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Il conflitto ucraino sta avendo ripercussioni negative anche sull’industria dell’auto, in particolar modo sui cablaggi, l’insieme dei collegamenti tra cavi, connettori e altri supporti che consentono di far funzionare un mezzo tramite istruzioni al volante piuttosto che alle portiere o al bagagliaio. Colossi come Bmw e Volkswagen hanno dovuto chiudere i loro impianti in tutta Europa a causa dell’invasione russa con inevitaili ripercussioni su chi si è sempre occupato di assemblare l’auto, gli ucraini. Il Financial Times afferma come sia motivo di “grave affanno” per tutta l’industria europea dell’automobile.
“Sono fondamentali”
“Il problema dei cablaggi è che sono fondamentali“, ha affermato Alexandre Marian, amministratore delegato della società di consulenza AlixPartners a Parigi. “Non si può iniziare ad assemblare un’auto senza i cablaggi“, ha dichiarato all’agenzia Agi. Se è vero che per altre componenti dell’auto ci si può rivolgere altrove, i cablaggi sono fatti su misura: ogni modello ha un proprio sistema individuale progettato al millimetro affinché i produttori possano sistemare al meglio i fili necessari. La problematica è che lo spostamento della produzione dalle sedi naturali rappresenta un vero e proprio rompicaco logistico. Dovendo fare di necessità virtù, l’industria dell’auto sta cercando nuove alternative che includono sia l’ipotesi di realizzare i cablaggi altrove oppure spostare le attrezzature, ipotesi molto complicata per tutti i passaggi di frontiera da affrontare e il trasporto di tecnologia per migliaia di chilometri. Poco fattibile.
Quali sono i problemi
Cablare le auto in posti differenti significa spendere da 100mila a due milioni di sterline per costruire nuove attrezzature necessarie oltre al tempo impiegato, fra tre e sei mesi. La Bmw ha fatto sapere di lavorare “con i nostri fornitori colpiti dalla crisi ucraina per trovare soluzioni insieme, e per sostenerli nella loro attuazione, sia che si tratti di mantenere la produzione in Ucraina o in luoghi alternativi“. In Ucraina, nonostante la guerra, alcuni fornitori stanno provando a riavviare le produzioni ad un tasso ridotto di capacità. Il problema di spedire i prodotti finiti attraverso il confine polacco verso gli stabilimenti automobilistici rimane: alle frontiere c’è un numero altissimo di rifugiati e sono chiuse al trasporto commerciale tradizionale.
Un altro problema non da poco è la carenza di autisti di camion, colpiti dalle leggi di “coscrizione” (l’obbligo di reclutamento) che gli impediscono di lasciare il paese. Alcuni stabilimenti hanno così pensato bene di chiedere aiuto ad alcuni pensionati che non hanno più problemi di legge a causa dei raggiunti limiti di età. Il rovescio buono della medaglia è che nelle fabbriche in Ucraina la maggior parte dei dipendenti sono le donne, non ostacolate dalle leggi di coscrizione ucraine in vigore per gli uomini tra i 18 e i 60 anni. In una terra già provata dal conflitto, la produzione a ovest delle case automobilistiche provocherebbe un ulteriore colpo mortale all’industria del Paese.
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