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Con la testa rasata, i capelli lunghi pochi millimetri, un viso che forse non riescono più a guardare nello specchio. Ma sono libere finalmente. Ci sono anche 15 soldatesse tra gli 86 militari che sono stati rilasciati nel pomeriggio di venerdì 1° aprile nell’ambito di uno scambio di soldati prigionieri con i russi che ha avuto luogo a Zaporizhia. I russi hanno rasato le loro teste con la volontà di umiliarle: una punizione storicamente riservata alle donne che si vuole sottomettere. Un gesto primitivo che dà l’idea dell’atteggiamento dell’esercito russo nei confronti dei prigionieri.
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Soldatesse che non potranno più raccogliere i loro capelli in una coda, in una treccia, in uno chignon per molto tempo. Private della loro femminilità ma non del loro onore e della loro dignità. La guerra è anche questo: barbarie e umiliazione dell’avversario. Poco conta se dall’altra parte c’è una donna. Le soldatesse ucraine hanno mostrato abnegazione e coraggio. A dare la notizia della liberazione, sulla sua pagina Facebook, è stata la vice premier ucraina Iryna Vereshchuk che ha pubblicato le sue foto assieme ai militari liberati e annunciato che gli 86 soldati saranno presto a casa con le loro famiglie. Sono oltre 31.000 le donne che prestano servizio nelle forze armate ucraine e 4.000 sono ufficiali. Si calcola che 15% dei soldati ucraini che attualmente combatte contro i russi sia composto da donne.
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