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Anche l’Italia reagisce alla minaccia atomica e si prepara a ufficializzare il nuovo Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleare. È stata resa nota la bozza del governo, con i consigli in caso di disastro ambientale dovuto alla guerra in Ucraina. Misura del «riparo al chiuso», con l’indicazione alla popolazione di «restare nelle abitazioni, con porte e finestre chiuse e i sistemi di ventilazione o condizionamento spenti, per brevi periodi di tempo, con un limite massimo ragionevolmente posto a due giorni». si legge.
Cosa fare contro le radiazioni
Ma anche «iodoprofilassi», monitoraggio della contaminazione personale, controllo della filiera produttiva – con definizione di eventuali restrizioni alla commercializzazione di prodotti agroalimentari – e limitazione all’importazione di beni e derrate alimentari. Lo prevede la bozza del nuovo Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleare.
Secondo il Piano, «il periodo ottimale di somministrazione di iodio stabile è meno di 24 ore prima e fino a due ore dopo l’inizio previsto dell’esposizione. Risulta ancora ragionevole somministrare lo iodio stabile fino a otto ore dopo l’inizio stimato dell’esposizione. Da evidenziare che somministrare lo iodio stabile dopo le 24 ore successive all’esposizione può causare più danni che benefici (prolungando l’emivita biologica dello iodio radioattivo che si è già accumulato nella tiroide). La misura della iodoprofilassi è quindi prevista per le classi di età 0-17 anni, 18-40 anni e per le donne in stato di gravidanza e allattamento. Il Ministro della Salute può decidere l’attivazione delle procedure per la distribuzione di iodio stabile nelle aree interessate».
Tre fasi
La bozza del nuovo Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari, firmata dal capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, consiste in 3 fasi, considerate in base all’evoluzione dello scenario incidentale considerato. Inoltre è tarato su varie tipi di incidente con differenze tra un impianto posto entro 200 km dai confini nazionali e uno oltre quella distanza oppure per un incidente in territorio extraeuropeo. Nell’ultima delle tre fasi, definita «di transizione», sono avviate le azioni di rimedio e di bonifica dei territori contaminati, e la gestione dei materiali contaminati prodotti durante l’emergenza.
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