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Lo sfogo del pilota russo, escluso dal team statunitense dopo l’invasione della Russia all’Ucraina: “La Fia mi aveva permesso di correre senza bandiera e l’ho accettato, la squadra me lo ha impedito. Farò causa? Vedremo. Faremo una Fondazione per aiutare gli atleti discriminati per ragioni politiche o di passaporto”
Giusto Ferronato
“E’ uno dei momenti più dolorosi della mia vita, questa guerra colpisce persone da ambo le parti con cui ho legami, il mio destino è meno importante. Posso solo dire che la decisione di licenziarmi è stata unilaterale della Haas e legalmente immotivata. Aprirò un Fondazione che aiuti tutti gli sportivi che vengono ostacolati nello svolgimento della loro carriera per ragioni politiche o di passaporto”. Nikita Mazepin si è sfogato con la stampa internazionale e raccontato così la rottura del contratto con la Haas, che gli impedirà di correre il Mondiale di F1 alle porte.
causa sul tavolo
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L’invasione della Russia all’Ucraina e le conseguenti sanzioni internazionali nei confronti di aziende russe ha spinto il team statunitense per cui corre a interrompere la collaborazione, a cominciare dal taglio dello sponsor della società del padre, la Uralkali, che finanziava la sua carriera in F1. La Fia aveva imposto come sanzione che i piloti di Russia e Bielorussia corressero senza bandiera, ma non venissero esclusi dai vari campionati, solo l’Inghilterra ha introdotto uno specifico divieto di gara per loro sul territorio inglese. Ma la Haas è andata oltre e oggi Mazepin non ha nascosto tutta la sua delusione. “E’ qualcosa che si è consumato in due fasi, nella prima ho saputo che la Fia mi avrebbe consentito di correre da pilota senza bandiera – ha detto Mazepin – l’avevo accettato. Ma non ho avuto tempo perché ho ricevuto la lettera della Haas che mi ha unilateralmente licenziato. Non c’è alcuna motivazione legale dietro a questa decisione, la Fia mi aveva dato il permesso di gareggiare. Se farò causa alla Haas? Ogni opzione è sul tavolo e la valuteremo. Ma di base non ha senso avere a che fare con chi non ti vuole”. Ha pensato ora a cercare di correre in altre categorie? “No, il mio pensiero era esclusivamente legato alla Formula 1, non mi vedo in altre categorie. Io capisco la difficoltà del momento e capisco anche che un pilota di F1 abbia un’esposizione globale enorme. Ma non immaginavo che si potesse arrivare a questo punto, ero pronto per la stagione e già concentrato sul Bahrain”.
rimborso e tutela
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Alcune federazioni sportive hanno preso decisioni diverse in relazione alla guerra in Ucraina. Le squadre russe sono state bandite da competizioni calcistiche di Fifa e Uefa, rugby, sci, pattinaggio su ghiaccio, basket e altre discipline. Altri sport hanno consentito agli atleti russi di continuare a gareggiare come partecipanti neutrali, senza bandiera e simboli nazionali. La Uralkali del padre di Mazepin, Dmitry, ha già annunciato di aver chiesto alla Haas il rimborso della sponsorizzazione già pagata per il 2022 e di essere pronta a difendersi legalmente. “Intendiamo tutelare i nostri interessi in linea con le norme di legge e ci riserviamo il diritto di avviare procedimenti legali, chiedere il risarcimento dei danni e il rimborso dei significativi importi che Uralkali ha versato per la stagione di Formula 1 2022”.
la fondazione
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Inoltre Mazepin ha confermato che, alla luce di quanto accaduto, intende dare vita a una Fondazione che sotto lo slogan “We Compete As One” sostenga gli atleti che vengono discriminati per ragioni politiche o semplicemente per il loro passaporto. “Il rimborso di Haas e la parte restante del finanziamento dello sponsor di Uralkali per il 2022 – si legge nella nota dello sponsor – sarà utilizzato per finanziare questa Fondazione”. Nikita conferma: “Non credo si possa usare lo sport come pubblica piazza per rivendicazioni politiche, è questo lo sport che vogliamo? Sosterremo questi atleti che non possono gareggiare o a cui viene tolta la possibilità di competere, per rispetto dei sacrifici che hanno fatto e contro le conseguenze legate a un’esclusione di cui non sono responsabili, la nostra porta è aperta a tutti. Io avevo accettato di correre senza bandiera, la mia squadra mi ha proprio impedito di farlo”.
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