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Questo articolo è uscito il 26 marzo 2022 a pagina 27 del numero 20 dell’Essenziale. Puoi abbonarti qui.
Che i giovani del Mezzogiorno ripiglino la buona e santa usanza dell’apprendere de visu e non solo de auditu l’angoscioso mistero della cara non dolce terra che noi avemmo in retaggio”. Con queste parole, a fine ottocento, Giustino Fortunato invitava le nuove generazioni a frequentare le montagne per acquisire consapevolezza del territorio e della sua complessità. Oltre a essere tra i padri del meridionalismo, Fortunato fu anche un precursore dell’escursionismo culturale: grande camminatore, considerava la montagna non soltanto un insieme di cime e valli, ma soprattutto di genti con le loro vocazioni, necessità, speranze. Era convinto che per conoscere un territorio occorresse innanzitutto capirlo, cioè capire chi lo abita.
Giustino Fortunato esplorò meticolosamente le montagne del sud. Nel 1877 attraversò a piedi i monti Lattarj, oggi Lattari, cioè i rilievi della penisola che separa i due golfi di Napoli e di Salerno. Le descrizioni e riflessioni di quei viaggi sono contenute nel volume L’Appennino della Campania, pubblicato nel 1884 dalla sezione napoletana del Club alpino italiano. Eccezionale spaccato di un periodo chiave della storia d’Italia, il libro restituisce un ritratto ancora attuale di una parte del sud. È un ritratto utilissimo per comprendere meglio quell’Italia interna, talvolta definita minore, della quale tanto si parla in questi anni di pandemia.
Ancora oggi i monti Lattari sono tra i luoghi più interessanti dove fare conoscenza con un ambiente che è frutto dell’interazione tra natura e attività umana. Salendo sulle cime più alte, a quote superiori ai 1.400 metri, lo sguardo si spinge a nord fino ai monti Aurunci nel Lazio. Più in qua il Vesuvio, le isole del golfo, e poi un ampio arco di montagne, dal Matese al Cilento. I monti Lattari digradano dolcemente verso nord e in modo ben più aspro a sud. Amalfi, Positano e Sorrento popolano le cronache dei grandi viaggiatori, ma gli altri centri sono molto meno noti. Come Agerola, che si trova a circa 600 metri di altitudine, in una conca tra le montagne e al tempo stesso affacciata sul mare amalfitano.
Proprio da Agerola si può partire per un’escursione sul versante meridionale di questi monti. Qui è il regno dei dirupi e delle grandi pareti. Una successione di salti alternati a piccoli lembi semipianeggianti dove secoli di lavoro dell’uomo hanno ricavato terrazzamenti così arditi da sembrare irraggiungibili. E in effetti ci si arriva solo per sentieri aerei e tortuosi. Le poche strade esistenti sono state ricavate scavando nella roccia tunnel e trincee.
In alta stagione la strada 163 amalfitana è da evitare in macchina, ma nel resto dell’anno è talmente sgombra da essere una manna per motociclisti e ciclisti. Gli orti, i terreni e le abitazioni più sperdute sono collegati da una fitta rete di sentieri e mulattiere. Per il trasporto di prodotti della terra e materiali da costruzione ci si serve ancora oggi di asini e muli, motivo per cui la tradizione dei mulattieri è viva e fa parte dell’economia locale, e le vie mulattiere vengono mantenute efficienti.
Questi percorsi si stanno guadagnando la fama di veri paradisi per l’escursionismo. E tra questi spicca il Sentiero degli dei, che collega Bomerano, frazione di Agerola, al piccolo centro di Nocelle, sopra Positano. È un itinerario relativamente semplice: considerando anche le indispensabili soste fotografiche, lo si percorre in meno di tre ore.
La partenza è da piazza Capasso (a 640 metri dal livello del mare) nel centro di Bomerano. Fin qui si giunge con gli autobus di linea della compagnia Sita, oppure in auto, servendosi di un parcheggio libero non lontano dalla piazza. Una volta lasciate le ultime case, il sentiero costeggia subito le alte rupi calcaree dove si apre la cosiddetta grotta Biscotto, una cavità carsica portata alla luce dall’erosione. Al suo interno, accanto a piccole case rupestri, si legge la stratificazione di antichi sedimenti vulcanici.
