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L’avvertimento degli Usa alla Cina per cui un aiuto alla Russia avrebbe “implicazioni” ha avuto come immediata conseguenza il crollo delle Borse cinesi e influenzato in negativo le altre asiatiche. Ma a pesare è anche il timore che i nuovi lockdown possano impattare sulla crescita del Paese e sulla domanda del più grande importatore al mondo di petrolio, cosa che ha fatto scivolare il greggio sotto quota 100 dollari al barile. I listini europei hanno aperto a loro volta in rosso e hanno accelerato al ribasso nel corso della seduta. A Milano soffrono Moncler e Tenaris ma anche Unicredit che stando a quanto ha detto l’ad Andrea Orcel durante una conferenza organizzata da Morgan Stanley sta considerando l’uscita dalle sue operazioni in Russia come parte di una “revisione urgente del business”.
Il prezzo del petrolio in corso di giornata sta continuando a calare: il greggio Wti con consegna ad aprile è scambiato a 97,35 dollari con un calo del 5,49%, il Brent con consegna a maggio passa di mano a 100,88 dollari con un calo del 5,63%. Calo che incorpora anche le flebili speranze di progressi nei negoziati per un cessate il fuoco in Ucraina. Non si salva dal clima di sfiducia neppure l’oro (-1,4% a 1.933 dollari l’oncia) mentre il rendimento dei treasury americani è in lieve calo al 2,11%.
Restando sulle materie prime, l’impatto dell’invasione russa pone rischi anche per la fornitura globale di beni alimentari come fanno Alexander Monk, Felix Odey e Mark Lacey, portfolio manager del gestore di asset Schroders. “Si è discusso molto del ruolo della Russia come Paese esportatore di petrolio e gas, ma il suo status di importante produttore di commodities agricole implica anche un rischio reale di carenze di beni alimentari“, è la loro analisi. “Russia e Ucraina insieme rappresentano il 30% delle esportazioni mondiali di grano. Di conseguenza, le disruption alle esportazioni di grano avranno chiare implicazioni per i consumatori sia a livello di disponibilità che di prezzo. Saranno soprattutto i mercati emergenti a essere colpiti perché sono tradizionalmente i destinatari più importanti del grano russo. Negli ultimi anni, i tre maggiori importatori di grano russo sono stati Egitto, Turchia e Bangladesh”.
Mosca ha annunciato nelle scorse ore la limitazione dell’export di grano a diverse repubbliche ex sovietiche, di cui è uno dei principali esportatori, “al fine di evitare carenze e un’esplosione dei prezzi” secondo il servizio stampa del governo russo. L’Unione raggruppa la Russia, Kazakistan, Bielorussia, Armenia e Kirghizistan. La vice primo ministro Victoria Abramchenko ha annunciato anche lo stop all’esportazione di zucchero, mais e altri cereali come segale e orzo fino al 30 giugno.
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