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A volte ritornano. La guerra in Ucraina ha riacceso vecchie polemiche e mostrato nervi scoperti. Ricordate l’epoca del governo Conte II? Nei primi giorni dell’epidemia da coronavirus, mentre la Germania bloccava l’esportazione dei dispositivi medici e l’Ue tentennava, Vladimir Putin si sentì al telefono con l’allora premier pare anche per concordare una missione umanitaria russa in territorio italiano. “Dalla Russia con amore“, era il titolo di quel viaggio del marzo 2020. Dieci giorni in cui gli uomini dello Zar si impegnarono di sicuro ad aiutare i medici italiani e a disinfettare le Rsa, ma chissà forse fecero anche dell’altro. Qualcuno parla di spionaggio. Altri di indagini sull’epidemia. Altri ancora addirittura del dna di un russo contagiato che avrebbe permesso a Mosca di sviluppare il vaccino Sputnik. Per il direttore del dipartimento europeo del ministero degli esteri russo, Alexei Paramonov, che ha attaccato nei giorni scorsi il ministro Guerini, si trattò solo di “compassione”. Per Enrico Letta e Giorgio Gori forse anche di altro. Di certo, in realtà, c’è ancora poco, se non alcuni tasselli del puzzle che possiamo provare a ricomporre.
La missione russa in Italia
Quella missione era composta da 104 persone, tra cui militari, 28 medici, 4 infermieri e due civili, Natalia Y. Pshenichnaya e Aleksandr V. Semenov, due tra i massimi epidemiologi russi (aggiunti “a penna” nella lista degli ospiti ufficiali). Lo sbarco dei 9 aerei carichi di materiali e operatori avviene il 22 marzo del 2020, in piena crisi epidemica, con lo scopo di supportare i medici italiani nella lotta al coronavirus. Ad attendere i russi a Pratica di Mare c’è il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, oggi durissimo contro l’aggressione russa a Kiev. Sullo scopo della missione gli interrogativi si sprecano: perché Putin spedì aiuti sanitari? Per rafforzare il legame con l’Italia? Per “compassione”? Per propaganda e soft power? Oppure per raccogliere dati sul campo? Di sicuro, come rivelato dal Giornale, da quella missione uscì un report molto duro nei confronti dell’allora governo italiano. E che oggi vale la pena rileggere alla luce degli attacchi russi contro il ministro Guerini.
Il report russo
A firmare il dossier furono i due epidemiologi, Pshenichnaya e Semenov, inviati al seguito dei soldati. Il resoconto è un quadro a tinte fosche dell’operato del Conte II nella prima fase dell’epidemia. Si parla di ritardi nell’introdurre misure restrittive e di “errori di calcolo” che hanno dato alla tragedia del virus “i connotati della catastrofe”. Emerge la totale “carenza di letti, ventilatori, personale, dispositivi di protezione individuale e altre risorse”. Ma anche il “collasso il sistema sanitario“. I russi raccontano di “pazienti sdraiati a terra su materassi”, di problemi per partorire o trovare assistenza medica. Viene criticata la scelta di richiamare in servizio i medici in pensione “facendo loro rischiare la vita”, ma anche quella di introdurre gli specializzandi troppo inesperti. “La parte fragile della popolazione – si legge – non è stata assistita in tempo a causa della mancanza di posti letto e di personale ben addestrato”. Insomma: secondo i russi “il numero totale di casi e decessi” in Italia nella prima ondata non può essere “spiegato semplicemente dall’epidemia”. Tra le cause ci furono anche errori strategici, ritardi nell’attuare le zone rosse ed errori nell’allocazione delle risorse. Un disastro, anche agli occhi dei moscoviti.
È probabile che dietro l’offensiva di questi giorni, come scrive ilGiornale, ci sia il fatto che Mosca si senta “tradita” da una nazione che ha sempre mantenuto aperto il dialogo. L’invasione in Ucraina e le sanzioni economiche hanno rotto una “amicizia” già traballante. E che forse quel duro report contro la gestione Conte-Sperenza (e Guerini) non aiutò a rendere più solida.
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