Ven. Nov 22nd, 2024

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AGI – “Viviamo in un limbo tra paura e speranza. Per ora non partiamo. Anche perché in Italia non ci è rimasto nulla. Né una casa, né un lavoro. Siamo in sette ed è difficile ospitare una famiglia così numerosa”: David Simeoli, 47enne romano di Primavalle, vive da 12 anni in una grande casa nelle campagne di Leopoli insieme ai genitori, alla moglie e ai tre figli. Insegna italiano online per una scuola privata.

La speranza è di tornare a una vita ‘normale’ ma anche nella città dell’Ucraina occidentale l’angoscia per la guerra avanza dopo che i missili russi hanno colpito appena a 20 chilometri dal confine con la Polonia. “Molti italiani”, ha detto all’AGI, “sono partiti ma noi per ora aspettiamo. Non siamo degli incoscienti. La priorità è la sicurezza dei bambini. E’ chiaro che se la situazione dovesse peggiorare siamo pronti a lasciare il Paese ma la verità è che in Italia non abbiamo niente. Poi i miei genitori sono anziani, hanno 73 e 79 anni, e stravolgere ancora le loro vite non so quanto possa influire sulla salute”.

David, insieme alla moglie ucraina, lavorava a Roma in una cooperativa attiva nell’assistenza di persone disabili. Poi la decisione di trasferirsi a Leopoli e di far arrivare anche gli anziani genitori. L’inizio di una nuova vita. L’Italia, dunque, fino allo scoppio della guerra è sempre stata un capitolo chiuso. Tuttavia, ora a Leopoli le valigie sono sempre pronte perché il futuro è incerto.

“E’ una decisione difficile. Aspettiamo ma fino a quando? Razionalmente – racconta David all’AGI – qui dovremmo stare più tranquilli rispetto ad altri luoghi dell’Ucraina. Ma Putin è imprevedibile. Potremmo risvegliarci con la città bombardata. E’ rischioso anche rimanere qui. I bimbi, soprattutto la più grande di 12 anni, guardano le notizie e hanno paura”. Dubbi e interrogativi tra sirene di guerra e una vita che scorre in una calma apparente: orto, passeggiate nella natura.

“Cerchiamo di distrarci”, spiega David, “io con le mie lezioni online di italiano. Poi a volte prepariamo del cibo da mandare all’esercito ucraino. L’ambasciata italiana ci ha detto che ogni giorno partono due autobus per l’Italia. All’inizio – spiega il 47enne – ci potrebbero ospitare i salesiani. Ma dopo il primo periodo è tutto un punto di domanda. Qui almeno abbiamo i nostri lavori, la nostra casa, la nostra vita”.

A ostacolare una immediata partenza per l’Italia ci sono anche lacci burocratici. “Io ho il passaporto scaduto e per qualche motivo in ambasciata non riescono a rinnovarlo subito. Mi darebbero solo un permesso temporaneo che scade dopo 7 giorni ma che non si può rinnovare. Cerchiamo di vivere normalmente – conclude l’insegnante – ma siamo spaventati”.

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