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16 marzo 2022 16:22

Due poliziotti appostati all’angolo della prefettura osservano il ritorno della circolazione su corso Napoleone. L’11 marzo sulle strade di Ajaccio, il capoluogo della Corsica, è tornato il consueto trambusto dopo una nuova manifestazione studentesca per chiedere “ghjustizia è verità” (giustizia e verità) per il detenuto Yvan Colonna. I blindati sono scomparsi, le barricate smantellate e gli striscioni con la scritta “statu francese assassinu” (stato francese assassino) rimosse. Solo l’asfalto, a tratti bruciato, porta ancora i segni della manifestazione della vigilia.

Da più di una settimana Colonna, il più celebre esponente del “commando Érignac”, condannato all’ergastolo per l’omicidio del prefetto della Corsica nel 1998, è ricoverato tra la vita e la morte. Colonna è stato violentemente aggredito il 2 marzo da un altro detenuto nel penitenziario di Arles, nel sud della Francia. Il responsabile, ex jihadista in Afghanistan, ha confessato ed è stato incriminato per “tentato omicidio legato all’attività terroristica”.

L’aggressione a Colonna e la risposta del governo francese – prima il silenzio e poi la decisione di togliere Colonna dalla lista dei détenus particulièrement signalés (dps, detenuti particolarmente pericolosi) – hanno fatto esplodere la rabbia sull’isola.

Dopo giorni di tensione, con una situazione “vicina alla rivolta” secondo le parole del nuovo prefetto Amaury de Saint-Quentin, lo stato ha fatto un passo in più. “In uno spirito di pacificazione” – queste le parole usate dal primo ministro francese Jean Castex – altri due esponenti del commando Érignac, Alain Ferrandi e Pierre Alessandri, anche loro condannati all’ergastolo, saranno cancellati dalla lista dei dps. Ai due, rinchiusi da diversi anni nella prigione di Poissy, nel nord della Francia, non è mai stato concesso il trasferimento in un centro di detenzione sull’isola, cosa che oggi potrebbe accadere.

Il consiglio d’amministrazione dell’università della Corsica ha adottato all’unanimità una mozione che chiede la liberazione di tutti i prigionieri politici corsi

La decisione, definita “di buon senso” dal sindaco di Ajaccio Laurent Marcangeli, è stata accolta favorevolmente dai parlamentari corsi. Intervistato da Bfmtv, Gilles Simeoni, il presidente autonomista della giunta regionale, ha espresso soddisfazione: “Finalmente è stata applicata la legge. Era la situazione precedente a essere anomala. La richiesta di riavvicinamento era sostenuta dalla quasi totalità delle forze politiche dell’isola. Oggi siamo a metà del cammino”.

La seconda metà, ha scritto il 10 marzo la maggioranza nazionalista della giunta, passerà per l’apertura di una “nuova fase nei rapporti tra lo stato francese e la Corsica”. “Questo nuovo ciclo, basato sul rispetto del suffragio universale e della legittimità democratica, dovrà permettere l’apertura di un dialogo tra lo stato e la collettività corsa, composta dalle forze politiche e dalla società civile. Il processo dovrà permettere la definizione e l’attuazione di una soluzione politica globale per la questione corsa”, si legge nel comunicato stampa del governo regionale.

I tre punti affrontati in questo testo “serviranno da base per la discussione”, ha detto a Mediapart un collaboratore del ministro dell’interno Gérald Darmanin, che è stato incaricato da Castex e dal presidente Emmanuel Macron di fare da “interlocutore tra i parlamentari e la società civile corsa”. “Ho avviato immediatamente le prime consultazioni. Faccio appello alla calma, in modo da permettere al più presto una discussione serena sul futuro dell’isola”, ha scritto Darmanin su Twitter.

Per il momento Darmanin non ha in programma visite ufficiali. “Il ministro vuole andare in Corsica, ma prima bisogna far scendere la tensione”, ha detto una persona a lui vicina. Il 13 marzo migliaia di persone hanno partecipato a una manifestazione in sostegno di Colonna convocata dai sindacati studenteschi dell’università della Corsica. Tanti continuano a incoraggiare la mobilitazione.

Pierre-Joseph Paganelli è il presidente del sindacato studentesco Cunsulta di a ghjuventù corsa. Parla di un gesto positivo ma insufficiente a calmare le acque. “Ora bisogna proseguire con il ritorno dei detenuti sull’isola, gesto che potrebbe riportare la calma nel breve termine. Ma servono altri gesti forti”, ribadisce Paganelli, ricordando che il consiglio d’amministrazione dell’università della Corsica ha adottato all’unanimità una mozione che chiede la “liberazione di tutti i prigionieri politici corsi”.

Molti giovani cresciuti con il mito del movimento nazionalista si stanno riappropriando di questa storia e dell’immaginario a essa legato

La mattina dell’11 marzo Raph, una studente di 19 anni, si è svegliata altrettanto determinata. Il giorno prima aveva partecipato a una manifestazione molto tesa a Corte. Alla notizia della cancellazione dei nomi di Alessandri e Ferrandi dalla lista dei detenuti pericolosi, Raph ha provato “un grande sollievo”. “Non è stato tutto inutile”, dice. “Alla fine hanno ascoltato il popolo. Ormai sono loro che vogliono mettersi a nostra disposizione”.

