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Milano, 4 aprile 2022 – Lo scorso 31 marzo è finito lo stato di emergenza, ma il Covid continua la sua corsa e spunta, addirittura, Xe, una nuova variante figlia di Omicron 1 e Omicron 2, del 10% più contagiosa.

“La variante è ancora sotto osservazione – ha spiegato ad Agorà su Rai 3 Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza – ci sono 600 casi in Gran Bretagna, che e’ il paese che agevola la selezione di varianti perché dal 24 febbraio non ha nessun tipo di precauzione. Per il momento non sembra più letale, ma il fatto che sia più contagiosa è preoccupante perché crea una diffusione enorme del contagio con il coinvolgimento non solo dei pazienti ma anche degli operatori sanitari”. Inoltre, ha aggiunto, “in Gran Bretagna in questo momento per aspettare un’ambulanza ci vogliono addirittura 20 ore e l’attesa media per un intervento chirurgico in elezione e’ 10 anni, questo vuol dire che i cittadini non riescono ad accedere ai servizi sanitari. Dobbiamo evitare questo”. 

“Sono appena qualche centinaio i casi registrati nel mondo e allarmarsi è prematuro“, ha aggiunto il virologo Fabrizio Pregliasco, docente all’università Statale di Milano, che invita ad “aspettare e monitorare, rafforzando la sorveglianza”. “Conosciamo già altre varianti ricombinanti – ha sottolineato – e di varianti in generale ce ne sono a migliaia: alcune diventano una problematica epidemiologica, altre no. Per adesso mi limiterei a evidenziare l’aspetto positivo”, ossia “l’essere in grado di continuare a intercettare l’emergere di queste nuove varianti, così da studiarle. Anzi, anche l’Italia dovrebbe implementare la sua sorveglianza”.  Il messaggio del medico, direttore sanitario dell’Irccs Galeazzi di Milano, è di evitare allarmismi ingiustificati. Fra l’altro, ha rimarcato Pregliasco, “la tendenza evolutiva dei virus, salvo inciampi, è quella di diventare progressivamente sempre più benevoli nei confronti dell’ospite”. In altre parole, Xe potrebbe anche rivelarsi più trasmissibile, ma meno aggressiva delle precedenti versioni di Omicron. Stessa opinione per Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano: “E’ troppo presto per poterne conoscere le caratteristiche. Possiamo
solo supporre che si tratti di un ulteriore passo del virus verso il depauperamento del suo potere aggressivo patogeno”.

Che la fine dell’emergenza non coincida con quella della pandemia di Covid-19 è comunque chiaro anche guardando i numeri, ancora decisamente alti anche in Italia. Il ministero della Salute indica che i nuovi casi in 24 ore sono stati 53.588, contro i
70.803 del giorno prima, identificati rispettivamente con 364.182 e 477.041 test, tra molecolari e antigenici rapidi. Il tasso di positività si mantiene stabile al 14,7% (il giorno prima era 14,8%). Sempre alto anche il numero dei decessi, che in 24 ore sono passati da 129 a 118. I ricoveri, nei reparti ordinari tornano sopra quota 10.000 (con 10.017, 68 in più rispetto a ieri), un numero che non avevano più toccato dal primo marzo scorso. Nelle terapie intensive i ricoverati sono complessivamente 489, 4 in meno di ieri nel saldo tra entrate e uscite, e gli ingressi giornalieri sono stati 42. Nelle regioni, gli incrementi giornalieri maggiori si rilevano nel Lazio (6.533), Campania (6.373) e Lombardia (6.371).

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La variante Xe fa parte della grande famiglia della variante Omicron. Lo ha affermato l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), che nel suo aggiornamento settimanale sulle varianti considera la Xe il frutto di una ricombinazione dei due principali sottotipi della Omicron, BA.1-BA.2. “Xe appartiene alla variante Omicron fino al momento in cui non saranno riportate differenze significative nella trasmissione e nelle caratteristiche della malattia, inclusa la gravità”, ha sottolineato l’Oms.

La variante Xe è stata individuata per la prima volta il 19 gennaio scorso nel Regno Unito. Finora sono più di 600 le persone sulle quali è stata rilevata. Anche la Thailandia ha segnalato il suo primo caso di Omicon XE scoperto dal Center for Medical Genomics, Ramathibodi Hospital isolato in un paziente thailandese.

Le prime stime, ha fatto sempre sapere l’Oms, indicano che la variante Xe sembra essere circa il 10% più contagiosa rispetto alla BA.2, “tuttavia – ha aggiunto – questo dato richiede un’ulteriore conferma”. 

Ancora poche le informazioni riguardo le caratteristiche della malattia, dai sintomi alle conseguenze fino all’efficacia del vaccino.  “Finora non ci sono prove sufficienti per trarre conclusioni sulla trasmissibilità, sulla gravità o sull’efficacia del vaccino”,  ha spiegato la professoressa Susan Hopkins, consulente medico di riferimento della Uk Health Security Agency (Ukhsca), agenzia che sta monitorando la varinate.

L’Agenzia sanitaria per la sicurezza del Regno Unito ha inoltre spiegato che la nascita di varianti ricombinanti non è infrequente e si verifica quando un individuo viene infettato con due o più varianti contemporaneamente. In questo caso si ha un “mescolamento del loro materiale genetico all’interno del corpo del paziente”. In pratica Xe avrebbe avuto origine in un paziente Covid contagiato con Omicron 1 e Omicron 2.  

Recentemente sono state scoperte anche le ricombinanti XD e XF, entrambe nate da un’infezione combinata di variante Omicron e variante Delta. Ad oggi nel Regno Unito sono stati scoperti 38 casi di XF, ma da febbraio non vengono più rilevati. Non c’è da stupirsi, dato che le varianti ricombinanti spesso si estinguono rapidamente, senza diventare varianti di preoccupazione (VoC) classificate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), come l’Alfa, la Beta, la Gamma, la Delta e la Omicron. Di XD sono stati invece registrati 49 casi in tutto il mondo, la maggior parte dei quali in Francia.

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