[ad_1]
Ci sarà ancora da attendere per il pieno di benzina o gasolio “scontato” per effetto dei 25 centesimi di riduzione delle accise. Il provvedimento annunciato venerdì sera da Mario Draghi molto difficilmente potrà entrare in vigore prima di dopodomani, mercoledì; ma non si escludono nemmeno slittamenti ulteriori. E il governo deve sciogliere anche altri nodi, come quello relativo al prelievo sugli extra-profitti delle imprese energetiche, che almeno così come è stato congegnato non piace per nulla a Confindustria. Oggi intanto con la riapertura delle Borse si inizieranno a vedere gli effetti della misura sulle azioni delle società interessate.
Gli introiti
I due temi – taglio del prezzo dei carburanti e contributo delle aziende del settore – sono collegati perché gli introiti di quest’ultima misura contribuiscono alla copertura finanziaria di tutto il provvedimento, che vale 4,4 miliardi. Originariamente l’esecutivo lavorava a un meccanismo di “accisa mobile” in grado di autofinanziarsi, perché la riduzione sarebbe stata compensata dai maggiori introiti Iva legati proprio all’aumento del prezzo. Ma questa soluzione avrebbe garantito un ribasso di circa 10 centesimi: troppo poco. È stata anche presa in considerazione l’ipotesi di un intervento in due tempi, ma nel fine settimana sembra sia prevalsa l’idea di puntare su un provvedimento unico. Che naturalmente deve andare in Gazzetta ufficiale per diventare operativo.
Oggi i ministeri interessati faranno il punto della situazione in stretto collegamento con Palazzo Chigi. C’è consapevolezza dell’attesa di cittadini e imprese ma il lavoro tecnico da fare sul decreto, prima che possa essere “bollinato” dalla Ragioneria generale dello Stato e poi firmato dal presidente della Repubblica, è ancora parecchio. E come già accennato uno dei punti controversi è proprio la tassazione dei maggiori utili realizzati dalle imprese grazie al fortissimo aumento dei prezzi di elettricità e gas, che in molti casi non sono connessi ad un effettivo aumento dei costi per le imprese stesse (ad esempio nel caso dell’energia prodotta grazie alle fonti rinnovabili). La norma uscita dal Consiglio dei ministri è piuttosto generale, andando a colpire sia la produzione e la vendita di elettricità e gas, sia la distribuzione e il commercio di prodotti petroliferi. La base imponibile del “contributo straordinario” è rappresentata dall’aumento del saldo tra operazioni attive e passive, così come risulta dalle comunicazioni periodiche ai fini Iva. Non si tratta insomma di un vero e proprio utile e questo è uno degli elementi che ha attirato le critiche di Confindustria, che parla di «indici presuntive» paventando anche l’eventuale incostituzionalità di un approccio del genere. C’è il precedente della “Robin tax” voluta dall’allora ministro dell’Economia Tremonti nel 2008 e poi bocciata sette anni dopo dalla Consulta, nonostante avesse la forma, più strutturata, di un’addizionale Ires.
La clausola
Dunque nella fase di messa a punto del decreto qualche aspetto potrebbe essere ritoccato, anche se il governo è deciso a confermare la sostanza del provvedimento. Che comprende anche un’apposita clausola per evitare che un trasferimento sui prezzi al consumo dei maggiori costi per le imprese; queste dovranno comunicare ogni mese all’Autorità Antitrust i prezzi medi di acquisto e di vendita.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
[ad_2]
Source link