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Avvelenamento, incidente o malattia improvvisa. Forse è wishful thinking, il dare corpo alle proprie speranze, o forse propaganda. O magari, invece, in questa storia diffusa da fonti dell’intelligence ucraina c’è del vero e non è solo fantasia che nelle cerchie più elevate del potere di Mosca qualcuno stia lavorando per eliminare Vladimir Putin.
Raccontano queste fonti che il fallimento dell’impresa militare, impantanatasi in un massacro di soldati e di civili oltre che nel discredito internazionale, stia facendo prender piede l’idea di fermarla partendo dalla testa, sarebbe il disegno di un’élite politica e imprenditoriale russa desiderosa di recuperare rapporti distesi con l’Occidente. Quei rapporti che la guerra voluta da uno «zar» in pieno delirio imperiale ha devastato, gettando nell’incertezza le prospettive economiche di una «crema» sociale russa ormai da tempo abituata alla ricchezza, e soprattutto a godersela indisturbata.
Si tratterebbe di un complotto contro il capo assoluto del regime di Mosca voluto proprio da coloro che egli ha beneficato, ottenendone in cambio sostegno e fedeltà incondizionati. Gli ucraini spiattellano anche il nome dell’uomo che nei piani dei golpisti sarebbe destinato a prenderne il posto: il potente generale Aleksandr Bortnikov, direttore dell’Fsb, i servizi segreti russi. Un personaggio tutt’altro che cristallino, visto che risulta coinvolto nell’assassinio a Londra dell’ex 007 russo Alexander Litvinenko, avvelenato con il famigerato «tè al polonio» nel novembre 2006. Bortnikov avrebbe, teoricamente, i suoi motivi per prendersela con Putin, presso il quale è caduto in disgrazia dopo avergli fornito informazioni troppo ottimistiche riguardo all’accoglienza che le truppe di Mosca avrebbero ricevuto in terra ucraina. Ma è fin troppo ovvio che ora le reali possibilità per Bortnikov di rimpiazzare Putin precipitano a zero, ed è logico domandarsi la ragione di questa fuga di notizie. Al piano per eliminare Putin, sempre secondo le fonti ucraine, se ne starebbe contemporaneamente affiancando uno eguale e contrario per decapitare la leadership di Kiev: non solo il presidente Volodymyr Zelensky, ma anche il capo del suo ufficio Andriy Yermak e il primo ministro Denys Shmygal. Incaricati dell’operazione sarebbero dei nuovi gruppi terroristici sguinzagliati da Putin in Ucraina, dopo il fallimento dei ceceni.
Come che sia, le ragioni per cui il Putin di oggi fa paura sono reali. Si teme soprattutto che il suo disegno espansionistico non si limiti all’Ucraina. È stato lui stesso a ingiungere alla Nato, prima dell’invasione, di ritirarsi dai Paesi dell’Est che un tempo facevano parte dell’Urss o del Patto di Varsavia: ricreare l’impero sovietico sarebbe il suo vero obiettivo. Secondo informazioni che l’attivista russo Vladimir Osechkin afferma di aver ottenuto da una talpa dell’Fsb e che ha diffuso dalla Francia dove risiede, Putin intenderebbe estendere il conflitto in Europa. L’informatore dei servizi avrebbe riferito di un piano inquietante. La rapida discesa verso una guerra mondiale comincerebbe con una richiesta formale all’Occidente di ritirare sanzioni e truppe Nato. Seguirebbero due scenari: la resa occidentale con la firma di un nuovo trattato oppure una fulminea reazione bellica a un rifiuto. I primi bersagli di attacchi missilistici anche nucleari sarebbero Paesi baltici e Polonia, e Putin giocherebbe la carta dello choc nella speranza di paralizzare la leadership americana, da lui considerata debole e irresoluta. Piuttosto che rischiare una vera terza guerra mondiale, Joe Biden accetterebbe di mollare al suo destino l’Europa orientale riportando i confini Nato al 1994. Scommesse folli, come si vede, ma chi avrebbe immaginato anche solo un mese fa che Putin avrebbe ridotto mezza Ucraina a un cumulo di macerie? La sua logica ricorda quella di Hitler e di Mussolini. Volpi finite in pellicceria, come diceva Andreotti, ma che prima fecero stragi spaventose nei nostri pollai.
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