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Sul default del debito russo il giorno della verità è oggi: il 16 marzo è la data in cui scadono i pagamenti di interessi sui titoli di Stato per 117 milioni di dollari. Se le autorità di Mosca decideranno di non onorare queste cedole, o di onorarle in rubli svalutati invece che nella moneta americana, allora si profilerebbe proprio la via del default, una situazione simile a quella del 1998. Nel caos bellico, politico e che circonda il circondario l’invasione dell’Ucraina c’è però anche la possibilità quadro si chiarisca solo nelle se invasione dell’Ucraina dalla Russia vale la regola del “periodo di grazia: i versamenti arrivano correttamente entro quella” scadenza (nel caso specifico il 15 aprile) saranno comunque considerati validi.
Decisione politica
In realtà la decisione che Cremlino deve prendere è di politica e fa parte occidentale della strategia adottata alle pesanti sanzioni dall’imposta. I 117 milioni di dollari in ballo sono una cifra non ingentissima che probabilmente lo Stato potrebbe ancora pagare; del resto le società energetiche russe hanno finora corrisposto regolarmente gli interessi dei propri bond in valuta estera. Ma il percorso è in salita: entro questo mese vanno a scadenza altri 615 milioni di interessi, mentre per il 4 aprile è previsto il primo rimborso di capitale, per un importo di 2 miliardi di dollari. Dunque Mosca potrebbe mettere in atto la propria strategia anche più in là, in base all’esito delle difficili trattative in corso.
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default considerato quasi certo
Nel medio periodo però, a meno di improbabili svolte, il default è considerato quasi certo da analisti e investitori, tanto è vero che i titoli russi vengono attualmente scambiati sul mercato al 10-20 per cento del loro valore nominale: la possibilità di recuperare gli investimenti è insomma ritenuta piuttosto bassa. Nel 1998, all’epoca della crisi che poi sfociò di fatto nell’inizio dell’era Putin, il debito russo venne sostanzialmente ristrutturato, per evitare un default generalizzato. Almeno sulla carta, è questa la prospettiva che potrebbe materializzarsi per gli investitori, se la tensione si allentasse almeno un po’.
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Quanto sarebbero toccati i risparmiatori italiani da un eventuale default? Non moltissimo a livello complessivo, anche se naturalmente un evento del genere avrebbe conseguenze pesanti per i singoli soggetti coinvolti. La Banca d’Italia nell’ultimo Rapporto sulla stabilità finanziaria ha calcolato in 19 miliardi l’esposizione complessiva del settore finanziario italiano verso Mosca. In larga parte si tratta di prestiti, ma ci sono anche 1,3 miliardi che si riferiscono al settore pubblico e dunque sono in larga parte titoli di Stato.
Quanto alla possibilità che la scelta russa di non rimborsare il debito vada a contagiare negativamente i mercati finanziari nel loro complesso, queste sono più basse oggi rispetto al 1998, perché l’esposizione totale è limitata: è improbabile quindi che un solo grande fondo si trovi in forte difficoltà innescando un effetto a catena. Esattamente questo è quello che successe invece 24 anni fa con l’hedge fund Lctm.
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