Sab. Nov 23rd, 2024

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Lunedì la fondazione dei memoriali dei campi di concentramento di Buchenwald e Mittelbau-Dora ha annunciato la morte di Boris Romanchenko, 96enne ucraino sopravvissuto a quattro diversi campi di concentramento nazisti. Secondo quanto riferito da sua nipote, Romanchenko è morto nella sua casa di Kharkiv, bombardata dall’esercito russo. Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha commentato l’accaduto dicendo che Romanchenko è «sopravvissuto a Hitler, ucciso da Putin».

Boris Romanchenko era piuttosto noto tra chi si occupava di memoria dell’Olocausto: tra le altre cose, era il vice presidente della fondazione dei memoriali dei campi di concentramento di Buchenwald e Mittelbau-Dora, che annunciando la sua morte ha detto che Romanchenko aveva «lavorato intensamente per la memoria dei crimini nazisti».

Romanchenko era nato il 20 gennaio del 1926 a Bondari, vicino a Sumy, città ucraina che come Kharkiv, quella in cui è morto, è sotto attacco dell’esercito russo da giorni. Il Times of Israel scrive che non era ebreo, ma che fu internato ancora 16enne come prigioniero dai nazisti nell’ambito della generale repressione della popolazione ucraina durante l’occupazione cominciata nel 1941. Miriam Moskovitz, moglie dello storico rabbino di Kharkiv Moshe Moskovitz, ha detto che Romanchenko non era registrato nella comunità ebraica della città.

Nel 1942, Romanchenko fu deportato nel campo di concentramento di Dortmund, in Germania, dove fu costretto ai lavori forzati nei sotterranei. Tentò poi di scappare, ma fu catturato e nel 1943 venne deportato in un altro campo di concentramento nazista, a Buchenwald.

A Buchenwald furono uccise circa 56mila persone, ma Romanchenko sopravvisse, e fu poi mandato a Peenemünde, in un centro militare tedesco in cui migliaia di prigionieri venivano impegnati nella costruzione di armi. Romanchenko, in particolare, fu assegnato alla costruzione del missile V2, considerato il primo missile a lungo raggio della storia, ampiamente utilizzato dalla Germania nelle ultime fasi della Seconda guerra mondiale e noto anche come “arma della vendetta” (dal suo nome per intero, Vergeltungswaffe 2). Dopo essere passato per Peenemünde, Romanchenko fu deportato in altri due campi di concentramento nazisti, sempre in Germania: quello di Mittelbau-Dora e quello di Bergen-Belsen.

Negli ultimi anni, Romanchenko aveva in varie occasioni partecipato a commemorazioni pubbliche dell’Olocausto. Nel 2012 era tornato a Buchenwald, in occasione dell’anniversario della liberazione del campo da parte dell’esercito americano, e aveva pubblicamente recitato il giuramento di Buchenwald, un discorso commemorativo scritto dai primi sopravvissuti del campo e recitato, in varie lingue, nelle occasioni commemorative.

Dall’inizio della guerra, il presidente russo Vladimir Putin sta presentando l’invasione come un’operazione necessaria a «denazificare» l’Ucraina, accusata di portare avanti un presunto «genocidio» della popolazione filorussa. La morte di Romanchenko – come il danneggiamento, a causa dei bombardamenti russi, del sito di Babyn Yar (o Babi Yar), il memoriale della Shoah che ricorda una strage nazista a Kiev – ha nuovamente attirato l’attenzione sulle falsità e le distorsioni storiche alla base della propaganda russa.

La fondazione di cui Romanchenko era vice presidente esiste dal 2003 e insieme a numerose altre, oltre a conservare la memoria dell’Olocausto, ha stabilito una rete di aiuti a chi, in Ucraina, ha subìto le persecuzioni naziste. Secondo l’organizzazione non profit The Blue Card, che ha sede negli Stati Uniti e si occupa di dare assistenza economica ai sopravvissuti dell’Olocausto che ne hanno bisogno, in Ucraina ce ne sono circa 10mila. Secondo vari studiosi, tra l’altro, l’Ucraina fu, insieme ad altre repubbliche sovietiche, il luogo in cui ebbero inizio le persecuzioni naziste contro gli ebrei durante la Seconda guerra mondiale.

– Leggi anche: Cosa fu il massacro di Babyn Yar a Kiev



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