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L’attacco da parte degli elicotteri ucraini che hanno colpito il deposito petrolifero di Belgorod in territorio russo è destinato ad aprire un nuovo fronte nella guerra, e rappresenta un messaggio chiaro di Kiev a Vladimir Putin. Dario Fabbri, analista geopolitico e curatore di Scenari, mensile geopolitico di Domani, analizza il fatto nuovo nel conflitto tra Russia e Ucraina intervenendo, venerdì 1 aprile, allo Speciale Tg La7 condotto dal direttore Enrico Mentana.
Kiev non ha rivendicato il raid ma il Cremlino “sa chi è stato”, spiega l’analista. “L’opinione russa meno. Ora è chiaro che il confine non è più al sicuro. Basta un attacco come questo per convincere la Russia a stare più sulla difensiva, che è l’obiettivo reale” del raid. Kiev ha colpito per arginare l’ingresso di truppe russe nel suo territorio, spingendoli a usare risorse militare per difendere il proprio confine, dice Fabbri.
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L’attacco fa emergere due elementi. Il primo è che l’Ucraina ha la capacità di fare male alla Russia e non solo di difendersi. E poi che c’è “un allentamento dell’offensiva russa”. L’Ucraina avrebbe il diritto di rivendicare l’operazione, essendo un paese sotto attacco e in violazione dello spazio aereo. “Non c’è una ragione logica per non rivendicarlo, farebbe morale nell’opinione pubblica ucraina e spaventerebbe quella russa. Sembra un’operazione all’israeliana”, che spesso non rivendica attacchi mirati in Medio oriente, “ma anche gli Usa spesso non rivendicano raid soprattutto se di intelligence”.
Questo è un passaggio oscuro, sottolinea Mentana, anche perché non sembra far parte di un’operazione più diffusa: “È come uno sparo nel buio”. “Serve a rendere insicuri i russi, l’impatto psicologico del primo attacco sul terreno è molto forte – commenta Fabbri – è devastante, mina la sicurezza” di Mosca” di essere intoccabile”. Ora la Russia combatte la guerra anche dentro casa, potrebbe travalicare il confine e riverberarsi dentro il territorio russo e “saremmo davanti a una svolta enorme nella guerra”, conclude l’analista.
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