La missione “italiana” di Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, arriva fino al presidente del Consiglio Mario Draghi. I due hanno avuto un breve colloquio dopo che il rappresentante dell’amministrazione Biden ha incontrato il consigliere diplomatico di Palazzo Chigi Luigi Mattiolo. Ieri sempre a Roma Sullivan aveva avuto un faccia a faccia, in un albergo, con il responsabile Esteri del Partito comunista cinese Yang Jiechi. Ne sono uscite, in sostanza, le posizioni che ai piani più alti vengono registrate in queste ore.
La discussione tra Sullivan e Yang è durata 7 ore ed è stata definita “intensa“. Da una parte Sullivan ha espresso “in modo molto chiaro a Pechino le nostre preoccupazioni rispetto a un suo coinvolgimento” nella guerra in Ucraina e ribadire alla Cina “che qualsiasi tipo di supporto a Mosca – militare o economico – comporterà delle implicazioni”. Dall’altra Yang Jiechi ha sottolineato che la priorità per Pechino è la “massima moderazione” nella gestione della crisi, sottolineando l’importanza di proteggere i civili e di prevenire una crisi umanitaria. Per affrontare la crisi, aveva aggiunto Yang citato dalla Xinhua, la principale agenzia di stampa cinese, “bisogna andare all’origine del problema e rispondere alle legittime preoccupazioni di tutte le parti”. Non solo: Yang ha anche accusato gli Usa di “false informazioni per distorcere o screditare la posizione della Cina” rispetto alla crisi in Ucraina.
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E inevitabilmente il discorso è caduto su Taiwan: Pechino, ha detto Yang, esprime “profonda preoccupazione” e “ferma opposizione” alle “parole e alle azioni sbagliate” degli Stati Uniti sulla questione di Taiwan, avvertendo che “qualsiasi tentativo di condonare e sostenere le forze separatiste” dell’isola “non avrà mai successo”.
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Peter Gomez
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