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Oggi, sabato 12 marzo, ci sono le elezioni presidenziali in Turkmenistan, paese dell’Asia centrale di circa 5,6 milioni di abitanti governato da uno dei regimi più autoritari del mondo. Sono elezioni anticipate, indette a febbraio per volere dell’attuale presidente, Gurbanguly Berdymukhamedov, che governa dal 2006 senza una reale opposizione: con ogni probabilità il suo successore sarà suo figlio, Serdar Berdymukhamedov, del Partito Democratico del Turkmenistan, ovvero quello che ha sempre sostenuto suo padre.
I candidati sono nove, alcuni proposti da partiti politici e altri da iniziative di cittadini, ma quelle di sabato saranno, di fatto, elezioni senza competizione.
Come ha scritto Radio Free Europe/Radio Liberty, otto dei nove candidati sono totalmente «sconosciuti»: di loro e dei loro programmi non è stato detto praticamente nulla, né sui media locali né sugli stessi siti dei partiti politici che li hanno proposti. La campagna elettorale sembra essere stata più che altro una celebrazione della candidatura di Serdar Berdymukhamedov: le sue visite ufficiali in giro per il paese hanno ricevuto un’enorme visibilità e grandi preparazioni e allestimenti da parte delle autorità locali.
In altre parole, come ha scritto The Diplomat, queste elezioni inaugurano in realtà una «successione dinastica», in cui «nessuno si aspetta seriamente che qualcuno che non sia Serdar diventi il prossimo presidente turkmeno».
In Turkmenistan, ex repubblica sovietica indipendente dal 1991, non c’è un autentico sistema multipartitico, le elezioni non rispettano gli standard internazionali di trasparenza e il sistema politico – una repubblica presidenziale che nel concreto è una dittatura – è estremamente centralizzato sulla figura del presidente, che nei suoi 16 anni di governo ha introdotto sempre più limitazioni alle libertà civili.
Berdymukhamedov ha indetto le elezioni con due anni di anticipo rispetto a quando si sarebbero dovute tenere, senza dare spiegazioni sul perché. In un discorso tenuto l’11 febbraio, durante una seduta straordinaria del parlamento turkmeno, aveva detto che era ora di lasciare il posto ai «giovani leader»: tre giorni dopo si era candidato suo figlio, che aveva compiuto da poco i 40 anni, l’età minima prevista per diventare presidente in Turkmenistan (il mandato presidenziale dura 7 anni).
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Di Serdar Berdymukhamedov si sa abbastanza poco: ha studiato agraria in Turkmenistan e poi relazioni internazionali, prima a Mosca e poi a Ginevra. Ci si aspetta che governerà in maniera simile al padre, che è di fatto l’artefice della sua carriera politica, iniziata nel 2016 come parlamentare e arrivata molto rapidamente ai vertici dello stato.
Nel 2018 infatti Serdar Berdymukhamedov è diventato vice ministro degli Esteri e sei mesi dopo vice governatore della provincia di Ahal; nel 2019 è stato nominato ministro dell’Industria e nel 2020 vice presidente del gabinetto, che in Turkmenistan è praticamente la terza carica dello stato. Ci sono il presidente e il vicepresidente, e poi appunto sei “vice presidenti del gabinetto”: il presidente è anche il capo del governo, mentre i vice presidenti del gabinetto vengono prima dei ministri e occupano la posizione che in Italia avrebbe un primo ministro.
In questi pochi anni Serdar Berdymukhamedov ha avuto anche altri incarichi: è stato membro del Consiglio di sicurezza statale, l’organo nazionale che si occupa della difesa, e capo della Camera suprema di controllo, che si occupa della spesa pubblica.
Dal padre verosimilmente erediterà un paese povero, corrotto, con gravi problemi di disoccupazione ed economicamente molto dipendente dalla Cina, con cui il Turkmenistan ha peraltro contratto un grosso debito. La Cina infatti aveva finanziato un gasdotto tra i due paesi, ma l’economia turkmena era poi entrata nella grave crisi in cui si trova tuttora.
Il Turkmenistan sostiene oggi di aver ripagato il proprio debito verso la Cina, senza però aver reso pubblico alcun dato per dimostrarlo.
Gurbanguly Berdymukhamedov rimarrà comunque membro del Senato, organo creato per suo stesso volere nel 2020. Non è ancora chiaro con quali modalità continuerà ad agire, e quanto continuerà a influenzare gli altri membri e organi del governo, né quali effetti avrà il cambio della presidenza sulla stabilità del paese.
Nell’immediato futuro il Turkmenistan potrebbe avere qualche inaspettato beneficio economico dalla guerra in corso in Ucraina: con le durissime sanzioni economiche imposte dall’Occidente, scrive il sito Eurasia.net, la Russia ha infatti rimosso molte restrizioni alle importazioni da una serie di paesi limitrofi, tra cui proprio il Turkmenistan.
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