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La celebrazione solenne di Francesco a San Pietro: «Abbiamo dimenticato la lezione delle tragedie del secolo scorso, il sacrificio di milioni di caduti nelle guerre mondiali»
CITTÀ DEL VATICANO Dopo aver parlato, Francesco rimane a pregare a lungo in silenzio, gli occhi chiusi, la mano destra a coprire il viso. «Dio ha cambiato la storia bussando al Cuore di Maria. E oggi anche noi, rinnovati dal perdono di Dio, bussiamo a quel Cuore. In unione con i vescovi e i fedeli del mondo, desidero solennemente portare al Cuore immacolato di Maria tutto ciò che stiamo vivendo: rinnovare a lei la consacrazione della Chiesa e dell’umanità intera e consacrare a lei, in modo particolare, il popolo ucraino e il popolo russo, che con affetto filiale la venerano come Madre». È il giorno dell’Annunciazione, che il Papa ha scelto per l’ atto di «consacrazione e affidamento» alla Madonna nella Basilica di San Pietro, una preghiera planetaria per la pace che unisce tutte le diocesi del mondo, anche Benedetto XVI segue la cerimonia dal monastero vaticano Mater Ecclesiae. «Non si tratta di una formula magica, ma di un atto spirituale», spiega Francesco. «È il gesto del pieno affidamento dei figli che, nella tribolazione di questa guerra crudele e insensata che minaccia il mondo, ricorrono alla Madre – come i bambini, quando sono spaventati, vanno dalla mamma a piangere, a cercare protezione – gettando nel suo Cuore paura e dolore, consegnando se stessi a lei».
Sia l’Ucraina sia la Russia: la diplomazia spirituale di Francesco, rivolta ai popoli. «In quest’ora l’umanità, sfinita e stravolta, sta sotto la croce con te… Il popolo ucraino e il popolo russo, che ti venerano con amore, ricorrono a te, mentre il tuo Cuore palpita per loro e per tutti i popoli falcidiati dalla guerra, dalla fame, dall’ingiustizia e dalla miseria». Nell’omelia c’è una frase significativa: «Qualcuno ha detto che un cristiano senza amore è come un ago che non cuce: punge, ferisce, ma se non cuce, se non tesse, se non unisce, non serve. Oserei dire: non è cristiano». Dall’inizio del pontificato, Bergoglio denuncia la «guerra mondiale combattuta a pezzi» in corso, e il rischio che i pezzi finiscano per saldarsi. Nell’atto di consacrazione si prega: «Accogli, o Madre, questa nostra supplica. Estingui l’odio, placa la vendetta, insegnaci il perdono. Liberaci dalla guerra, preserva il mondo dalla minaccia nucleare». Il mondo ha «smarrito la via della pace», si dice: «Abbiamo dimenticato la lezione delle tragedie del secolo scorso, il sacrificio di milioni di caduti nelle guerre mondiali. Abbiamo disatteso gli impegni presi come Comunità delle Nazioni e stiamo tradendo i sogni di pace dei popoli e le speranze dei giovani. Ci siamo ammalati di avidità, ci siamo rinchiusi in interessi nazionalisti, ci siamo lasciati inaridire dall’indifferenza e paralizzare dall’egoismo».
Francesco si è confessato e poi ha confessato sei fedeli. «Se vogliamo che il mondo cambi, deve cambiare anzitutto il nostro cuore». Nella Basilica c’è il Crocifisso di San Marcello al Corso, che nel 1522 attraversò le strade di Roma perché finisse la «Grande Peste» e la devozione popolare considera miracoloso: lo stesso Crocifisso che il Papa volle con sé due anni fa, il 27 marzo 2020, la sera storica nella quale pregò da solo, in una piazza San Pietro vuota, per chiedere la fine della pandemia. C’è anche la statua della Madonna di Fatima, cui si ricollega l’atto di consacrazione: nel santuario protoghese, in contemporanea, la stessa celebrazione è guidata dal cardinale Konrad Krajewski, già inviato da Francesco in Ucraina. Nell’omelia, il Papa sospira: «In questi giorni notizie e immagini di morte continuano a entrare nelle nostre case, mentre le bombe distruggono le case di tanti nostri fratelli e sorelle ucraini inermi. L’efferata guerra, che si è abbattuta su tanti e fa soffrire tutti, provoca in ciascuno paura e sgomento. Avvertiamo dentro un senso di impotenza e di inadeguatezza». Come Maria davanti all’angelo, nel racconto evangelico dell’Annunciazione, «abbiamo bisogno di sentirci dire “non temere”». Gli uomini, però, non ce la fanno: «Non bastano le rassicurazioni umane, occorre la presenza di Dio, la certezza del perdono divino, il solo che cancella il male, disinnesca il rancore, restituisce la pace al cuore. Ritorniamo a Dio, al suo perdono». Francesco ripercorre il racconto evangelico. «Maria non solleva obiezioni. Le basta quel non temere, le basta la rassicurazione di Dio. Si stringe a Lui, come vogliamo fare noi stasera». La terza frase dell’angelo a Maria è: «Lo Spirito Santo scenderà su di te» Il Papa spiega: «Ecco come Dio interviene nella storia: donando il suo stesso Spirito. Perché in ciò che conta non bastano le nostre forze. Noi da soli non riusciamo a risolvere le contraddizioni della storia e nemmeno quelle del nostro cuore. Abbiamo bisogno dello Spirito d’amore, che dissolve l’odio, spegne il rancore, estingue l’avidità, ci ridesta dall’indifferenza. Quello Spirito che ci dà l’armonia, perché Lui è l’armonia. Abbiamo bisogno dell’amore di Dio perché il nostro amore è precario e insufficiente. Senza amore, infatti, che cosa offriremo al mondo?». Maria risponde all’Angelo: «Avvenga per me secondo la tua parola». Francesco conclude: «Quella della Madonna non è un’accettazione passiva o rassegnata, ma il desiderio vivo di aderire a Dio, che ha “progetti di pace e non di sventura”. È la partecipazione più stretta al suo piano di pace per il mondo. Ci consacriamo a Maria per entrare in questo piano, per metterci a piena disposizione dei progetti di Dio. La Madre di Dio prenda oggi per mano il nostro cammino: lo guidi attraverso i sentieri ripidi e faticosi della fraternità e del dialogo, sulla via della pace».
25 marzo 2022 (modifica il 25 marzo 2022 | 20:27)
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