Dopo alcuni terrazzamenti e casette rurali si giunge a un alto pinnacolo di roccia che precede il valico di Colle Serra (580 m). Qui il sentiero si biforca: a destra si può seguire una variante alta, ma forse la più interessante è quella a sinistra. Alcuni gradini in discesa conducono a una fontana con un eccezionale panorama sulla costa.
A un’ora dalla partenza, in una zona di terrazzi erbosi tra alte pareti, si ha la sensazione di trovarsi sospesi. Laggiù in fondo c’è il mare, una presenza costante e magica. Qui, sul sentiero, si giunge a una vecchia abitazione diroccata. La presenza di un pergolato con un grande tavolo in legno lascia intuire che la casa è abitata. Infatti è la base di Antonio Milo, un giovane pastore che ha scelto di restare tra queste montagne insieme alle sue capre.
Antonio vive ad Agerola ma viene qui ogni mattina insieme al suo mulo di nome Limone e all’asino Limoncello. Per tutto il giorno si dedica alle capre, che sono di una razza autoctona napoletana chiamata torca nera. Antonio le lascia libere di pascolare per gli impressionanti dirupi, le ripara in un ovile costruito a ridosso di una grotta. Alla sera, dopo la mungitura, Antonio carica le taniche di latte in groppa a Limone e Limoncello e le trasporta in paese per farne formaggio. Il pastore accoglie volentieri gli escursionisti di passaggio, offrendogli assaggi dei suoi prodotti o un pezzo di prato dove montare una tenda.
Lo spettacolo del tramonto sul mare da qui è assicurato. E anche quello dell’alba, se si è mattinieri. È uno dei motivi per cui Antonio ha deciso di rimanere a lavorare qui: “Questo è un carcere a porte aperte”, ripete. “Le capre non concedono domeniche né ferie, ma non me ne andrei per nessun motivo”.
Poco oltre, il sentiero passa sotto una parete di roccia sulla quale gli arrampicatori hanno aperto molte vie di free climbing. In basso fa capolino l’abitato di Positano, con la spettacolare quinta di costiera che si allunga fino agli isolotti Li Galli e ai faraglioni di Capri.
La parte successiva del percorso ha qualche tratto scivoloso ma rimane sempre abbastanza semplice anche per i camminatori meno esperti. L’attraversamento nel bosco regala un po’ d’ombra. In lontananza si intravede un piccolo gruppo di case: superando un vallone quasi sempre asciutto, lo si raggiunge per un viottolo ormai pavimentato. È Nocelle, frazione di Positano a 400 metri di quota. Qui una fontanella coperta offre riparo dal sole e dalla pioggia. La vista però è più bella dalla piazzetta davanti alla chiesa, dove Antonino Di Simone nel suo minuscolo Lemon Point prepara la miglior limonata della costiera.
A Nocelle vive anche Icilio Casola, mulattiere di lunga tradizione. Trasporta ogni genere di materiali e quando è libero si mette a disposizione anche per aiutare i viaggiatori con i bagagli. Nel villaggio ci sono diversi posti dove trascorrere la notte, e una trattoria.
Una scalinata di 1.700 gradini scende infine a Positano. Da qui con gli autobus di linea della compagnia Sita si può andare ad Amalfi e poi, con un cambio, risalire a Bomerano. In alternativa si può ripercorrere il sentiero a ritroso, che è forse la soluzione più pratica. In questo caso però bisogna calcolare bene i tempi e non conviene scendere fino a Positano, rientrando direttamente dopo la sosta a Nocelle.
Villa Sofia
Nel paese di Nocelle, porta il nome della proprietaria, autentica pioniera dell’accoglienza. Non è il più lussuoso b&b della zona, ma ne guadagna in simpatia.
villasofiapositano.it
Valle degli Dei
Nella parte alta di Bomerano di Agerola, è un b&b gestito dal giovane Vincenzo Mascolo, appassionato di montagna e di sentieri della zona.
valle-degli-dei.com
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