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A volte, durante il corso di una guerra, c’è un massacro di troppo, quello che cambia il corso della storia. È il caso del terribile bombardamento del mercato di Sarajevo, che nel 1995 spinse la Nato a intervenire contro i serbi di Bosnia.
Oggi le immagini agghiaccianti del massacro di Buča, nei pressi di Kiev, trasmesse a ripetizione, varcano una soglia nell’orrore di questa guerra. Il presidente Volodymyr Zelenskyj parla di “genocidio”, gli occidentali di “crimini di guerra”. La Russia, invece, si comporta come al solito, rispondendo alle accuse con la sua “verità alternativa” e addirittura convocando il Consiglio di sicurezza dell’Onu per denunciare le “provocazioni dei radicali ucraini”.
Davvero la reazione unanime dell’occidente davanti a questo massacro cambierà la situazione come accaduto in altri conflitti del passato? In realtà non è detto che sia così. L’orrore è innegabile, ma l’equazione non cambia: nessuno in occidente è pronto a rischiare uno scontro con la Russia, potenza nucleare. Tuttavia le immagini di Buča creano una grande pressione sui paesi occidentali affinché appoggino l’Ucraina in modo più efficace in un momento decisivo.
Combattimenti in aumento
In questo momento stiamo assistendo a una svolta nella guerra, con la riconquista della regione di Kiev da parte dell’esercito ucraino e il ritiro dei soldati russi. Nonostante la tragedia di Buča, il successo della resistenza ucraina ha impedito l’assedio e forse la conquista della capitale.
Ma questa non è la fine della guerra, perché i russi stanno ripiegando a est per costituire un blocco di continuità territoriale tra il Donbass, la costa del mare d’Azov (con l’assedio della città portuale di Mariupol) e la Crimea. I combattimenti non si ridurranno. Anzi, si faranno sempre più feroci.
In questo contesto drammatico si torna a parlare di negoziati russo-ucraini. Il 4 aprile, a Istanbul, si terrà un nuovo giro di consultazioni. Da Mosca e Kiev filtrano voci ottimiste che parlano addirittura della possibilità di un dialogo diretto tra Zelenskyj e Putin, che di per sé sarebbe un grande passo avanti.
Ma davvero è possibile negoziare sullo sfondo di questo massacro? Sul fronte ucraino emerge un doppio obiettivo, in un certo senso contraddittorio: da un lato la fine immediata delle sofferenze della guerra, anche a costo di concessioni come la neutralità e il congelamento dei conflitti territoriali; dall’altro il desiderio profondo, basato sull’unità e la determinazione eccezionali mostrate in questa guerra, di non cedere nulla all’invasore. I morti di Buča rafforzano inevitabilmente il desiderio di resistere e senza dubbio anche quello di vendicarsi.
Il problema si porrà quando ci sarà un compromesso sul tavolo, un momento che inevitabilmente arriverà, come in tutte le guerre. Serviranno concessioni e rinunce, come accade in ogni compromesso. Zelenskyj saprà accettarle e farle accettare dal suo popolo dopo tutti gli orrori della guerra?
Un’ultima domanda: l’unità degli occidentali sopravvivrà davanti a un compromesso che sarà valutato in modo diverso a seconda delle latitudini? Alcuni paesi sono più pronti di altri ad accettare questo percorso. Questo momento della verità della guerra non è ancora arrivato. Per ora i morti di Buča impongono di rafforzare il sostegno all’Ucraina in tutti gli ambiti, compreso quello dell’energia. E da questo punto di vista si tratta sicuramente del massacro “di troppo”.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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