Ven. Nov 15th, 2024

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Il premier Mario Draghi ha deciso di tenere la palla tra i piedi nella partita sulla linea diplomatica relativa alla guerra in Ucraina.

Forse, ad influire sull’impostazione del presidente del Consiglio, hanno influito anche alcune azzardate prese di posizione del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Quello che ha accostato Vladimir Putin ad un “animale”, che è stato oggetto di un comunicato sui “viaggi esotici” stilato dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov e così via.

Se non è stato operato un taglia-fuori nei confronti dell’inquilino della Farnesina, poco manca.

La prova è la continuità con cui l’ex presidente della Bce ha preso iniziativa in queste ore, partecipando a summit che avrebbero potuto avere per protagonista l’ex leader del MoVimento 5 Stelle. Andiamo con ordine. L’indizio più rappresentativo è il summit tra Sullivan e Luigi Mattiolo: il consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti ha incontrato in via ufficiale il consigliere diplomatico, che è un “uomo di Draghi”. A riportare del meeting è stata anche l’Adkronos. La diplomazia, per definizione, non ha nulla di casuale. E le procedure presentano, tra i significati, l’analisi su chi prende parte alle assisi e chi no.

L’attivismo di Draghi è dirompente: ha voluto anche parlare di persona con Sullivan, così come racconta l’agenzia Nova. Un cambio in corsa che può derivare dall’esigenza di chiarire una volta per tutte quale sia il posizionamento geopolitico del Belpaese: l’atlantismo non è in discussione. E il MoVimento 5 Stelle, in questa fase, ha avuto a che fare con più di qualche esponente che ha preso le distanze dal presidente ucraino Zelensky. E poi c’è un altro dato emblematico: il vertice Stati Uniti-Cina si è svolto a Roma. Il che costituisce pure una smentita di quelle disamine che vorrebbero l’Italia sopita ed inattiva rispetto al protagonismo della Francia di Emmanuel Macron.

Ma è nel MoVimento 5 Stelle, a ben vedere, che può albergare la causa del cambio di passo.

Si pensi al caso del presidente delle Affari esteri del Senato Vito Petrocelli che non ha votato la risoluzione contro la Russia o all’espressa volontà da parte di ben tre parlamentari pentastellati di non voler assecondare il collegamento tra Zelensky ed la Camera dei deputati, che peraltro è presieduta dal grillino Roberto Fico. In questa fase non è ammesso il caos: questa sembra la ratio alla base dell’atteggiamento del premier. Il fatto che l’ex presidente della Bce abbia voluto tenere per sé il dossier ucraino è stato rimarcato anche dall’edizione odierna de Il Tempo.

I grillini, anche quelli che ruotano al ministro Di Maio, preferiscono non commentare. Altri, più coraggiosi, dicono di non avere idea del perché Draghi abbia deciso di fare da regista a tutto campo, dettando tempi e temi e scavalcando il vertice della Farnesina.



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