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Il 16 marzo, studiando le informazioni pubbliche, l’ex generale americano Ben Hodges aveva sostenuto che i 10 giorni seguenti sarebbero stati decisivi per l’esito della guerra. La profezia si rivelata esatta. Ora gli ucraini hanno tracciato un’altra linea
Il 16 marzo, studiando le informazioni pubbliche, l’ex generale americano Ben Hodges aveva sostenuto che i 10 giorni seguenti sarebbero stati decisivi per l’esito della guerra: i russi erano a corto di uomini e munizioni, l’inattesa resistenza ucraina — oltre a causare grosse perdite — aveva fatto saltare i piani e costretto a disperdere le unit. Putin, insomma, stava cercando una via d’uscita. La profezia di Hodges si rivelata esatta: il 25 marzo, il vicecapo di Stato maggiore russo Sergej Rudskoi ha annunciato che la prima fase dell’operazione si pu dichiarare conclusa, che le principali spallate sono state completate e che ora si concentreranno sul sud del Paese, in particolare sulla liberazione del Donbass. Rudskoi non parla dunque di obiettivi raggiunti, ma di spallate assestate.
Questo conferma che gli americani, e di conseguenza gli ucraini, hanno una visuale chiara di quello che avviene sul campo: le informazioni penetrano la nebbia di guerra e permettono loro di anticipare le mosse nemiche. Se a Washington hanno sempre sostenuto che Putin stesse per invadere l’Ucraina, rendendo pubblici i piani che si sono poi rivelati esatti nel dettaglio, a Kiev — ancora due giorni prima dell’invasione, come ha confermato al Corriere il presidente estone Alar Karis — Volodymyr Zelensky non riteneva possibile che i russi attaccassero l’Ucraina: al massimo, pensava, sarebbero entrati nelle regioni di Donetsk e Lugansk.
Invece l’esercito di Putin ha dato avvio a un’invasione su piena scala, ma nulla andato secondo i piani. Come ricorda il generale Mick Ryan, il piano A prevedeva l’uso di forze leggere sostenute dall’aviazione per conquistare Kiev e alcuni punti strategici del Paese in tempi brevi, catturare gli esponenti del governo e avviare una transizione, ma fallito in 48 ore: il punto debole stato l’uso di un’aviazione leggera contro obiettivi preparati e ben difesi. Mosca ha optato quindi sul piano B: usare le forze gi dispiegate attorno a Kiev per un attacco su pi assi, con maggiore potenza di fuoco e la distruzione delle citt pi piccole per spaventare la capitale.
Anche in questo caso, per, stato un fallimento: si trattava per lo pi di forze di terra con poca struttura e scarsa coordinazione, che hanno fatto emergere i noti problemi logistici, a cominciare dalla carenza di benzina e cibo e munizioni, e sono diventate un facile obiettivo stazionario per la resistenza ucraina che colpiva in piccoli gruppi con i Javelin facendo danni enormi, e poi si ritirava. A quel punto lo Stato generale di Mosca ha virato sul piano C: colpi duri e brutali assestati da lontano, distruggendo pi infrastrutture possibili, senza fare grandi distinzioni fra obiettivi militari e civili.
I bombardamenti sulle citt, con artiglieria pi economica e missili a lungo raggio, avevano l’obettivo di terrorizzare i civili e spingere il governo ucraino a cedere, ma le forze della resistenza non si sono arrese e hanno continuato con le imboscate che, colpendo retrovie e convogli logistici, hanno inflitto perdite enormi all’esercito di Putin. Anche il piano C non bastato ai russi per ottenere risultati, le citt circondate non hanno ceduto: Chernihiv, Sumy e Kharkiv, scendendo da nord, e poi Mariupol, a sud, che resiste da un mese nonostante un assedio sanguinoso che costato la vita a migliaia di civili.
Proprio a Mariupol si concentra ora l’evoluzione del piano C, come ha confermato venerd il vicecapo di Stato maggiore Rudskoi: conquistando il grande porto strategico sul Mar d’Azov, Putin potr stesso connettere la Crimea via terra alla madre Russia, e al tempo stesso annunciare di aver denazificato l’Ucraina sconfiggendo il battaglione Azov di estrema destra che difende la citt. In questo modo, dunque, lo Zar avrebbe ottenuto la vittoria di facciata che gli serve per nascondere il fallimento dell’offensiva, anche perch i russi hanno capito e accettato che questo conflitto non sar affatto breve e che gli ucraini non cederanno.
A questo punto, i russi potrebbero concentrare le forze su un solo fronte — quello meridionale — con il ricongiungimento delle truppe arrivate dalla Crimea con quelle entrate in Ucraina dal nordest, per circondare la resistenza nel sudest: l’esercito di Putin non dovrebbe comunque abbandonare il resto del Paese, ma potrebbe restare stazionario, costruire trincee, anche per non lasciare che gli ucraini convergano a difesa di una sola area. A questo scopo potrebbero unirsi anche le truppe bielorusse da nord — anche se Lukashenko teme il fronte interno — ed gi stata incrementata l’aviazione (del 50%): i russi hanno comunque bisogno di rinforzi e sul campo, dice il New York Times, ci sono anche un migliaio di mercenari della Wagner.
Questo non significa che la guerra sia finita, come conferma anche la scelta delle parole di Rudsjoi, ma che entra in una nuova fase. L’esercito russo si adattato alle difficolt enormi e inattese incontrate sul campo e ha adottato una strategia che gli permetter di andare avanti a lungo, facendo danni ingenti da lontano e limitando le perdite (anche se a Kherson stato ucciso un altro generale, Yakov Rezantsev: il settimo). La resistenza di Kiev non si arrende, ma deve invece concentrarsi sulla difesa dei convogli di armi in arrivo dall’occidente.
Anche le notizie dal campo sembrano andare in questa direzione: durante la giornata di sabato sono stati numerosi i bombardamenti nelle citt, soprattutto a Leopoli, nell’ovest, mentre stato cancellato il coprifuoco a Kiev.
Gli ucraini intanto hanno tracciato un’altra linea, il 9 maggio. A Kiev si ritiene infatti che i russi torneranno a casa quel giorno, data in cui a Mosca si celebra la sconfitta del nazismo: saranno riusciti a vedere attraverso la nebbia di guerra anche questa volta?
26 marzo 2022 (modifica il 26 marzo 2022 | 19:10)
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