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Omicron rappresenta un «salto» nella storia del virus, ma in realtà per gli esperti non è stata una sorpresa. Perno (Bambino Gesù): «Non è escluso che spunti una nuova variante, ma dovrebbe essere più ‘perfetta’ della attuale»
Cosa verrà dopo Omicron? Le possibilità sono tante, le certezze poche. Premesso che nessuno più crede nell’ipotesi della scomparsa del virus, i macro scenari sono due: che Covid si riduca a qualcosa di simile all’influenza stagionale, oppure che spunti una nuova variante, ancora più «perfetta» di Omicron. Ovvero con una maggiore capacità di trasmettersi e replicarsi, unita a un grado significativo di fuga immunitaria. Se «Pi» (in teoria dovrebbe chiamarsi così) risultasse anche portatrice di una malattia più grave, ecco questa potrebbe essere l’opzione peggiore.
In un articolo pubblicato sul New York Times
, alcuni scienziati dell’Università di Chicago e del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, sottolineano che «non c’è ragione, almeno dal punto di vista biologico, pr cui il virus non continui a evolversi». Secondo un calcolo degli esperti, sono circa 2mila le mutazioni ancora possibili nella parte del virus che attacca le cellule umane (RBD, receptor-binding domain, che si trova sulla proteina Spike). E la risposta di Sars-CoV-2 alla pressione evolutiva si è dimostrata straordinaria, rendendolo sempre più bravo a diffondersi: oggi è più contagioso di molti altri virus respiratori umani. Potrà aumentare ulteriormente la propria trasmissibilità? È possibile, anche se il processo prima o poi dovrà avere un termine. Altri virus hanno raggiunto un plateau nella loro capacità di diffusione e presumibilmente Sars-CoV-2 si comporterà allo stesso modo.
Un altro tema da valutare è quello della fuga immunitaria che, nel caso di Omicron, unita alla elevatissima trasmissibilità, ha creato una «tempesta perfetta». Tra le varianti precedenti, alcune come Beta e Gamma, presentavano mutazioni legate alla fuga immunitaria, ma per fortuna hanno avuto diffusione limitata e non sono divenute dominanti. L’idea degli esperti è che il virus potrebbe continuare ad «affinare le armi» per infettare i soggetti immuni (vaccinati o già infettati, ovvero quasi tutta l’umanità) ed è possibile che in futuro possa provocare forme di malattia più gravi rispetto a quelle che vediamo oggi. «La fuga immunitaria è una corsa evolutiva senza fine, perché il sistema immunitario può sempre sviluppare nuovi anticorpi e il virus ha una vasta serie di mutazioni da esplorare in risposta — scrivono gli esperti sul New York Times —. Ci aspettiamo che Sars-CoV-2 continuerà a causare nuove epidemie, ma saranno sempre più guidate dalla capacità di aggirare il sistema immunitario. In questo senso, il futuro potrebbe assomigliare all’influenza stagionale, dove nuove varianti causano ondate di casi ogni anno. Se questo accadrà, i vaccini dovranno essere aggiornati regolarmente come quelli antinfluenzali».
Sulla stessa linea di ragionamento un’analisi recentemente pubblicata su Nature
, secondo cui la pandemia non ha rallentato il passo, nonostante le infezioni relativamente lievi provocate da Omicron e i livelli altissimi di immunità della popolazione in tutto il mondo.
Gli autori — dell’Università di Oxford e del Joint Research Centre europeo di Ispra (Varese) — sostengono che la rapida evoluzione del virus ancora in corso può portare alla nascita di nuove varianti, potenzialmente in grado di sfuggire all’immunità e di scatenare una malattia più grave rispetto alle precedenti. Con una metafora, potremmo dire che Sars-Cov-2 è «armato fino ai denti»: ha dalla sua parte l’altissima capacità di trasmissione, il calo graduale dell’immunità data dai vaccini o dall’infezione pregressa e una serie di potenziali serbatoi animali.
