Dom. Nov 24th, 2024

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“I contratti sono i contratti e restano validi”. Lo ha detto il capo della comunicazione della Casa Bianca Kate Bedingfield nel suo briefing con la stampa a proposito delle minacce di Vladimir Putin di far pagare il gas soltanto in rubli. “Il cancelliere tedesco Olaf Scholz è stato chiaro e noi siamo d’accordo con lui”, ha precisato.

   Intanto ecco la mossa shock di Joe Biden nella guerra energetica dell’Occidente contro il Cremlino sullo sfondo della guerra in Ucraina. Dopo aver varato l’embargo dei prodotti energetici russi, il commander in chief attinge a piene mani alle riserve strategiche di petrolio annunciando il rilascio di ben un milione di barili al giorno nei prossimi sei mesi per un totale di 180 milioni di barili, allo scopo di combattere l’inflazione e il caro benzina “causati dall’invasione lanciata da Vladimir Putin”. “E’ il più grande rilascio di riserve petrolifere nella storia”, una mossa “senza precedenti”, sottolinea Biden, spiegando che le ulteriori forniture “allevieranno le sofferenze degli americani” che “pagano le scelte di un dittatore” e serviranno “come ponte sino alla fine dell’anno, quando la produzione domestica aumenterà”.

    “Non lasceremo che Putin strumentalizzi le sue risorse energetiche”, ha avvisato, aggiungendo che lo zar sembra ora “isolato” e che avrebbe “licenziato o messo ai domiciliari alcuni suoi consiglieri”. Il presidente ha anche fustigato le major petrolifere americane che siedono sui loro profitti record (“80 miliardi di dollari lo scorso anno”) senza pompare più greggio sfruttando l’impennata dei prezzi legata alla guerra (“ad alcune piace questo aumento”).

    Con la sua decisione, Biden ha giocato d’anticipo sulla riunione dell’Opec+, che nonostante le sollecitazione della comunità internazionale ad incrementare in modo significativo la produzione di greggio si è limitata ad un graduale e modesto aumento solo di 432.000 barili al giorno. Ma già le prime indiscrezioni del piano di Biden sono bastate a far abbassare (di circa il 4%) il prezzo dell’oro nero nelle principali piazze mondiali, da New York a Londra, dopo il record di oltre 130 dollari al barile a inizio marzo.

    L’inquilino della Casa Bianca era già ricorso alle riserve strategiche, rilasciando 50 milioni di barili in novembre ed altri 30 a inizio marzo, ma con scarsi effetti. Ora fa una mossa audace nel tentativo di calmierare la corsa dei prezzi al consumo, che in marzo hanno continuato a crescere del 6,4% annuo (0,6% mensile), e della benzina, che resta oltre i 4 dollari al gallone. Per Biden l’inflazione è il maggiore problema di politica interna perché rischia di mettere in pericolo le elezioni di metà mandato a novembre, alle quali i democratici già si affacciano in difficoltà. Tutti i sondaggi indicano nel caro-vita la maggiore preoccupazione degli americani. Così il presidente non ha esitato a ricorrere all’estremo rimedio delle riserve strategiche, create nel 1975 contro gli shock petroliferi e conservate in immense caverne profonde sino a 800 metri lungo la costa del Golfo del Messico: attualmente contano 568 milioni di barili, ma ne possono immagazzinare fino a 714 milioni.

    Il presidente ha annunciato anche altre due iniziative sul fronte energetico: da un lato ha sollecitato il Congresso a far pagare multe alle aziende petrolifere che non producono nelle terre federali su cui hanno la licenza, dall’altro ha invocato una legge di guerra degli anni ’50 per garantire la produzione di minerali cruciali (come litio, nickel, cobalto e grafite) necessari per le batterie dei veicoli elettrici.

    Il leader americano continua inoltre a spingere anche sulle sanzioni: l’ultima tornata annunciata dal Tesoro mette nella blacklist 13 persone e 21 entità “nel quadro della repressione contro la rete per aggirare le sanzioni alla Russia (come la società Serniya Engineering, ndr) e le società tecnologiche, che giocano un ruolo determinante nella macchina da guerra russa”. Nel mirino compagnie del settore dell’aerospazio, della marina e dell’elettronica, compresa la quotata Micron, il più grande produttore ed esportatore russo di microchip.
   



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