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«La denazificazione? È cosa nostra». Così si potrebbe riassumere il punto di vista russo e il decalogo apparso all’interno di un editoriale molto articolato su Ria Novosti dal titolo eloquente: “Cosa dovrebbe fare la Russia con l’Ucraina?“. Scorrendo il testo firmato da Timofey Sergeytsev è evidente l’atteggiamento imperialista della Russia di Putin. Attraverso passaggi e parole molto precise si snoda la lucida soluzione finale prospettata per l’Ucraina. Il decalogo indica come portare a termine questa operazione ed è inquietante: presuppone una russificazione profonda che va dall’occupazione alla «pulizia» di tutti gli apparati statali politici e militari, la rieducazione della popolazione e l’eliminazione del nome Ucraina perchè l’Ucraina non è che «una costruzione artificiale anti russa».
Danno inoltre per scontata che l’ “operazione militare speciale” andrà a buon fine anche se, scrive Sergeytsev, è «improbabile che la “provincia cattolica” (l’Ucraina occidentale come parte di cinque regioni) diventi parte dei territori filo-russi». Viene spiegato che «sarà necessario ottenere cambiamenti irreversibili». Ed ecco il decalogo in cui si persegue la cancellazione dell’Ucraina e in cui l’aggettivo “nazista” è praticamente sostituibile con l’aggettivo “ucraino”. Poiché la denazificazione non è altro che una deucrainizzazione: una «de-europeizzazione» e una «decolonizzazione». Questi sono i sinonimi utilizzati nel lungo editoriale che nel suo tono scolastico ammette la trasfigurazione strumentale del termine “nazismo” quando si legge che in Ucraina «il nazismo è mascherato da desiderio di “indipendenza” e da un percorso “europeo” (occidentale, filoamericano) di “sviluppo” (in realtà degrado). Dopotutto, non esiste un principale partito nazista, nessun Fuhrer, nessuna legge razziale a tutti gli effetti (solo la loro versione troncata sotto forma di repressione contro la lingua russa)».
Si parla di: «liquidare le formazioni armate naziste (il che significa qualsiasi formazione armata dell’Ucraina, comprese le forze armate ucraine), nonché l’infrastruttura militare, informativa ed educativa che ne garantisce l’attività». E ancora: «l’installazione dello spazio informativo russo». Questo è già successo nelle città occupate dai russi dove i sindaci sono stati rapiti. Quando l’11 marzo scorso è stato sequestrato Ivan Fedorov, il primo cittadino di Melitopol, i russi hanno insediato al posto di Fedorov una collaborazionista il cui primo messaggio pubblico alla popolazione riguardò la necessità di risintonizzare i canali della tv che da quel giorno avrebbero trasmesso i programmi della televisione russa, quelli in cui si parla di un’operazione militare speciale in Ucraina e quelli in cui si veicolano i messaggi del governo russo per cui le esecuzioni a Bucha sarebbero una messinscena architettata dagli ucraini.
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L’operazione, si legge ancora su Ria Novosti, prevede «il ritiro dei materiali didattici e il divieto di programmi educativi a tutti i livelli contenenti linee guida ideologiche naziste». Si intende perciò «pubblicare i nomi dei complici del regime nazista, coinvolgendoli nei lavori forzati per il ripristino delle infrastrutture distrutte come punizione per le attività naziste (tra coloro che non saranno soggetti alla pena di morte o alla reclusione)». Si prospetta un ampio programma di formazione con «l’adozione a livello locale, sotto la supervisione della Russia, di atti normativi primari di denazificazione “dal basso”, divieto di ogni tipo e forma di rinascita dell’ideologia nazista». E poi «l’inserimento di un complesso di norme antifasciste e di denazificazione nelle costituzioni delle nuove repubbliche popolari e la creazione di organismi permanenti di denazificazione per un periodo di 25 anni».
Il testo è disseminato di intenti molto precisi e argomentazioni volte a spiegare la necessità di cancellare l’Ucraina. Sono assiomi e sillogismi imbevuti di arbitrarietà. «Un paese denazificato – si legge – non può essere sovrano. Lo stato denazizzante – la Russia – non può procedere con un approccio liberale riguardo alla denazificazione». La colpa originale viene fatta risalire alla caduta del Muro di Berlino e, secondo l’editoriale russo, ha le sue radici ben prima. «La nazificazione dell’Ucraina è continuata per più di 30 anni – si legge – almeno a partire dal 1989, quando il nazionalismo ucraino ha ricevuto forme legali e legittime di espressione politica e ha guidato il movimento per “l’indipendenza” verso il nazismo». L’indipendenza dell’Ucraina, avvenuta nel 1991, ha significato lo sciogliemento del Partito Comunista di Ucraina, il Kgb che è diventato illegale e l’inizio di un processo di pluralismo nella vita politica ucraina.
«La Russia non avrà alleati nella denazificazione dell’Ucraina – si legge – Dal momento che questo è un affare puramente russo. E anche perché non solo la versione Bandera dell’Ucraina nazista sarà sradicata, ma anche, e soprattutto, il totalitarismo occidentale, i programmi imposti di degrado e disintegrazione della civiltà, i meccanismi di soggezione alla superpotenza dell’Occidente e degli Stati Uniti». L’Ucraina, insomma, è un piccolo avamposto, un affare privato, è “cosa russa” che prelude a un’altra guerra, più grande, e diretta contro l’Occidente.
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