Ven. Nov 15th, 2024

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Povera ragazza. Lo abbiamo pensato tutti, guardando l’incredibile irruzione avvenuta ieri sera durante il tg russo del Primo canale. La presentatrice che legge impettita la consueta verit di Stato e dietro di lei l’apparizione di una giornalista con un cartello contro la guerra e la propaganda. Lei si chiama Marina Ovsyannikova, una giornalista di quella emittente, redattrice delle edizioni locali. Prima di fare irruzione in studio ha registrato a casa una dichiarazione. Poi stata arrestata.

Chiss che fine far. E quanto coraggio ci vuole, per fare una cosa del genere.


Perch tutte le persone che in questi venti giorni hanno protestato contro la guerra, sanno a cosa vanno incontro. Conoscono il prezzo che pagheranno per quel dissenso che una goccia nel mare della societ russa, che ha solo valore di testimonianza. Perderanno il lavoro, verranno condannate, non potranno pi lavorare nel settore pubblico, saranno schedate a vita. Eppure, lo fanno. Da quando iniziata la guerra, a Mosca e altrove sono state arrestati oltre 14.000 donne e uomini. In qualche caso, come avvenuto davanti all’ambasciata ucraina, anche bambini. Non sono poi molti, in un Paese che conta 166 milioni di abitanti.

La disparit delle forze in campo rende vana questa lotta, alla quale guardiamo con attenzione soprattutto noi occidentali, abituati a dare risalto a quel che pi ci consola, sperando che da qui possa scaturire una scintilla. Loro invece sanno che stanno sfidando anche l’apatia o forse soltanto l’opinione diversa della maggioranza dei loro connazionali. Come i 4 mila tra professori e studenti dell’universit Lomonosov di Mosca, la pi antica della Russia, che hanno appena firmato un documento di condanna della guerra. Ogni domenica nelle principali citt va in scena un tentativo di manifestazione, subito dispersa, seguita dai passanti con sguardi di disapprovazione.

Ogni volta ritornano, anche se mai numerosi come auspica Aleksej Navalny, il grande nemico di Vladimir Putin. Ogni volta ci riprovano. Per ribadire che esiste un’altra Russia, anche se piccola nei numeri, ben sapendo che se viene mostrata qualche immagine, solo per metterli alla berlina, definendoli ragazzi occidentali, agenti stranieri, nemici della patria. Chiamarla la meglio giovent sarebbe facile, ma forse ingiusto. Non che gli altri siano malvagi. Per forza o per amore, per effetto della propaganda o del patriottismo spinto, semplicemente la pensano in altro modo. Nella definizione citata qui sopra non rientra per raggiunti limiti di et Elena Osipova, l’attivista di 77 anni che ha cominciato a protestare a San Pietroburgo nel 2002 dopo l’assedio del Teatro Dubrovka, e ancora non smette di farlo. Esistono valori non negoziabili ha detto domenica.

Non potendo arrestarla, le hanno tolto la pensione.

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