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Ancora poco chiaro il ruolo da «interprete» del magnate. Peskov ne smentisce l’avvelenamento Kuleba ai negoziatori: non mangiate e non bevete
Stanno tutti bene. Almeno così sembra. Roman Abramovich appare di prima mattina nel salone del Palazzo Dolmabahce di Istanbul per un colloquio con il presidente Tayyip Erdogan, al quale partecipa anche il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu. Non proprio quel che si dice una posizione defilata. Perché gli interlocutori sono i due uomini che stanno portando avanti da settimane questo tentativo di mediazione. A un certo punto, all’oligarca russo scappa anche un sorriso, un evento raro quando non è legato a questioni calcistiche.
A dare notizia per prima della sua presenza è l’agenzia russa RIA Novosti, la voce dell’ufficialità. Quasi un modo per sottolineare la vicinanza del Cremlino a quella che resta una persona di fiducia. Inutile cercare i segni del presunto avvelenamento sul volto dell’uomo d’affari, imperscrutabile e defilato come è sempre stato. Quando iniziano i colloqui, la televisione turca lo inquadra mentre siede a un tavolo laterale, intento ad ascoltare una traduzione simultanea, in compagnia di Ibrahim Kalihn, addetto stampa di Erdogan.
Dmitrij Peskov, che invece è la voce di Vladimir Putin, ha bollato il tentativo di avvelenamento come «falso», definendolo uno stratagemma tipico dell’informazione di guerra. Possibile che sia così, anche se il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba si è premurato di avvertire i suoi negoziatori seduti al tavolo con la controparte russa di non bere o mangiare insieme a loro. «Se possibile, evitate anche di toccare qualunque superficie» ha detto. E non sembrava una battuta.
Che sia verità o semplice propaganda, sia Mosca che Kiev ne hanno smentito l’esistenza, l’attentato del quale sarebbe stato vittima Abramovich insieme ad altri tre delegati ucraini ha acceso un faro sulla sua figura, ancora più enigmatica del solito. E sul suo ruolo in trattative alle quali tutti guardano con molta apprensione.
L’ambasciatore ucraino nel Regno Unito Vadym Pristaiko ne ha preso le distanze in modo netto, come se il fatto che è stato V
olodymyr Zelensky in persona a chiederne il coinvolgimento fosse un dettaglio da nulla. Non è uno dei nostri, ha detto alla Bbc. «Non ho alcuna idea di quel che sta facendo o che sta rivendicando, ma so che non fa parte delle delegazioni chiamate a negoziare». Anche Peskov ha spiegato per la prima volta la presenza dell’oligarca, con parole che lasciano aperta ogni possibile interpretazione. «Si è impegnato a garantire alcuni contatti tra la parte russa e quella ucraina. Non è un membro ufficiale della delegazione. Tuttavia, è presente anche dalla nostra parte a Istanbul».
Abramovich figlio di nessuno conviene a tutti, questa è la verità. Russia e Ucraina lo stanno proteggendo sminuendo l’importanza della sua presenza, perché serve ad entrambi i governi. Oggi, e forse anche in un futuro dopoguerra. Gleb Pavlosky, che fino al 2011 fu consigliere politico di Putin e conosce bene il magnate russo, sostiene che stia svolgendo un compito da interprete. «In questa fase, mi sembra l’unico capace di filtrare i proclami propagandistici per tradurli in linguaggio diplomatico e quindi in proposte concrete». L’unica cosa certa è che il mistero Abramovich ci farà compagnia ancora a lungo. Forse non è detto che sia un male.
30 marzo 2022 (modifica il 30 marzo 2022 | 07:31)
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