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La parola guerra non compare mai. Anzi, una sola volta: in inglese. Ma a leggerla tutta, la circolare dello Stato maggiore dell’Esercito, parla esclusivamente di guerra, dalla prima all’ultima riga. E la sostanza sembra fin troppo chiara: le truppe italiane devono essere pronte a combattere. Lo scenario non cambia di un centimetro, visto che all’orizzonte non c’è l’invio dei nostri militari sull’infiammato fronte ucraino, ma i reparti devono comunque prepararsi subito. Organizzarsi per bene, con i battaglioni sempre al completo e l’artiglieria perfettamente in grado di fronteggiare uno scontro bellico. Dopo anni di missioni di pace e di interventi di soccorso sulle peggiori calamità, il nostro esercito deve ora fare i conti con se stesso. E da quello che si intuisce, a leggere la circolare fatta partire due giorni fa, lo Stato maggiore non ha la certezza che brigate e battaglioni siano in grado di fronteggiare un attacco improvviso, nel caso le provocazioni sparate a più riprese da Mosca possano trasformarsi in una minaccia vera.
Ucraina, circolare Esercito italiano: «Meno congedi e addestramento al combattimento»
Caserme precettate
Nelle caserme italiane è scattata da due giorni un’organizzazione da “tempo di guerra”, certo non quella che fa entrare in vigore il codice penale militare. È uno stato di pre-allerta, che prevede obblighi precisi per mantenere gli organici costantemente al massimo e di strategie tattiche appositamente studiate dal Ministero della Difesa. La prima riguarda lo stop ai congedi anticipati. Non solo: i militari in ferma prefissata devono essere subito dislocati nei reparti che i generali definiscono “in prontezza”, cioè quelli che in caso di emergenze o battaglie dovranno scendere in campo per primi e senza preavviso. Nei reparti d’assalto, dispone ora lo Stato maggiore dell’Esercito, deve essere inquadrato solo personale senza vincoli d’impiego. Servono, insomma, soldati che non abbiamo problemi a fronteggiare attacchi e a rispondere al fuoco imbracciando le armi.
L’addestramento
Per prepararsi ancora c’è tempo e per questo lo Stato maggiore ordina a tutti i comandi italiani di organizzare un programma intenso di addestramento: quello che nel gergo militaresco è definito “war fighting”. E da questo passaggio il senso della circolare si capisce ancora meglio. Tradotto: le truppe italiane devono prepararsi a combattere. I primi a essere chiamati in causa sono i reparti di artiglieria: «Ciascun reggimento deve essere addestrato a operare sia nel ruolo di supporto diretto sia in quello di supporto generale – scrive il capo dell’Ufficio comando del capo di Stato maggiore, Bruno Pisciotta – Tutte le unità in prontezza devono essere alimentate al 100 per cento, con personale “ready to move”, anche ricorrendo all’istituto del “comando”». Assenza ridotte al minimo, stop alle esercitazioni non indispensabili e addestramento curato nei dettagli.
Cannoni ed elicotteri
Poi c’è il capitolo mezzi, armi e infrastrutture. Anche a questo ovviamente si è pensato nell’organizzazione delle truppe in tempo di minaccia da Est. «Provvedere – ordina il generale Pisciotta – che siano raggiunti i massimi livelli di efficienza di tutti i mezzi cingolati, dei sistemi d’arma, dell’artiglieria e degli elicotteri». Ma non velivoli qualsiasi, semmai quelli dotati di «sistemi di autodifesa», cioè armati e adatti al combattimento reale. L’artiglieria dell’Esercito, che nel corso degli anni ha subito gli effetti della cura dimagrante imposta dalle varie riforme incentrate sul risparmio, dovrà ora riorganizzarsi. E deve farlo in poco tempo, viste «le evoluzioni sullo scacchiere internazionale», per usare le parole dell’ultima circolare. Nel piano di riassetto, ordinano dallo Stato maggiore, non bisognerà trascurare la necessità di mettere a punto gli assetti sanitari e quelli specializzati nelle trasmissioni che dovranno essere collegati ai battaglioni chiamati ad affrontare la prima linea. Sperando che tutti i convogli pronti non escano mai dalle caserme.
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