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Articolo tratto dal numero di marzo 2022 di Forbes Italia. Abbonati!

Il gioco è innanzitutto divertimento, ma al tempo stesso è anche la più naturale forma di espressione per ogni bambino. Comprenderne l’importanza nel processo di crescita e renderlo un’attività educativa significa trasformare un semplice passatempo in uno strumento molto potente. Mario Clementoni, da un garage di Recanati, l’aveva intuito nel 1963, quando diede vita all’azienda inventando il suo primo gioco da tavolo: La Tombola della Canzone, ispirato al festival di Sanremo.

“Il gioco è una cosa seria” ripeteva il fondatore, che oggi sarebbe orgoglioso di apprendere che la sua azienda, quasi al sessantesimo compleanno, viene guidata esattamente con la stessa filosofia. Che poi, in fondo, è anche il metodo più efficace per farsi spazio in questo segmento di mercato. Almeno a giudicare dai numeri: con un fatturato di 187 milioni di euro (relativo all’anno fiscale 20-21), 28 milioni di giochi venduti all’anno, sette linee di prodotto, 1.400 nuovi codici ogni anno, 600 dipendenti, nove filiali commerciali oltre all’headquarter in Italia (Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Portogallo, Belgio, Olanda, Turchia e Polonia), una filiale operativa a Hong Kong e 83 paesi raggiunti con l’export, Clementoni è alfiere del made in Italy in Europa e nel mondo.

Un posizionamento importante sancito da un 2021 chiuso nel migliore dei modi. Basti pensare che, mentre il mercato europeo del giocattolo ha segnato un +3% di crescita sul 2020, Clementoni ha raggiunto un aumento del 12%, posizionandosi come undicesimo player europeo e guadagnando due posizioni rispetto all’anno precedente. Una performance confermata in quasi tutti i principali paesi europei, con risultati particolarmente positivi in Francia, Germania e Regno Unito. “Dopo alcuni anni difficili, i risultati di vendita sono assolutamente positivi anche in Italia e ci portano ad essere la quarta azienda del mercato”, dice il direttore generale Guido Vingiani. “In definitiva, il 2021 ci restituisce dati di vendita globalmente più che buoni e con una proiezione del fatturato per l’anno fiscale 2021/22 (che si chiude a marzo) che per la prima volta supererà il traguardo dei 200 milioni di euro”.

Sulla base di questi numeri, l’azienda di Recanati si proietta verso sfide sempre nuove. Non a caso il 4% del fatturato viene destinato ogni anno all’attività di ricerca e sviluppo. L’innovazione ricopre infatti il ruolo di motore sistemico grazie a un team di esperti multi disciplinari, interni ed esterni all’azienda, che lavorano per generare idee, ispirare le altre strutture aziendali e provocare il cambiamento.

“È il cuore pulsante dell’azienda”, conferma Vingiani. “I nostri professionisti del giocattolo sono ragazzi con un’età media attorno ai trent’anni, per il 50% sono donne e sono laureati nelle discipline più varie: educatori, psicologi, designer, ingegneri, grafici e molti altri, suddivisi in aree dedicate alle diverse linee di prodotto, ma comunque tutti integrati in un’unica grande squadra, un melting pot di competenze capace di seguire ogni fase dello sviluppo, dal concetto al design, fino alla grafica. Poiché in Italia non esiste una ‘scuola del giocattolo’, questi giovani, che spesso arrivano da noi come neolaureati, si formano in azienda, realizzando, con l’esperienza sul campo, professionalità specialistiche uniche”. 

La ricerca sul campo, invece, è la mission dell’area test, composta da professionisti esperti della psicologia dell’età evolutiva. “Abbiamo creato un team interno che si occupa di creare momenti di confronto, discussione e test di prodotto in modo continuativo nel corso dell’anno. In tal senso, è fondamentale anche il dialogo con il mondo della scuola e quello degli insegnanti, una platea con la quale abbiamo rapporti solidi, sviluppati in oltre 100 scuole in Europa”. 

Perché il gioco, come affermava Mario Clementoni, è una cosa seria. E a proposito di sfide nuove, ce ne sono alcune che possono essere affrontate soltanto con tanto impegno e un basso tasso di divertimento. Tra queste l’aumento esponenziale del costo dei principali fattori produttivi, che nel corso degli ultimi 18 mesi ha subito tassi di crescita mai registrati in precedenza. Oppure le difficoltà negli approvvigionamenti dalla Cina. “Sono dovute a tre motivi: mancanza di componentistica elettronica, allungamento dei tempi di produzione e difficoltà a trovare container. Ci stiamo muovendo lungo diverse direttrici di azione. Lato prodotto stiamo rivedendo le nostre scelte make or buy, assieme ad un’attività di reengineering degli stessi (value analysis, ndr). Mentre sul fronte interno aziendale il focus è sul contenimento dei costi di struttura (riduzione del brek-even, ndr) e sulle tempistiche di sviluppo ed approvvigionamento dei prodotti”.

Poi c’è il mondo del digital, in cui l’azienda è entrata nel 2012 con la creazione dei Clempad, i primi veri tablet sviluppati a misura di bambino. “Questo primo lancio ci ha permesso di sviluppare competenze specialistiche anche nella realizzazione di contenuti digitali in grado di intercettare bisogni e desideri dei bambini”, commenta Vingiani. “Pur con la doverosa premessa che per noi il gioco rimane fondamentalmente ‘fisico’, oggi guardiamo con grande attenzione alle nuove tecnologie e al mercato delle app per bambini che in Europa sta misurando tassi di crescita annui a doppia cifra”.

E, infine, c’è la caduta generalizzata e incessante del tasso di natalità in tutti i principali paesi europei, compresa l’Italia. Una nazione in cui la domanda su alcune categorie di giocattoli sta subendo ripercussioni negative. Nemmeno la pandemia e il lockdown hanno arrestato questa tendenza. In particolare, durante la seconda ondata di contagi registrata tra ottobre e dicembre 2020, il numero delle nascite, in Italia, è diminuito del 7,7% rispetto allo stesso periodo del 2019 (fonte dati Istat).

“In tale contesto puntiamo a un coerente e necessario ampliamento del target verso i kidults, i giovani adulti, riportando il focus su linee storiche per l’azienda, e oggi più attuali e forti che mai, come i puzzle e i board games che, spinti anche dalla pandemia, hanno sperimentato negli ultimi anni tassi di crescita a due cifre”, conclude Vingiani. “E questo lo facciamo forti, ancora una volta, di una delle convinzioni di Mario Clementoni, il quale ripeteva che ‘Il gioco è una cosa seria e non bisognerebbe mai smettere di giocare, specialmente quando si diventa grandi’”.  

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