% e Intesa Sanpaolo l’1,25 per cento. Ha chiuso con segno meno anche Nexi (-3,22% a 10,97 euro). Le quotazioni si sono avvicinate così al prezzo (11 euro per azione) a cui Deutsche Bank ha ceduto lo 0,27% del capitale con un accelerated bookbuilding. I 3,5 milioni di titoli messi sul mercato rappresentano circa la metà della quota ricevuta dall’istituto tedesco in cambio della partecipazione in Sia (2,6% del capitale). Si è mossa in controtendenza rispetto ai titoli petroliferi Saipem, in calo del 2,66%, quando Tenaris ha guadagnato l’1,7 per cento. In rialzo anche Leonardo (+2,56%), con il governo che punta ad andare avanti sull’aumento delle spese per la difesa. Seduta di acquisti per Generali (+1,98%), mentre il mercato fa partire il conto alla rovescia per l’assemblea del 29 aprile, che sarà chiamata a eleggere il nuovo cda. L’assise sarà l’occasione per il confronto tra i soci, con la contrapposizione tra Mediobanca e Francesco Gaetano Caltagirone. L’ascesa delle quotazioni nelle ultime sedute (il titolo era salito del 3,71% ieri e dell’1,86% venerdì) secondo fonti di mercato è in ogni caso legata all’approssimarsi della record date (14 aprile) e quindi dell’ultimo giorno utile per costruire posizioni in vista dell’assemblea. È inoltre aumentata considerevolmente l’attività di opzioni put e call, con la definizione di «operazioni di collar» di rilievo.
Euro ancora in rialzo contro il dollaro
Sul mercato dei cambi, l’euro si rafforza sui massimi da un mese nei confronti del dollaro a 1,1162 (1,1134 in avvio e 1,1100 ieri in chiusura) e vale anche 136,114 yen (135,67 e 136,29), quando il dollaro passa di mano a 121,938 yen (121,86 e 122,78).«L’euro è particolarmente esposto al rischio geopolitico della guerra – commentano gli analisti di ActivTrades – e al conseguente rialzo dei prezzi del petrolio e del gas che minacciano le prospettive di crescita economica dell’eurozona, ed è per questo che la speranza di una risoluzione pacifica del il conflitto sta favorendo la moneta unica. Tuttavia, la Russia sembra aver fatto marcia indietro sulle promesse precedenti, quindi gli attuali guadagni potrebbero non durare a lungo, se la prospettiva di una soluzione pacifica in Ucraina dovesse nuovamente svanire».
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