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Marina Mancini, docente di Diritto internazionale penale alla Luiss. Il mondo è sotto choc per gli attacchi ai civili in Ucraina. Quando si può parlare di crimini di guerra?
«I crimini di guerra sono violazioni gravi delle norme internazionali che riguardano la conduzione delle ostilità e la protezione delle vittime, norme alle quali i belligeranti devono attenersi. Una, fondamentale, prevede che non possano essere attaccati popolazione civile e beni civili. L’attacco deliberato, intenzionale, contro la popolazione e i civili è un crimine di guerra».
Come si prova che siano stati commessi?
«Il punto è l’intenzionalità dell’attacco. Un’altra regola fondamentale del diritto bellico è che anche l’attacco contro obiettivi militari è vietato, quando il comandante che lo ordina è consapevole che provocherebbe incidentalmente un numero di morti e feriti tra i civili e anche quando l’attacco è eccessivo rispetto al vantaggio militare previsto».
Mosca sostiene che l’ospedale fosse una base dei miliziani nazionalisti ucraini.
«Questo potrà essere accertato in fase di processo. Ma quand’anche, nelle vicinanze dell’ospedale, l’obiettivo russo fosse stato militare, quell’attacco è vietato se si accerta che il comandante era consapevole che non sarebbe stato rispettato il principio di proporzionalità tra vantaggio militare e danni collaterali. Il comandante che lo ordina commette un crimine di guerra».
In quali sedi possono essere accertati questi crimini? Zelensky si è rivolto alla Corte internazionale di giustizia.
«Bisogna distinguere tra la Corte penale internazionale (Cpi), l’organismo che si basa sullo Statuto di Roma e processa singoli individui per crimini internazionali, e la Corte internazionale di giustizia, organo delle Nazioni Unite, che risolve le controversie fra Stati. Zelensky si è già rivolto a quest’ultima per chiedere di accertare che nel Donbass non è stato commesso alcun genocidio contro la minoranza russofona, come invece sostiene Putin, giustificando così quella che lui chiama operazione militare speciale, cioè l’invasione dell’Ucraina».
L’attenzione passa dunque alla Cpi, che ha aperto un’indagine per crimini di guerra dopo la richiesta di 39 Stati, tra cui l’Italia?
«La Russia non è parte dello statuto di Roma ma poiché questi crimini avvengono in territorio ucraino e Kiev ha accettato la giurisdizione della Corte, la Corte si può pronunciare, per crimini di guerra ed eventualmente crimini contro l’umanità».
Come si svolgono le indagini?
«Serve raccogliere prove che consentano di stabilire, oltre ogni ragionevole dubbio, la responsabilità penale dei vertici politici e militari russi che hanno pianificato e ordinato gli attacchi».
Difficile immaginarsi Putin alla sbarra…
«Non per il crimine di aggressione, in sede di Corte Penale Internazionale, perché la Russia non è parte dello Statuto di Roma e servirebbe una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. La Russia ovviamente porrebbe il veto».
Dove si potrebbe arrivare allora?
«A una condanna o a un mandato d’arresto per crimini di guerra. Ma per lo svolgimento del processo davanti alla Corte è necessaria la presenza dell’imputato».
Missione impossibile?
«Molto dipenderà dall’evoluzione del conflitto e da un eventuale cambio di regime in Russia».
Putin destituito potrebbe cambiare lo scenario?
«È un’ipotesi remota in questo momento. Putin è ben saldo al potere. Se dovesse perderlo, il nuovo governo potrebbe assicurarlo alla giustizia internazionale. È difficile che accada. Tuttavia Putin e i vertici militari, se destinatari di un mandato della Cpi, potrebbero sempre essere arrestati qualora si recassero all’estero. Gli Stati parti della Cpi hanno l’obbligo di cooperare con la Corte ed eseguire i suoi mandati d’arresto».
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