Dom. Ott 20th, 2024

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Il sistema di monitoraggio delle radiazioni nel sito ucraino di Chernobyl non comunica più, secondo quanto dice l’Agenzia internazionale per l’energia atomica. E il sito è stato staccato dalla rete elettrica. Ecco perché è un problema (e cosa sono i 7 pilastri)

«Silenzio» da Chernobyl.

Come denunciato dall’Aiea, l’Agenzia internazionale dell’energia atomica, il sistema di monitoraggio delle radiazioni non trasmette più informazioni da quando il sito è sotto il controllo delle armate russe. Inoltre Chernobyl sarebbe stata staccata dalla rete elettrica: è stata la società ucraina Npc Ukrenergo a comunicare che l’impianto di Chernobyl «è stato disconnesso dalla rete a causa dei combattimenti nell’area» (anche se era già inattiva cioè i tre reattori non esplosi erano spenti dalla fine del secolo scorso).

Secondo il ministro degli Esteri ucraino, Kuleba, per ricollegare Chernobyl alla rete è necessario un cessate il fuoco. Energoatom, l’azienda statale che sovrintende il nucleare in Ucraina, ha detto che la situazione può portare al rilascio di materiale radiattivo: «i generatori diesel» hanno un’autonomia di 48 ore, «poi i sistemi di raffreddamento per i depositi di materiale nucleare smetteranno di funzionare, rendendo imminente il rilascio di radiazioni». L’Aiea ha però scritto in un comunicato di «non osservare particolari criticità» derivanti dal distacco dalla rete elettrica, perché la centrale dispone di «sufficiente acqua per il raffreddamento» del materiale nucleare esausto». Resta, però, l’allerta per la violazione di uno dei «pilastri» fondamentali per la sicurezza nucleare.

Cosa vuole dire?

Tutti ricordano il disastro di Chernobyl, nei pressi di Kiev, dell’86. Pochi ricordano però che non fu il primo.

Sette anni prima, nel 1979, ci fu un incidente molto grave negli Stati Uniti, in Pennsylvania: quello della centrale elettrica nucleare di Three Mile Island. Nella scala che misura gli incidenti nucleari si arrivò a 5 su un massimo di sette. Il contenimento dei danni permette oggi ad alcune persone di vivere sempre vicino a quest’isola in mezzo a un fiume.

Ma è dalla Pennsylvania che bisogna partire per comprendere cosa sono i «7 pilastri della sicurezza nucleare» citati in questi giorni dal direttore generale dell’Aiea, l’argentino Rafael Mariano Grossi.

I Sette pilastri della saggezza nucleare iniziarono a prendere forma proprio dopo il 79 con la visita dell’allora presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter, al complesso. E poi, certo, con Chernobyl dove è presumibile che il sistema di monitoraggio funzioni ancora ma che siano state bloccate le trasmissioni (solo il movimento di mezzi pesanti sul territorio circostante nei giorni scorsi aveva sollevato da terra pulviscolo radiattivo facendo alzare il livello di sei volte). Perché è un problema al punto che lo stesso Grossi ha chiesto di poter andare fisicamente a visitare lo stato dell’area di Chernobyl e della centrale?

La lista può sembrare una semplice formalità da depennare. Ma come abbiamo imparato nel volo aereo il rispetto delle procedure sono tutto.

I sette pilastri sono:
-integrità delle strutture,
– rispetto delle procedure,
– libertà di fare domande e lavorare senza stress,
– controllo logistico,
– monitoraggio delle radiazioni,
– competenze,
– comunicazioni.

Almeno due se non tre non sono rispettati anche nella più grande centrale atomica d’Europa, quella di Zaporizhzhia che le truppe russe hanno occupato nella notte tra il 3 e il 4 marzo: comunicazioni (internet e telefoni bloccati), libertà di porre domande (il commando è stato preso dai militari russi), logistica senza interruzioni.

Il secondo pilastro, che è stato sollevato dall’esperto di energia e dirigente del Cnr, Nicola Armaroli prima ancora dell’attacco russo, è il diretto risultato di Chernobyl.

Nella serie Sky sul disastro si vede bene come l’ottusità gerarchica vigente all’epoca nell’Urss già in via di disfacimento nell’86 non permettesse di sollevare domande. E questo ha sicuramente avuto un ruolo nell’evento (va ricordato che il reattore di Chernobyl era un RBMK-1000, una tecnologia russa che usava la grafite ed era molto instabile a basse temperature. L’incidente atomico del 1986 accadde durante un test in queste condizioni).

Con il disastro di Fukushima i sette pilastri non sono bastati.

Con l’attacco alle centrali Vladimir Putin non sta rispettando anche l’articolo 56 dell’integrazione al trattato di Ginevra («Protezione delle opere e installazioni che racchiudono forze pericolose 1. Le opere o installazioni che racchiudono forze pericolose, cioè le dighe di protezione o di ritenuta e le centrali nucleari per la produzione di energia elettrica, non saranno oggetto di attacchi, anche se costituiscono obiettivi militari»).

Solo uno dei molti altri articoli deturpati, in questi giorni, del Trattato.

9 marzo 2022 (modifica il 9 marzo 2022 | 14:35)

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