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Il presidente Zelensky apre al dialogo con Mosca, «ma senza capitolare». Previsto per domani in Turchia l’incontro tra i ministri degli Esteri russo e ucraino. Macron e Scholz coinvolgono il leader cinese
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
WASHINGTON — «Pronto al dialogo, non alla capitolazione». Questa breve frase di Volodymyr Zelensky fissa il perimetro di un possibile negoziato. Le manovre diplomatiche passano da molte capitali, ma la prima concreta verifica è attesa per domani, giovedì 10 marzo. La Turchia ha organizzato l’incontro tra i ministri degli esteri di Russia e Ucraina, Sergei Lavrov e Dmytro Kuleba, nella cittadina di Antalya. Sul tavolo ci potrebbe essere il «modello austriaco», cioè lo status di «neutralità perpetua» che Kiev dovrebbe inserire nella Costituzione, in cambio di garanzie internazionali, accettate anche da Mosca.
«Non pregheremo in ginocchio»
È stato lo stesso Zelenksy, in un’intervista con la tv americana Abc, ad alludere a una prospettiva del genere: «Il mio entusiasmo per la Nato si è raffreddato molto tempo fa, dopo aver capito che l’Alleanza Atlantica non è pronta ad accogliere l’Ucraina; questa alleanza ha paura di uno scontro con la Russia». Il leader ucraino ha poi aggiunto: «Non abbiamo mai voluto essere un Paese che prega in ginocchio per qualcosa, non saremo quel Paese e non voglio essere quel presidente». Zelenksy, però, si dichiara disponibile «a trovare un compromesso su come questi territori continueranno a vivere». Il riferimento è alla Crimea, annessa dalla Federazione russa nel 2014, e alle sedicenti repubbliche indipendenti di Donetsk e Lugansk.
Come contro i nazisti
Nello stesso tempo, il presidente ucraino resta immerso nella guerra e tiene alta la tensione. Sempre alla Abc ha detto che «il conflitto non finirà qui, anzi si allargherà su scala mondiale». Poi, in collegamento con la Camera dei Comuni di Londra, ha scatenato gli applausi citando Churchill e dichiarando: «Stiamo resistendo come avete fatto voi con i nazisti». In questa fase la diplomazia segue diverse tracce, in un clima di grande incertezza. Il più scoraggiato sembra essere Emmanuel Macron, finora molto attivo. A questo punto il presidente francese non vede «soluzioni nel breve periodo». Tuttavia lo stesso Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz hanno agganciato il leader cinese Xi Jinping. Per ora i tre hanno convenuto che «bisognerà lavorare insieme per alleviare il peso delle sanzioni». Per gli europei è un segnale che Pechino potrebbe essere coinvolta in un vero tentativo di mediazione.
La pista turca e quella israeliana
Intanto vanno avanti le altre esplorazioni. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha già raggiunto un risultato con il vertice Lavrov-Kuleba. Resta viva la «pista israeliana». Ieri il premier Naftali Bennett ha telefonato prima a Zelensky e poi a Putin. Un passaggio a vuoto, ma non conclusivo: «I colloqui proseguiranno», ha fatto sapere il Cremlino. Gli Stati Uniti si stanno muovendo su due livelli. Quello più visibile è la risposta dura, frontale all’aggressività putiniana. Joe Biden ieri ha annunciato l’embargo del petrolio e del gas russo, con un messaggio politico: se Putin non si ferma, l’America gli farà pagare «un prezzo» sempre più alto.Il presidente americano, però, non vuole fughe in avanti. Si sta sforzando per fornire gli aiuti militari richiesti da Zelensky. Non senza problemi. L’Amministrazione Biden è stata colta di sorpresa dall’annuncio polacco sulla consegna di aerei Mig-29 da destinare a Kiev, in cambio degli F-16 americani.«Ci sono ancora opinioni diverse tra gli alleati», ha precisato Victoria Nuland,sottosegretaria agli Esteri. Sul versante interno, Biden sta gestendo la spinta bipartisan del Congresso. Ieri la Speaker della Camera, Nancy Pelosi, intervenendo a un evento per l’8 marzo organizzato dall’ambasciatrice italiana a Washington, Mariangela Zappia, ha detto: «Abbiamo premuto sul presidente per varare il bando sulle importazioni di petrolio russo».
8 marzo 2022 (modifica il 8 marzo 2022 | 23:56)
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