Inoltre, sottolineano gli autori dello studio su Nature, la minore virulenza di Omicron non deve ingannare: in un virus, mentre la fuga immunitaria e la trasmissibilità sono sotto forte pressione evolutiva, la capacità di provocare malattia più o meno grave deriva da complesse interazioni tra fattori sia nell’ospite che nel patogeno. «I virus si evolvono per massimizzare la propria trasmissibilità e a volte questo può essere correlato a una maggiore aggressività nel causare sintomi — scrivono —. La prospettiva di future varianti con la combinazione potenzialmente disastrosa della capacità di reinfettare a causa della fuga immunitaria insieme all’alta virulenza è purtroppo molto reale». Sars-CoV-2 è caratterizzato da una significativa evoluzione antigenica, cioè una modifica continua del profilo virale in risposta alle pressioni immunitarie dell’ospite. Da qui nasce la fuga immunitaria, cioè una ridotta capacità del sistema immunitario di prevenire la reinfezione (esattamente ciò che si sta verificando con Omicron) e la conseguente malattia, potenzialmente anche grave. In pratica, non è detto che eventuali nuove varianti abbiano, come Omicron, una preferenza per il tratto respiratorio superiore rispetto al tessuto polmonare.
Omicron — proseguono gli studiosi di Oxford e Ispra — presenta almeno 50 mutazioni aminoacidiche rispetto al ceppo ancestrale di riferimento (Wuhan) ed è molto diversa anche dalle varianti precedenti. La sua diffusione esplosiva in popolazioni con elevata immunità mostra come le mutazioni permettano di infettare facilmente individui già infettati o vaccinati. Non solo. Anche tra i sotto-lineaggi di Omicron ci sono divergenze genetiche considerevoli, come sta dimostrando BA.2. La capacità evolutiva di un virus è quantificata dal suo numero di riproduzione effettiva (Rt), ovvero il numero totale di infezioni secondarie che un caso genera nella popolazione. Le prime varianti si sono evolute in questo modo: Alfa e poi Delta erano ciascuna circa il 50% più infettiva della precedente. Oggi, con un elevato numero di soggetti teoricamente protetti (per vaccinazione o precedente infezione) Sars-CoV-2 potrebbe ottimizzare la propria trasmissibilità (Rt), aumentando ulteriormente la capacità di reinfettare gli individui immuni.
«I virus mutano in tutte le parti del loro genoma: consideriamo che Sars-CoV-2 ha un Rna composto da 30mila basi — afferma Carlo Federico Perno, direttore dell’Unità di Microbiologia all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma —. All’inizio della pandemia le mutazioni sono avvenute per casualità e tutti i nuovi ceppi incapaci di trasmettersi sono spariti. Le combinazioni possibili sono milioni, ma solo alcune danno luogo a virus capaci di “funzionare”, ovvero trasmettersi da un uomo all’altro e replicarsi in modo sempre più efficiente. Le varianti pre Omicron presentavano poche differenze rispetto alle precedenti, mentre Omicron ha avuto una variazione massiccia. E adesso? Non possiamo escludere l’arrivo di una nuova variante, perché Omicron infetta decine di milioni di persone ogni giorno. Secondo uno studio pubblicato recentemente su Lancet, la popolazione entrata in contatto con il virus nel mondo sarebbe tre volte di più rispetto al numero ufficiale (che tiene conto solo dei soggetti sottoposti a tampone). Sappiamo che più il virus circola, più aumentano le possibilità che muti. Ecco perché l’arrivo di Omicron non ha stupito i virologi. E non possiamo escludere che si formi una variante con 50 o più variazioni ancora più “perfetta” della attuale, a livello di trasmissibilità, replicazione e fuga immunitaria. Cosa fare? Sarà probabilmente necessario aggiornare i vaccini, quindi per ora è giusto non dare a tutti la quarta dose con quelli che abbiamo. I richiami successivi probabilmente andranno fatti con preparati diversi. I vaccini finora hanno evitato che l’infezione arrivasse alle basse vie respiratorie, polmoni e bronchi, come avveniva invece prima. Speriamo che questa protezione non venga meno anche con eventuali nuove varianti».
29 marzo 2022 (modifica il 29 marzo 2022 | 17:56)
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