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Le recenti dichiarazioni sulla guerra in Ucraina del patriarca di Mosca, Kirill, specialmente dopo la dichiazione congiunta sulla pace con papa Francesco a Cuba, possono aver spiazzato la Chiesa cattolica ed il Vaticano. Ma il pressing delle autorità cattoliche sul vertice della Chiesa moscovita non è destinato a fermarsi.
Kirill, attraverso un sermone che è stato diffuso dalla stampa in tutto il mondo, ha giustificato l’invasione in Ucraina da parte di Vladimir Putin chiamando in causa le efferratezze che gli ucraini avrebbero compiuto in Donbass, parlando di un “test” di “lealtà” al governo russo sulle “parate gay” e sottolineando la presunta “russofobia” dell’Occidente. In estrema sintesi, le nazioni occidentali, secondo il vertice ortodosso, vorrebbero destrutturare l’identità della popolazione dello spazio russo, imponendo usi e costumi occidentali. Per Kirill, la prova finale per stabilire la fedeltà alla cultura nazionale e al sistema di potere russi sarebbe scongiurare “le parate gay”, che diventano così, per la sua visione, un simbolo riassuntivo di quello che l’Est Europa non dovrebbe mai diventare ed assecondare.
Argomentazioni teologiche, metafisiche e bioetiche che hanno sconvolto chi confidava nel capo degli ortodossi di Mosca per la ricerca di un punto di compromesso tra le parti in conflitto. Papa Francesco ed il segretario di Stato e cardinale Pietro Parolin, in questi nove anni, hanno tessuto una fitta rete diplomatica con la Chiesa ortodossa russa: l’unità tra e dei cristiani è uno scopo irrinunciabile per il “pontefice venuto dalla fine del mondo”. Tant’è che si è spesso parlato di quanto fossero migliorate le relazioni diplomatiche con Mosca, sia a livello politico che confessionale.
Prima del dialogo, interreligioso o meno che sia, viene però la pace per i cattolici. Anzi, il dialogo è, per la Chiesa, l’unico vero strumento per raggiungere la pacificazione nel mondo. Ma la volontà del Papa di essere mediatore del conflitto rischia d’essere minata dai toni che Kirill ha scelto per commentare la guerra dello Zar all’Ucraina.
Una delle possibilità, infatti, era proprio quella di utilizzare il canale aperto tra Roma e Mosca dal pontefice argentino e dal patriarca: l’ipotesi, ora come ora, è del tutto sfumata. E infatti i candidati mediatori, ad oggi, sono soprattutto Israele e Turchia: Parolin ha fatto sapere che il Vaticano, in caso, ha bisogno di recepire una “apertura” da parte di tutti gli attori in campo, così come ripercorso dall’Agi. Il capo della Chiesa cattolica si è espresso in termini molto netti: “Mai la guerra, pensate soprattutto si bambini ai quali si toglie la speranza di una vita degna”. E le parole che il Papa sta utilizzando per tuonare contro la guerra in Ucraina sono evidentemente molto diverse da quelle che Cirillo I ha pronunciato nel suo discorso. Cil rappresenta un elemento di distanza tra due visioni che, fino a qualche settimana fa, sembravano essere divenute quantomeno avvicinabili, dopo i solchi profondi scavati dal passato. Quell’ “in nome di Dio, fermatevi!” che è stato scandito, pure a mezzo social, dalSanto Padre non è compatibile con il giustificazionismo di Kirill. Ma i cattolici, anche quelli che ricorpono cariche ecclesiastiche, non smetteranno di sperare in una soluzione. Qualcosa che potrebbe passare anche da un inaspettato ripensamento del patriarca ortodosso.
Un ripensamento su cui puntano anche diversi espiscopati europei, che premono affinché il vertice della Chiesa di Mosca dia un segnale, anche minimo. I vescovi della Repubblica Ceca si sono rivolti al patriarca di Mosca, ricordando come l’invasione di Putin non sia sovrapponibile al dettame della fede: Jan Graubner, vertice dei vescovi cechi, ha domandato a Kirill di ricercare la pace. Un’inizativa simile è stata presa dai vescovi svizzeri. Il vescovo di Odessa, città che teme l’arrivo delle bombe russe, ha chiesto a Francesco d’incontrare personalmente Kirill al fine di perseguire la pace.
I vescovi che operano all’interno dell’Unione europea – quelli che sono rappresentati e coordinati dal cardinale Jean-Claude Hollerich – hanno rivolto un accorato appello al patriarca di Mosca. Una dichiarazione pubblica tesa a far sì che la guerra finisca e che Putin plachi la sua volontà bellica: “In questi momenti bui per l’umanità, accompagnati da intensi sentimenti di disperazione e paura, molti guardano a lei, Santità, come qualcuno che potrebbe portare un segno di speranza per una soluzione pacifica a questo conflitto”, ha scritto il porporato belga. La speranza passa anche dal dialogo tra le due Chiese: ma ora tutti chiedono un segnale da parte della comunità di Mosca.
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