Tuttavia, sottolinea, avrebbero dovuto farlo da anni. “È un passo avanti, ma non basta”, spiega la ragazza, convinta che ci saranno altre manifestazioni. Raph si prepara a partecipare a nuovi raduni. “Non molleremo la presa finché i detenuti non saranno tornati a casa e non si riaprirà il dialogo. Continueremo a manifestare”.

Raph appartiene a una generazione che non ha vissuto gli anni novanta (una stagione di violenze e attentati culminata con l’omicidio di Claude Érignac), ma è cresciuta con il mito del movimento nazionalista. Come lei, molti altri giovani si stanno riappropriando di questa storia e dell’immaginario a essa legato, sotto lo sguardo dei loro genitori, che incoraggiano le manifestazioni ma temono le esplosioni di violenza.

Il 10 marzo, ad Ajaccio, molti adulti facevano da cordone di sicurezza tra gli studenti e le forze dell’ordine. Quel pomeriggio un uomo di circa sessant’anni ha rimproverato un ragazzo visibilmente agitato e pronto allo scontro: “Non vogliamo che vi facciate spaccare la testa, capito?”. Scene simili si sono viste a Bastia, dove alcuni parlamentari hanno fatto il giro dei licei occupati per invitare i ragazzi alla calma.

L’11 marzo il sindaco autonomista di Porto-Vecchio, Jean-Christophe Angelini, si trovava davanti al liceo cittadino per evitare che la situazione degenerasse. Angelini è contento della notizia sul dps, ma critica un “grave errore di valutazione”. “Nel corso degli anni la richiesta di toglierli dal dps è stata votata più volte dall’assemblea della Corsica, ma non è mai stata presa in considerazione”, spiega. “Così, oggi passa il messaggio che la violenza funzioni meglio di una votazione democratica”.

La guerra in Ucraina è nei pensieri di tutti e, allo stesso tempo, manca meno di un mese alle elezioni presidenziali

È una preoccupazione condivisa dalla maggior parte dei politici dell’isola. “Tutto questo giustificherà la violenza come mezzo d’espressione”, si rammarica uno di loro, ricordando che il processo politico di Matignon, lanciato alla fine degli anni novanta dal premier Lionel Jospin, era stato accelerato da una serie di attentati in pieno giorno ad Ajaccio. E questo nonostante il primo ministro dell’epoca avesse indicato la fine delle violenze come prerequisito per l’avvio di una qualsiasi iniziativa istituzionale.

Anche Marcangeli si rammarica che sia stato necessario attendere “eventi di estrema gravità” prima di cancellare Colonna, Alessandri e Ferrandi dalla lista dei dps. “Abbiamo constatato quanto fosse semplice: è bastata una firma. Serviva solo un po’ di volontà politica”. Il sindaco di Ajaccio è convinto che serva un calendario preciso per il rientro sull’isola dei due detenuti, calendario che non è stato ancora comunicato agli avvocati di Alessandri e Ferrandi.

Contattato da Mediapart, Éric Barbolosi, difensore di Alessandri, ha espresso “soddisfazione e amarezza”. “È una semplice applicazione della legge, come sarebbe dovuto succedere dal 2016”, sottolinea. Françoise Davideau, legale di Ferrandi, aggiunge che la decisione del governo non dev’essere un premio di consolazione. “È una mossa tardiva che arriva in un contesto drammatico”, precisa l’avvocata.

Il ritorno sull’isola dei due detenuti sarà soddisfacente solo se prelude a una riduzione della pena che, precisa Davideau, “non è né una grazia né un regalo, ma solo una conseguenza dell’applicazione della legge”. Il 24 febbraio un tribunale di Parigi aveva approvato il regime di libertà condizionale per Ferrandi, una decisione contro cui è stato presentato appello. La sentenza definitiva è attesa per il 21 aprile.

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Nell’attesa la mobilitazione continua un po’ dappertutto sull’isola. In un contesto molto particolare: la guerra in Ucraina è nei pensieri di tutti e, allo stesso tempo, manca meno di un mese alle elezioni presidenziali. “In questo momento non si può organizzare un grande dibattito”, sostiene Marcangeli. “Tra poco ci sarà un’elezione molto importante e nessuno sa bene quale sarà il risultato. Se anche oggi arrivasse un ministro a parlare di autonomia per l’isola, le sue parole non varrebbero nulla”.

Anche se fa appello al dialogo, Marcangeli è prudente: “Non sono sicuro che la situazione si calmerà in fretta”. Ci sono ragazzi e ragazze, dice, “con cui è difficile scendere a patti” e che “non hanno troppa voglia di tornare a casa”. Dopo due anni di pandemia, la mobilitazione è per loro una boccata d’aria. “I giovani hanno l’impressione di poter riprendere in mano la loro vita, di poter scrivere la loro storia”, commenta un professore di liceo di Ajaccio.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sul sito d’informazione francese Mediapart.



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