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Colpito un caseggiato di nove piani: 2 morti e 9 feriti: «Qui ci vivevano 500 persone, sono scappati quasi tutti». Colpi anche sulla fabbrica ex sovietica degli Antonov
dal nostro inviato
KIEV — Per raccontare questa lunga giornata d’assedio e mobilitazione nella capitale ucraina partiamo dalla grande fabbrica di aerei Antonov nei quartieri occidentali. È qui, infatti, che ieri mattina i missili russi hanno colpito poco prima delle cinque, uccidendo due persone, tra i capannoni eretti quando il Paese era ancora una provincia sovietica per costruire i cargo più grandi del mondo. L’intera zona è off limits, le guardie della fabbrica allontanano brutalmente i giornalisti, vietato fare fotografie, attorno si notano piccoli presidi di volontari armati della difesa civile. Dall’esterno non si vede alcun segno di danni o incendi. Ma i civili che abitano nelle vicinanze confermano che le esplosioni sono state almeno due e molto forti. «La mia villa è situata una cinquantina di metri dal recinto della Antonov. Il rombo è stato assordante, le nostre finestre al primo piano sono andate in frantumi e il terreno ha vibrato come fosse un terremoto. Adesso ho deciso di allontanare moglie e figli che hanno paura di andare a letto. Resterò soltanto io di guardia alla casa», ci dice Dimitri, che ha cinquant’anni e sino al 24 febbraio faceva l’agente immobiliare.
Il condominio
Molto più visibili e drammatiche sono invece le conseguenze della massiccia esplosione che, più o meno in concomitanza a quelle nella Antonov, investe un massiccio caseggiato a nove piani nel quartiere di Obolon, nelle zone settentrionali della capitale, che sono molto vicine alle prime linee russe. Andando sul posto appare subito evidente che non vi è alcun obbiettivo militare nelle vicinanze, le vittime sono civili: due morti e nove feriti, secondo gli addetti all’ambulanza che sostano nel parcheggio. Tutta la parte frontale del palazzone è devastata dalle schegge, neppure una finestra appare intatta, almeno metà dei 144 appartamenti risulta ormai inabitabile. «Le vittime sono poche per il semplice fatto che gran parte degli abitanti è sfollato. Qui vivono almeno 500 persone in tempi normali, se ci fossero state sarebbe stato un massacro. Io stesso avevo mandato mia moglie e mio figlio in un bunker sotto la chiesa ortodossa in centro. I nostri vicini di pianerottolo bivaccano ormai nelle stazioni del metrò. Queste case sono del periodo sovietico, vennero erette al risparmio, con trombe delle scale strette e cantine poco sicure contro le bombe. Nessuno le ha organizzate a bunker. Oltretutto noi tutti sappiamo bene di essere sulla linea del fuoco. Qui davanti, una decina di chilometri più verso nord, sono posizionate le artiglierie, i missili e mortai di Putin. Quando inizierà il grande bombardamento sarà bene non stare da queste parti», spiega il 55enne Costantino Yurchyk, che fa il guardiano nella scuola vicina, ma la sua abitazione si trova al quinto piano del palazzo devastato. I pochi abitanti rimasti nel quartiere ieri a metà mattina andavano a vedere il luogo dell’esplosione. I parchi vicino al campo da calcio erano puntellati di rottami. Ma i discorsi della 69enne Vira e della 79enne Katerina restavano più fermi che mai. «Il nostro esercito è forte. I soldati sono capaci di fermare i russi. Ma voi amici della Nato dovreste aiutarci a controllare i cieli del nostro Paese. Noi vogliamo la pace, ma deve essere una pace dignitosa», ci hanno detto.
Le ipotesi
Tra i colleghi della stampa estera c’è qualcuno che avanza l’ipotesi che il palazzo sia stato investito dai rottami di un missile russo abbattuto dai razzi terra-aria ucraini. Il dubbio permane. Ma per un soldato della difesa locale la logica russa è invece molto semplice: «Stanno aggiustando i tiri delle artiglierie in vista del grande assalto. Sarà terribile, colpiranno a casaccio, non faranno differenza tra bambini, donne, anziani o soldati. E comunque mirano a terrorizzare i civili, lo fanno già a Mariupol, Kharkiv e dovunque incontrano aree urbane, non vedo perché non debba avvenire a Kiev».
L’esplosione
La narrativa del missile colpito in aria e precipitato sulle aree civili è invece evidente per il terzo episodio di guerra nella cerchia urbana di Kiev ieri. Attorno alle 11 della mattina i social locali mettono in allarme su di una grande esplosione nel quartiere di Kurenivka, nelle periferie di nord-ovest, non lontano dall’alta torre della radio-televisione nazionale colpita una decina di giorni fa. «Stavo andando a fare la spesa nel supermercato quando dal cielo è piombato un rottame incandescente che ha investito il filobus», ci spiega Svetlana Hudain, estetista 53enne. Anche in questo caso una strage maggiore viene sventata semplicemente per il fatto che la città è semivuota e gran parte dei rimasti preferisce restare in casa o nei rifugi. «Io spero e prego ogni notte che qualcuno assassini Putin, sarebbe il modo più veloce per terminare questa guerra assurda», aggiunge.
Le sirene continue
Durante la giornata i nostri spostamenti sono stati accompagnati dal rombo della battaglia che da nord continua ad espandersi verso i quartieri periferici occidentali e orientali. A tratti i colpi delle cannonate erano inframmezzati da quelli intensi e nervosi dei tiri di razzi tipo Grad. Le sirene hanno suonato almeno cinque volte. Il Pentagono mette in guardia che, nonostante gli evidenti successi degli ucraini, Putin possiede ancora il 90 per cento delle truppe e dei mezzi entrati in Ucraina dal 24 febbraio.
15 marzo 2022 (modifica il 15 marzo 2022 | 08:28)
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