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L’aumento dei contagi in Italia e in Europa, dopo che il superamento del picco di Omicron aveva fatto tirare un sospiro di sollievo, pone nuove domande sulla contagiosità e l’eventuale maggiore aggressività (ancora da provare) delle varianti 2 e 3 della stessa mutazione. Che a oggi come spiega al Fattoquotidiano,it, il professore Massimo Clementi, professore ordinario e direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, non hanno ancora conquistato quel terreno che invece la versione originale era riuscita a prendersi in “sole due settimane” dalla sua comparsa soppiantando Delta. Certo è che le due versioni più recenti della variante, rilevata per la prima volta in Sudafrica e Botswana, sembrano provocare apparentemente una malattia più grave.
Omicron 2 e 3 sono più pericolose della prima versione?
No, perché si deve tenere presente quello che oggi dal punto di vista clinico deriva da questa infezione, cioè poco al momento, perché la pressione sulle strutture ospedaliere è stabile. Oggi è cambiato il paradigma. La pressione sul sistema sanitario è stata modificata dalla variante Omicron, che è sì più diffusiva ed è vero che infetta anche persone che possono avere una copertura vaccinale completa con tre dosi, però l’impatto clinico è modesto. Una caratteristica delle varianti Omicron è quella di infettare bene le cellule dell’albero respiratorio superiore: naso, faringe e le prime vie della laringe. Al contempo infetta meno le vie aeree respiratorie inferiori e cioè i piccoli bronchi e gli alveoli polmonari. Da questo si intuisce perché questo virus è in grado di dare delle riniti, delle faringiti e molto meno delle bronchiti o delle polmoniti. E questo è oggettivamente un bene.
C’è una differenza di sintomi e di intensità ovvero più tosse e mal di gola forte e febbre che dura di più
Sì, ma questo non significa che la malattia sia più grave proprio perché il virus non raggiunge bronchi e polmoni.
Non bisogna quindi allarmarsi
Ci si potrebbe preoccupare nel momento in cui si riconoscesse che il virus muta di nuovo e che invece di questa evoluzione con la variante Omicron prende un’altra strada, tornando alla Delta o varianti simili ai predecessori della Delta. Allora sì che dovremmo ritenere che cambia di nuovo l’evoluzione e l’adattamento all’uomo di questo virus. Lo ritengo meno probabile. Ma finché questo non avverrà, no. Se l’evoluzione virale continuerà così si andrà verso una endemizzazione del virus.
Dall’Australia però arrivata la notizia di uno studio in cui si è osservato che l’uso dell’unico anticorpo attualmente funzionante contro Omicron genera mutazioni.
Questo è purtroppo vero. Ma abbiamo gli antivirali e ovviamente la vaccinazione. E anche nuovi monoclonali attivi contro Omicron al momento in corso di sviluppo.
Moderna nei giorni scorsi ha annunciato la fase 2 del vaccino bivalente e si continua il dibattitto sulla quarta dose. Lei cosa ne pensa?
Molto probabilmente le persone fragili e gli anziani dovranno fare una vaccinazione. Ugualmente più avanti dovrà essere valutata per la popolazione in generale e il personale sanitario. La speranza è che diventi un virus che come l’influenza è legato alla stagione invernale.
I ricercatori di Yale hanno messo a punto un vaccino spray, presentato in uno studio preliminare, che funziona sui topi e incide sulla immunità delle mucose. Una sorta di barriera
Ho letto quello studio, è interessante soprattutto perché questo vaccino potrebbe indurre anticorpi mucosali della classe IgA, importanti per bloccare il virus nella sua porta d’ingresso. Ma passerà del tempo prima che si possa dire quanto e se funziona davvero.
Alcuni paesi europei hanno eliminato il Green pass e le mascherina. Cosa ne pensa?
Non metterei tutto sullo stesso piano. Il Green pass l’ho inteso come un invito a vaccinarsi a coloro che erano indecisi per potere fare alcune attività come andare al cinema, al ristorate o in palestra. Con un’altissima percentuale di persone vaccinate non si percepisce questa necessità e può essere eliminato. Credo, anzi spero che le mascherine resteranno nella nostra cultura anche in futuro, ormai. A mio avviso, quando l’epidemia di Sars-CoV-2 auspicabilmente terminerà e il problema con cui dovremo fare i conti tornerà ad essere l’influenza stagionale, sono convinto che vedremo in metro e sugli autobus diverse persone indossarle. E non saranno più, come succedeva prima dell’emergenza Covid, solo turisti giapponesi. Due anni fa l’influenza non l’abbia vista per questo motivo e quest’anno tranne piccoli focolai ne abbiamo vista poca.
Un altro tema di cui invece si parla poco è l’importanza del sequenziamento. Quanto è importante per proteggerci in futuro.
Importantissimo. Sono necessari laboratori sentinella che ci consentono di controllare l’interfaccia uomo-ambiente-animale da dove partono gran parte delle nuove infezioni dell’uomo. Ovviamente non solo relative ai coronavirus. Recentemente c’è stato un aumento dei casi di infezione dal virus H5N1, ovvero l’influenza aviaria che colpisce sia gli uccelli selvaggi che di allevamento. Fino ad oggi ci sono stati casi di infezione tra il nord Africa, l’Asia e l’Italia, ma si è trattato fortunatamente di una zoonosi, ovvero una trasmissione del virus dall’animale all’uomo. Non ci sono stati ancora casi di trasmissione interumana, ovvero da uomo a uomo. Se il virus dovesse adattarsi all’uomo, il rischio sarebbe quello di una nuova pandemia. Nove dei nuovi dieci scoperti negli ultimi dieci anni sono di origine animale.
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