Ven. Nov 22nd, 2024

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Venti cadaveri, buttati come fantocci lungo una strada residenziale di Bucha, sobborgo appena liberato a nord ovest di Kiev. Dopo oltre un mese di occupazione, nella cittadina ucraina non ci sono più case ma solo scheletri e la ritirata dell’esercito russo lascia dietro di sé distruzione e morte. I corpi sono allineati sull’asfalto, in abiti civili, e alcuni stringono ancora uno straccio bianco, un segnale per mostrare al nemico che erano disarmati. Avvertimento inutile: sono stati giustiziati con un colpo di pistola alla testa, molti di loro avevano le mani legate dietro la schiena. «Tra loro c’è anche un ragazzino di 14 anni – racconta il sindaco Anatoly Fedoruk – A Bucha ci sono oltre 300 morti senza una lapide, ma seppelliti in fosse comuni, perché i tre cimiteri erano tutti nel raggio di tiro dei soldati russi».

INDIFESI

Su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky posta le immagini dei morti di Bucha ed è durissimo: «Le madri dei soldati russi dovrebbero vedere tutto ciò. Guardate che bastardi avete cresciuto. Assassini, saccheggiatori, macellai, i vostri figli non hanno un’anima né cuore. Sulla nostra terra c’è stato il male assoluto: boia che si fingono un esercito». Tra i corpi gettati in una delle fosse comuni c’è anche quello di Oleksandr Sukhenko, ex calciatore del club Seagull Second League ucciso con i suoi genitori. Sua madre Olga era il capo del villaggio di Motyzhyn e il padre Igor presidente della squadra di calcio locale Kolos. Il 23 marzo i russi hanno bussato alla porta di casa, li hanno perquisiti e sequestrato l’auto. Poi sono tornati, volevano prendere solo Olha ma il marito si è rifiutato di lasciarla. «Dopo sei ore hanno portato via tutti, anche Oleksandr. C’è il sospetto che nel villaggio agisse un traditore», riferisce il vice capo del consiglio regionale di Kiev, Tetiana Semenova. «Tutti gli orrori di cui noi abbiamo sentito parlare come di crimini compiuti dai nazisti durante la seconda guerra mondiale ora li vediamo qui a Bucha, dove è in atto un piano del terrore contro la popolazione civile», riflette il sindaco Fedruk. Quanto a Mosca, attenendosi fedelmente alla propria narrazione, respinge le accuse del massacro. Il ministero della Difesa russo, secondo quanto riporta la Tass, bolla le immagini e i video dei morti come «fake» prodotti da Kiev e dai media occidentali, aggiungendo che la cittadina è stata bombardata dagli ucraini quando era ancora controllata dai russi.

Il sindaco sa che non è così. «I russi, col pretesto di cercare i nazisti, irrompono nelle case e le saccheggiano e poi giustiziano i civili senza motivo. Il 17 marzo Ruslan Nechyporenko, padre di tre figli, è stato ucciso con un colpo a bruciapelo davanti a suo figlio di 14 anni, con cui stava andando a prendere cibo e acqua», riferisce. Gli occupanti «stuprano ragazze, feriscono e uccidono i bambini, non hanno pietà neanche per gli anziani. Ai medici non permettono di portare fuori i feriti e prestare soccorso a chi ne ha bisogno». Fragili e indifesi sono i bersagli principali, perché chi è in forze combatte. Il procuratore generale dell’Ucraina Iryna Venedyktovasta, che sta raccogliendo prove sui possibili crimini di guerra, fa sapere che dopo il ritiro delle truppe ordinato dal Cremlino sono stati trovati 410 cadaveri nelle città alla periferia settentrionale di Kiev, un terzo già esaminato dai medici legali per cristallizzare le prove. Un dossier di morte che, dall’inizio dell’invasione, conta 158 bambini uccisi e più di 254 feriti, alcuni utilizzati come scudi umani dai russi per evitare di essere colpiti. Testimoni raccontano di passeggini sistemati davanti ai carri armati nel villaggio di Novyi Bykiv, nei pressi di Chernihiv, ma anche a Sumy e Zaporizhzhia. «I bambini sono stati presi come ostaggi in una serie di punti caldi del conflitto, per garantire che la popolazione non fornisca le coordinate dei movimenti del nemico alle forze ucraine», spiega il difensore civico dei diritti umani dell’Ucraina, Lyudmila Denisova.

ESECUZIONI

Human rights watch ha documentato stupri, esecuzioni sommarie, «crudeltà e violenza indicibili e deliberate contro i civili ucraini». Nei pressi di Trostyanets, nella regione di Sumy, sono stati rinvenuti corpi di civili torturati. Nel villaggio di Vorzel, circa 50 chilometri a nord-ovest di Kiev, i soldati hanno lanciato una granata fumogena in un seminterrato, hanno stanato una donna e un ragazzino che si erano rifugiati all’interno e li hanno crivellati di proiettili. A fine febbraio un carro armato ha schiacciato un’auto guidata da un anziano, il 7 marzo una famiglia in fuga da Irpin è stata sterminata a colpi di mortaio. Alla voce crimini di guerra un capitolo tristemente ampio è quello sugli stupri. Tra le vittime c’è Luba, un ragazza di 29 anni di Kharkiv violentata per una settimana dai soldati che le hanno ucciso davanti agli occhi la mamma invalida sulla sedia a rotelle. «Un dolore insopportabile, che non potrà mai essere superato o dimenticato», dice. Luba era rimasta nella sua casa per accudire la madre, sotto il fuoco nemico, con il rumore delle esplosioni che scandiva le giornate. Fino a quella mattina in cui – riporta l’Ukrainska Prava citando la testimonianza di una volontaria – «sono arrivati alcuni miliziani russi: tre pidocchi, non posso definirli in altro modo, non posso chiamarle persone». Rubano il cibo, arraffano tutto quello che trovano, due se ne vanno, il terzo rimane e per giorni stupra la giovane. La prigioniera tenta di cercare aiuto, lui le distrugge il telefono. Poi le confessa di essersi innamorato di lei e di volerla portare via. Luba si rifiuta e per il russo è un’onta: punta la pistola contro la madre e le spara, uccidendola davanti alla figlia. Un orrore senza motivo, afferma la volontaria, «l’esercito russo stupra e uccide gli ucraini per divertimento: la storia di Luba è solo una delle tante, ma ti distrugge dentro».

L’avvocato Yuliia Anosova, della ong ucraina Strada, è in prima linea: «Da quando è iniziata la guerra raccogliamo le denunce delle violenze subite dalle donne ucraine. Lo stupro è usato come arma di guerra». Una giovane incinta di otto mesi ha assistito agli abusi subiti da tre vicine di casa a Kostopil e il marito di una di loro verrà poi ucciso. Una donna è stata stuprata davanti alla figlia di 17 anni, vittima poi della stessa violenza a Kherson. «C’è una differenza rispetto al 2014, al 2015, quando le violenze sessuali venivano perpetrate nei centri di detenzione dell’est dell’Ucraina per estorcere informazioni. Oggi sono i militari a commettere gli stupri e sono più violenti, non c’è nessun controllo», dice Yuliia Anosova. I russi si stanno ritirando dalla regione di Kiev e avanzano a est, anche la loro migrazione punta a causare il maggior numero di vittime. Minano tutto il territorio, case strade e anche i corpi delle vittime: chi si avvicina per umana pietà salta in aria. Nell’area di Kharkiv la Russia utilizza mine antiuomo vietate. Sono le Pom-3, munite di un sensore per rilevare una persona in avvicinamento: la detonazione e i frammenti uccidono nel raggio di 16 metri.

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