Dom. Nov 24th, 2024

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di Massimo Sideri

Alcuni soldati russi stanno lasciando l’area di Chernobyl secondo il Pentagono: per i media bielorussi hanno sarebbero stati portati in ospedali specializzati in Bielorussia dopo aver attraversato la «foresta rossa»

Se fosse confermata la notizia secondo cui alcuni militari russi si sono ammalati per l’esposizione alle radiazioni di Chernobyl sarebbe un segnale come minimo preoccupante. Forse anche un segnale di allarme. Per diversi motivi: sostanzialmente tutti sanno che l’area del sito esploso nel 1986 è fortemente contaminata tanto da essere stata interdetta all’essere umano con un perimetro di esclusione per l’intero secolo a venire. È radioattiva l’aria che si respira, è contaminata la terra, sono pericolose le acque. La polvere di quel maledetto 26 aprile si è posata ovunque. Senza contare che in un perimetro che ha come raggio almeno 30 chilometri dal reattore esploso sono state interrate tonnellate di materiali utilizzati per intervenire subito dopo il disastro.

Negli ultimi anni era emerso anche un macabro turismo di Chernobyl, con la visita all’area di alienazione o di esclusione come è stata chiamata: una sorta di luna park della desolazione radioattiva con partenza da Kiev. Ma, appunto: anche il turismo era legato al rispetto di diversi fattori di sicurezza. Innanzitutto dopo 37 anni il livello medio delle radiazioni nell’aria che si misura con l’intensità della dose gamma ambientale si è stabilizzata non è letale nell’arco di un’unica giornata. E in ogni caso venivano prese delle precazioni, sia per quanto riguarda l’abbigliamento e le maschere, sia per quanto riguarda l’interazione con l’ambiente. Alcune aree più esposte (le radiazioni non sono distribuite in maniera uniforme) erano evitate grazie a dei contatori geiger. Come mai le truppe russe non le hanno rispettate? È questa la domanda che preoccupa.

Dunque: secondo fonti ucraine alcuni dei soldati sono stati portati in un ospedale bielorusso specializzato nel trattare malattie scatenate dall’esposizione a radiazioni atomiche, poiché presenterebbero sintomi acuti da contaminazione nucleare. Le truppe sarebbero entrate anche nella «foresta rossa», che deve il suo nome al fatto che la punta degli alberi divenne rossa a causa delle radiazioni assorbite nell’esplosione del reattore della centrale; secondo l’agenzia Reuters, in quella zona nemmeno i lavoratori della centrale nucleare potevano andare. «Non c’è nessuno, lì», ha detto Valery Seda, direttore generale di Chernobyl, alla Reuters. «Per l’amor di Dio, no, non ci va nessuno, lì».Un funzionario del ministero della Difesa degli Stati Uniti ha comunque confermato nella giornata di mercoledì 30 marzo che alcune forze russe si sarebbero ritirate dal sito nucleare. Dunque un parziale spostamento c’è stato. Ne va compresa la natura. «Non possiamo ancora dire se ne siano andati tutti», ha precisato il funzionario del Pentagono.

La notizia dell’esposizione sarebbe dunque anche la conferma diretta di uno scarso equipaggiamento da parte delle truppe russe e di una disattenzione e superficialità nel trattare l’area di Chernobyl che non può non portare alla conclusione che la situazione non sia così sotto controllo.

Vale la pena ricordare che quando Putin ha fatto occupare la centrale di Chernobyl, dallo scorso 24 febbraio, i sensori hanno registrato un picco nel livello dell’intensità di «dose gamma ambientale»: da circa 3.000 nano Sievert all’ora (nSv/h) a oltre 65 mila nSv/h (1 Sievert equivale all’assorbimento, da parte dell’intero corpo umano, dell’energia di 1 joule per kg di peso corporeo, per effetto dell’esposizione a radiazione gamma di origine cosmica o terrestre in aria, in ambiente esterno). Il picco, secondo gli esperti, sarebbe stato causato dal solo spostamento di mezzi militari pesanti sul terreno avvelenato di radiazioni intorno al sito.

Ma anche con l’occupazione di altri siti nucleari, come quello di Zaporizhzhia (dove si trovano 6 reattori attivi, ora in parte spenti dai russi, che fornivano da soli circa un quarto dell’energia totale dell’Ucraina), gli esperti nucleari dell’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, hanno lanciato segnali di moderata tranquillità: l’Europa è difatti piena di centrali di rilevazione dell’intensità di dose gamma ambientale, tanto che il Joint Research Centre della Commissione Europea rende pubblici i dati.

Chernobyl, chiaramente, è un caso a parte. Sappiamo, come detto, che anche in condizioni pre-belliche, il livello superava i 3.000 nSv/h, una percentuale che permetteva l’infelice turismo mordi e fuggi. Ma poco altre: anche gli staff tecnici ucraini che seguono e monitorano in loco la centrale e il guscio di cemento e acciaio che la protegge dovevano seguire dei rigidi protocolli sui turni. Dalla mappa generale dell’Ucraina oggi i livelli di radiazione massima risultano paradossalmente anche scesi sotto il livello dei 500 nSv/h, un limite che, fino a ieri, veniva superato in alcune aree come il confine tra Ucraina e Bielorussia (dunque proprio vicino all’area di Chernobyl). L’intensità può dipendere da molti fattori, anche ambientali, come il vento che solleva la polvere radioattiva da Terra. Ma, secondo quanto confermato dall’Aiea, in realtà le centraline delle aree occupate non trasmettono più dati. Questo non vuole dire che in caso di aumento importante delle dosi gamma le altre centrali europee non sarebbero in grado di rilevare la variazione. Ma di certo significa che non conosciamo la reale situazione ambientale. Intanto alcuni dati della mappa risultano «non aggiornati». Come ha dovuto riconoscere anche l’Aiea: «Le informazioni ora ci arrivano dai militari russi».

Per questo una missione di osservatori neutrali diventa sempre più necessaria.

Secondo Energoatom — la Compagnia nazionale ucraina che gestisce le centrali nucleari — i soldati russi presenti nell’area sono esposti a significative radiazioni esterne e interne nella «zona di esclusione».

Come nota Kim Willsher sul Guardian
, se la vicenda fosse confermata, mostrerebbe un livello di inconsapevolezza dei pericoli della «zona di esclusione» stupefacente — o una volontà criminale, da parte dei comandi russi, di mandare allo sbaraglio le proprie truppe in un’area ancora pericolosissima.

Gli ucraini che lavorano a Chernobyl — citati dallo stesso Guardian — hanno descritto come una «missione suicida» l’arrivo di soldati senza dispositivi di protezione nell’area intorno alla centrale.

L’Ucraina ospita 15 reattori nucleari (di cui 8 attualmente in funzione) in 4 centrali: una di esse, quella di Zaporizhzia, è attualmente sotto il controllo russo.

31 marzo 2022 (modifica il 31 marzo 2022 | 14:07)



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