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Con il voto di fiducia al Senato sul decreto Ucraina nasce ufficialmente il partito anti-Nato. Sono stati 35 i senatori a non aver concesso la fiducia al governo, posta sul testo che stabilisce l’invio di aiuti militari, umanitari e militari a Kiev. Al netto della compattezza di Fratelli d’Italia – che sedendo all’opposizione non ha votato la fiducia pur non essendo contraria al documento – restano altri 17 parlamentari, tutti da rintracciare nelle componenti ex grilline del Gruppo Misto. In prima linea c’è Alternativa, con i senatori Mattia Crucioli e Bianca Laura Granato, che hanno annunciato il loro voto contrario. Crucioli – in particolare – si è distinto per avere definito Draghi «un nonno al servizio della guerra, esattamente come il suo omologo statunitense Biden», facendo il verso alle frasi pronunciate dal premier durante la conferenza di fine anno, in cui si era autodefinito «un nonno al servizio delle Istituzioni». Crucioli ne ha anche per il suo ex capo politico Luigi Di Maio, «degno nipotino» di Draghi e Biden, «che più che un ministro a 5 Stelle mi sembra un ministro a stelle e strisce». Tra gli anti-Nato ex M5s c’è sicuramente un’altra senatrice che ha detto no al dl Ucraina, ovvero Bianca Laura Granato, la parlamentare più filo-russa di tutto il Parlamento. Già balzata su tutte le homepage dei siti negli scorsi giorni per aver detto che «Putin sta combattendo una guerra per tutti noi, contro l’agenda globalista».
Tra i senatori che hanno votato contro il dl Ucraina c’è Elio Lannutti, che prima dell’intervento del presidente ucraino al Parlamento italiano aveva dato a Volodymyr Zelensky dello «spregiudicato spaccone». Sui social e nelle dichiarazioni è in prima linea contro l’invio di aiuti militari e contro l’innalzamento della spesa militare della Nato, sfoderando spesso tesi controverse o addirittura complottistiche. Quasi tutti gli esponenti del partito anti-Alleanza Atlantica esprimono dubbi sui vaccini anti-Covid. E tra i senatori che non hanno votato la fiducia c’è n’è anche uno che è ancora nei ranghi del M5s e ricopre un incarico di prestigio come quello di presidente della Commissione Esteri a Palazzo Madama. Si tratta del discusso Vito Petrocelli: «È necessario chiederci dove finiscono le armi che l’Italia sta inviando. Sarebbe molto grave scoprire che arrivano nelle mani di milizie neonaziste o di bande armate». Petrocelli quasi sicuramente sarà espulso dal M5s. E ancora abbiamo Emanuele Dessì, ex pentastellato adesso nel Partito Comunista di Marco Rizzo. No anche da un ex volto di punta del Movimento, come Barbara Lezzi, ministra del governo gialloverde, ora nel Misto. Nell’elenco non possono mancare i senatori di Italexit, Gianluigi Paragone e Mario Giarrusso. Con Paragone che ci è andato giù duro: «Non è dando armi all’Ucraina o accelerando sull’esercito comune europeo che arriveremo alla Pace possibile. Così si alimenta uno scontro che, se non si fermerà, costringerà i nostri figli a indossare un’uniforme e imbracciare quelle armi il cui traffico ingrassa il Pil mondiale». Fanno discutere anche gli assenti ingiustificati: tre nel M5s e cinque nella Lega. I grillini sono Daniele Pesco (presidente della Commissione Bilancio) Alberto Airola e Gianluca Ferrara della Commissione Esteri. I leghisti sono Luigi Augussori, Armando Siri, Alberto Bagnai, Francesco Mollame, Valeria Sudano.
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