Lun. Nov 25th, 2024

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Se Vladimir Putin soffra davvero di un tumore alla tiroide, come ipotizza il giornale russo indipendente Proekt, non è ancora un dato assodato. Per ora si sa soltanto che l’endocrinologo Evgeny Selivanov, del Central Clinical Hospital di Mosca, avrebbe accompagnato il presidente russo nei suoi viaggi almeno 35 volte negli ultimi quattro anni. Il Cremlino, intanto, si affretta a smentire. In realtà, se la notizia fosse confermata, significherebbe che il presidente Putin si è già sottoposto ad un intervento chirurgico e quindi sta assumendo una terapia sostitutiva con ormoni tiroidei.

L’unica cura per i tumori alla tiroide, infatti, è solo chirurgica, come spiega Rocco Bellantone, direttore del Centro di chirurgia endocrina e metabolica del policlinico Gemelli di Roma, il centro italiano con il maggior numero di trattamenti di carcinoma della tiroide: qui si operano oltre duemila tiroidi l’anno, e di queste oltre 500 maligne. «Ci sono vari tipi di carcinoma alla tiroide – premette Bellantone – Per fortuna, nella maggioranza dei casi il tumore, anche se maligno, ha un’ottima prognosi, cioè si guarisce in una percentuale superiore al 90 per cento dei casi. Ci sono però alcuni tipi di tumori che, più rari, sono invece drammaticamente e prognosticamente sfavorevoli».

Secondo l’Aiom (l’Associazione italiana di oncologia medica) il tumore alla tiroide è la più frequente neoplasia del sistema endocrino (90%) e rappresenta il 3.8% di tutte le neoplasie. Nel 2016 in Italia sono stati diagnostica circa 15.300 nuovi casi, il 4 per cento di tutti i casi di neoplasie maligne, 3 quarti nel sesso femminile. «In genere – spiega Bellantone – si manifesta come un rigonfiamento al collo oppure, in uno stadio più avanzato, con una difficoltà a parlare, a respirare, a ingoiare”. Solitamente, però, è asintomatico, e quindi si ricorre al medico quando il tumore è in fase avanzata. “In realtà, gli esami per diagnosticarlo sono abbastanza banali – spiega l’esperto del Gemelli – Trattandosi di un organo molto superficiale, che si trova alla base del collo, basta una visita e poi soprattutto una ecografia per permetterci di diagnosticare anche tumori di pochi millimetri».

Una volta individuato, non c’è altra strada se non quella chirurgica. Nei casi iniziali basta asportare metà tiroide, nei casi più avanzati, invece, l’intero organo. Difficile capire se si ha un tumore alla tiroide, quando è asintomatico. Esistono però fattori di rischio noti che dovrebbero spingere a effettuare controlli periodici. «Intanto – precisa Bellantone – il rischio maggiore si ha quando si è vicini a radiazioni. Infatti, con la crisi di Chernobyl ci fu un aumento spaventoso di tumore alla tiroide in tutta la zona dell’Ucraina, della Bielorussia e della Russia. Per arrivare ad una diagnosi precoce, raccomandiamo un controllo a tutte le persone che hanno avuto problemi alla tiroide, o a chi si è trovato in zone radioattive, oppure a chi ha familiari che hanno avuto lo stesso problema». Oggi, al Gemelli, riescono a rimuovere tumori maligni anche di soli tre o 4 millimetri. «Si tratta di un intervento chirurgico che richiede una degenza di due tre giorni – assicura Bellantone – e se fatto da mani esperti non comporta problemi post operatori. In genere, i rischi sono legati alla vicinanza della tiroide alle corde vocali. E, quindi, nella fase post operatoria potrebbe insorgere un abbassamento importante della voce». Di positivo, c’è il fatto che dopo l’intervento non serve un altro trattamento invasivo.

«Questo non è un tumore che prevede una chemioterapia. Si effettua una terapia che si chiama radiometabolica, cioè si assume iodio radioattivo per distruggere eventuali cellule rimaste anche dopo l’intervento chirurgico. Ribadiamo che si può guarire in oltre il 90 per cento dei casi. Dopo l’intervento, bisogna prendere una pasticca, ma bisogna trovare il dosaggio giusto, perché altrimenti il paziente corre il rischio di gonfiarsi e di ingrassare». Esistono, però, tumori della tiroide che non danno scampo. «Finora – precisa Bellantone – ci siamo riferiti alla forma più frequente di tumore alla tiroide. Ma c’è poi una forma drammaticamente cattiva, che comporta rapidamente un ingrossamento del collo, disturbi della voce e del respiro. È una forma più rara, interessa non più del 2 per cento dei casi. È un tipo di tumore che richiede chemioterapia, radioterapia, ma ha una prognosi del tutto infausta».

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