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Sono partiti in circa duecento dall’Italia: membri dell’associazionismo diretti in Ucraina, grazie all’aggancio dei volontari della comunità Papa Giovanni XXIII che si trovano in loco, a Leopoli. Una tre giorni intensissima, cominciata venerdì 1 aprile all’alba con il ritrovo a Gorizia, città simbolo dei confini, e (mentre scriviamo) non ancora terminata. Una carovana non solo portatrice di un messaggio di pace, ma anche finalizzata alla consegna di aiuti umanitari e al trasporto in Italia di profughe e profughi scappate e scappati in prevalenza dalla martoriata zona di Mariupol. Una carovana che nel suo già complicato viaggio di ritorno, reso più difficoltoso dall’arrivo della neve che ha rallentato le operazioni di carico delle persone sui mezzi diretti nuovamente in Italia, ha avuto uno stop inatteso e preoccupante.
I mezzi di Mediterranea Saving Humans, una delle oltre 90 associazioni presenti, con una quarantina di persone di cui venti tra profughe e minori non accompagnati, provenienti da Mariupol in condizioni di salute decisamente precaria e con pesanti traumi sulle spalle, è rimasta bloccata al confine in uscita. Alla frontiera, infatti, è stato fermato uno dei volontari dell’associazione perché, nonostante viva e risieda da oltre trent’anni in Veneto, dove lavora e ha moglie e due figli (nati in Italia nel 2015 e nel 2011), ha anche la cittadinanza ucraina ed è quindi stato considerato come potenziale disertore passibile di arresto. Volodymyr, un uomo di 58 anni di cui più di trenta vissuti in Italia, era tornato in Ucraina per il funerale del padre, morto pochi giorni prima che scoppiasse la guerra, rimanendo così bloccato senza possibilità di rientrare. Uno spiraglio per ricongiungersi alla sua famiglia in Italia si era aperto con una lettera dell’ambasciata italiana e il contatto con Mediterranea, ma ora è tutto fermo di nuovo. Una volta al confine, e con i documenti in regola alla mano, non è stata infatti sufficiente la lettera preventivamente preparata qualche giorno prima della partenza dall’ambasciata italiana dove viene certificata la sua residenza in Italia: lui viene considerato a tutti gli effetti soggetto alla legge marziale che impone l’arruolamento obbligatorio a tutti gli uomini ucraini tra i 18 e i 60 anni.
Il 58enne al momento è rimasto bloccato a Leopoli con un furgone italiano fermo in Polonia ad aspettarlo, nel caso in cui la situazione diplomatica si sblocchi. Oltre al fatto che di mezzo non ci sono solo le ambasciate ma, in questo caso, soprattutto l’esercito, uno degli altri problemi al momento è che il caso è scoppiato proprio di domenica, giorno in cui i funzionari non lavorano e le comunicazioni sono più tortuose e gli iter lunghi. Nel pomeriggio di oggi, domenica 3 aprile, l’ambasciatore italiano in Ucraina ha chiamato quello ucraino a Roma e hanno cominciato una trattativa: c’è in piedi un accordo tra ambasciate perché al 58enne venga rilasciato un altro passaporto italiano con tutte le indicazioni necessarie richieste dall’Ucraina. Nel frattempo, gli altri mezzi dell’intera carovana sono riusciti a ripartire per l’Italia dove arriveranno nel cuore della notte tra domenica e lunedì. Per sapere l’evoluzione delle trattative diplomatiche sul caso di Volodymyr, bisognerà aspettare probabilmente le prime ore di lunedì 4 aprile.
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