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Ho intercettato la mail inviata da un importante operatore di mercato a un noto commentatore: per correttezza (ehm) non rivelerò il nome del mittente, né quello del destinatario. Fra le tante analisi lette e ascoltate in queste ore ho trovato particolarmente originale, onesta – quasi crudele – e centrata proprio quella di chi ha scelto di confrontarsi col vecchio amico e – per errore? – mi ha messo in copia. La mia opinione sul fallimento della Nazionale l’ho già espressa con un titolo, un articolo e un video, posso aggiungere che sottoscrivo le riflessioni tecnico-emozionali di Barbano e Polverosi esposte in questo giornale (“Grato e perdi”). Sottolineo inoltre che dopo la prima fase, o dello shock, del turbamento, mi ritrovo a guardare al futuro con l’atteggiamento di sempre, dell’italiano convinto di conoscere gli italiani. Soprattutto quelli che fanno calcio.
“Caro xyz, appartengo ai mercanti del tempio ma, come ben sai, ho tutt’altra origine” scrive il Nostro. “Da anni mi batto perché il nostro movimento recuperi un elemento indispensabile: la competenza. Competenza che è andata via via sparendo a favore della commercializzazione di tutto ciò che può produrre reddito o, ancor peggio, guadagno. Oltre alla competenza, manca la sincerità da parte della stragrande maggioranza dei commentatori.
“Non è vero che la nostra crisi si racchiude nei due Mondiali mancati, gli ultimi due che abbiamo giocato sono stati altrettanto ‘gratificanti’ (…) per il nostro movimento: fuori ai gruppi! Non possiamo scordarlo. L’Europeo di luglio è stato una colossale menzogna che nessuno ha avuto il coraggio dì sottolineare.
“Abbiamo vinto (grazie al regalo inglese) un torneo mediocre con una squadra mediocre. Non pretendevo certo che si dovessero cancellare i festeggiamenti, ma speravo che qualcuno dicesse la verità. Da anni spacciamo per campioni i Balotelli e potrei continuare con una lista infinita, mentre la verità è che dopo la generazione dei Pirlo, di campioni non c’è più stata traccia.
“Sono anni che anche al presidente federale (che stimo) denuncio due problematiche a mio parere centrali nella nostra crisi: 1) gli allenatori dei settori giovanili non lavorano più con il fine di creare i nuovi Pirlo, ma con il solo obiettivo di divenire loro i nuovi Ancelotti o Guardiola. Il risultato diventa la priorità, non la crescita del singolo. Ci vogliono carriere separate come in magistratura. 2) Il mancato rispetto del divieto di corrispondere denaro alle famiglie dei giovani talenti (15-16-17 anni) ha distrutto gli equilibri nelle famiglie stesse. I padri smettono dì lavorare pensando che il loro bimbo possa essere la soluzione di tutti i problemi, e il bimbo si trova schiacciato da responsabilità abnormi per la sua struttura mentale di adolescente. Il guadagno diventa motore trainante di tutto, invece dì essere il traguardo finale, la conseguenza di quanto hai dimostrato sul campo.
“Se a questo aggiungi che dopo appena due gol, magari fortunosi, i media ti candidano alla Nazionale maggiore, che i miei colleghi soffiano sul fuoco invece dì portare equilibrio e che i social con il loro carico dì brave ragazze che cercano marito… vabbeh, se aggiungi tutti questi elementi ti ritrovi con Ibra che gioca a 40 anni, con Quagliarella, Pandev, Chiellini titolari e senza ricambi a incalzarli.
“Da anni mi domando: chi si sveglia al mattino sentendo il peso della responsabilità dì un movimento in cui non nasce un campione vero da più dì 30 anni? Non sono ancora riuscito a darmi una risposta. Ti abbraccio con la stima dì sempre e scusandomi per il tempo che ti ho rubato”.
Un piccolo furto – lo confesso – l’ho commesso io e non me ne pento: ma il “bottino”, la testimonianza di dentro, lo meritava. Le accuse rivolte ai media? Tutti, prima o poi, trovano ottime ragioni per tacere, deformare, nascondere le verità più scomode.
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