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Terry Wallis, una delle poche persone al mondo a essersi risvegliate dopo uno stato di quasi totale incoscienza durato poco meno di 20 anni, è morto a Searcy, in Arkansas (Stati Uniti), il 29 marzo scorso: avrebbe compiuto 58 anni il prossimo 7 aprile. La notizia è stata diffusa negli ultimi giorni dalla famiglia, che per anni si era presa cura di Wallis, il cui caso era stato ampiamente studiato dai neurologi per approfondire le conoscenze sulla capacità del cervello di recuperare alcune funzionalità dopo un grave trauma. Wallis è morto a causa di una persistente polmonite e di alcuni problemi cardiaci.
Nato il 4 febbraio del 1964 a Marianna, una cittadina di circa 4mila abitanti nell’est dell’Arkansas, Terry Wallis era il figlio di un meccanico e di un’operaia. Nel 1984, quando non aveva ancora compiuto 20 anni, Wallis ebbe un incidente mentre stava viaggiando con un paio di amici su un pickup nell’altopiano di Ozark nella parte settentrionale dell’Arkansas. Il veicolo sbandò e finì fuori controllo, cadde da un piccolo ponte e si ribaltò prima di fermarsi nel letto di un torrente asciutto.
Uno dei passeggeri morì, un altro si riprese senza particolari problemi, mentre Wallis finì in coma per qualche giorno e in seguito rimase in uno stato vegetativo, dando solo qualche lieve segnale di coscienza. Per 19 anni, fu solo in grado di seguire alcuni oggetti con gli occhi e di chiudere le palpebre a comando, pur non dando altri segni di capire che cosa gli stesse accadendo intorno.
Le cose cambiarono con grande stupore dei medici e dei suoi parenti l’11 giugno del 2003, quando Wallis vide arrivare la propria madre nella stanza in cui era posizionato il suo letto e con grande naturalezza le disse improvvisamente: «Mamma». Gli fu poi spiegato che nella stanza c’era anche Amber, la figlia di Wallis nata appena sei settimane prima dell’incidente del 1984. Wallis la osservò un istante e poi le disse di volerle bene e che era bellissima.
Nicholas Schiff, docente di neurologia che ha seguito per molti anni il caso di Wallis, ha detto al New York Times che dopo il risveglio: «In appena tre giorni, passando da “mamma” a “Pepsi”, riguadagnò la propria capacità verbale». Nei primi giorni Wallis appariva a tratti disorientato: «Pensava di essere ancora nel 1984, ma per il resto sapeva chi fossero i proprio familiari e interloquiva con loro».
Dopo il risveglio, Wallis fu sottoposto a numerose analisi, a cominciare da TAC e risonanze magnetiche al cervello, esami non invasivi per studiarne la conformazione e l’attività. I test rivelarono la formazione di alcune nuove connessioni cerebrali, una sorta di riorganizzazione interna che si pensa fu ciò che determinò la capacità di Wallis di tornare a parlare e recuperare uno stato di coscienza. Furono anche rilevate attivazioni delle aree del cervello legate ai movimenti, che consentirono a Wallis di tornare a spostare braccia e gambe, seppure limitatamente e con una grande debolezza che non gli consentiva di spostarsi in autonomia o di sollevare oggetti.
Parlando sempre con il New York Times, Schiff ha definito Wallis «un unicorno» proprio per la rarità della ripresa di coscienza dopo uno stato di coma e un lungo periodo in stato pressoché vegetativo: «Non sapremo mai di preciso come mai riemerse dal proprio stato dopo 19 anni».
Nei mesi dopo il risveglio, Wallis fu trasferito nella casa dei genitori, che si presero cura di lui insieme agli altri membri della famiglia. Nell’estate del 2021 era stato ricoverato in una clinica in seguito al peggioramento delle condizioni di salute e alle difficoltà nel seguirlo a casa, specialmente dopo la morte della madre avvenuta nel 2018 e che si era data molto da fare per tenere insieme la famiglia intorno a Wallis.
Nel 2006 una ricerca sul caso di Wallis fu pubblicata sulla rivista medica Journal of Clinical Investigation, con un resoconto della sua vicenda e gli esiti delle prime analisi condotte sul suo cervello. Seppure estremamente rari, i casi come quello di Wallis possono offrire informazioni importanti sulla capacità del cervello di riprendersi dopo un trauma, riorganizzando parte delle proprie attività e rendendo talvolta possibile un ritorno allo stato di coscienza. Molti di questi meccanismi non sono però ancora completamente noti e richiederanno altri studi e approfondimenti.
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