Sab. Nov 16th, 2024

[ad_1]

di Matteo Cruccu

Il cantante presenta il nuovo disco: «So Happy It Hurts»: «Non stride con la guerra, noi artisti abbiamo il dovere di dare speranza». E sulla fotografia: «Non andrei in Ucraina»

«Felice da morire»: mentre nel mondo si affacciano incubi che speravamo fossero sepolti dalla storia, pandemie e conflitti, è difficile pensare che qualcuno abbia gioia da diffondere a piene mani. Eppure quel qualcuno c’è, anche se questa «felicità in eccesso» non significa si tratti di risibile superficialità. Parliamo di Bryan Adams, eterno poprocker canadese, 15 album e 100 milioni di dischi, canzoni come «(Everything I Do) I Do It For You »che hanno contribuito a generare molti bambini, quando andavano i lenti, 62 anni portati asciuttamente e una carriera che ormai si divide con l’altra sua grande passione, la fotografia. Diventata evidentemente un mestiere visto che ha firmato l’ultimo, prestigioso, calendario Pirelli, andando ad affiancare mostri sacri come Richard Avedon e Annie Leibovitz.

Ma, via zoom, in maglietta bianca, è qui a parlare della sua occupazione primigenia, la musica. E il nuovo disco si chiama «So Happy It Hurts», felice da morire appunto. Non stride quindi col momento presente? «No-risponde deciso-. Nell’ultimo decennio abbiamo già vissuto situazioni simili, in Afghanistan e in Siria. Non mi sembra molto diverso in Ucraina, al netto delle enorme sofferenze che i conflitti creano. Quando ho fatto «Waking up the Neighbours» vent’anni fa, c’era la guerra in Iraq: noi artisti abbiamo il dovere di dare speranza. E questo album l’ho concepito prima, al termine della pandemia, sulla felicità ritrovata dopo aver perso tanta spontaneità». Ma è altrettanto spontaneo oggi il processo che lo ha portato a scolpire successi come «I do it for you»? «Non è cambiato nulla nel mio percorso produttivo: bisogna mettersi a tavolino, avere delle buone canzoni e credere nel rock’n’roll».

Risorto anche per merito nostro, dopo il boom mondiale dei Måneskin. Li conosce e li apprezza, Bryan: «Sono grandi, perché, così giovani, hanno saputo rompere le regole. E hanno appunto delle buone canzoni: all’inizio ti può anche aiutare l’estetica, poi non basta più». Loro sono al (folgorante) inizio, lui è uomo maturo e posato: «Dopo avere avuto due figli, mi sento più padrone di me stesso, a 62 anni ho il controllo di ciò che mi succede, prima le cose accadevano più per caso». A meno che non ci si metta di mezzo il Covid: quando è venuto a Milano per il calendario è stato «beccato» alla Malpensa: «Un incubo – dice oggi invece sorridendo- una situazione sfortunata e stupida, sono dovuto rimanere chiuso in albergo da voi per due settimane». La fotografia, di nuovo, lui che ha immortalato anche la Regina Elisabetta e Gorbaciov, partirebbe al fronte a raccontare la guerra in Ucraina? «No, io sono un ritrattista, bisogna saperlo fare e soprattutto avere un’attitudine da prima linea che non ho» E per Bryan in prima linea, a risolvere le grane del mondo, ci dovrebbero essere le donne, come canta in «I Ain’t Worth Shit Without You», non valgo un c… senza di te. Ovvero Alicia Grimaldi, la compagna da cui ha avuto appunto e tardivamente i due figli: «Sì- conclude- il pianeta sarebbe un posto migliore se fosse governato da loro»

14 marzo 2022 (modifica il 14 marzo 2022 | 07:07)

[ad_2]

Source link