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Oltre al Donbass, nella guerra con l’Ucraina la pianificazione di Mosca guarda da tempo anche una regione molto più a ovest, la fascia di territorio dell’oblast di Odessa, incuneata fra il Mar Nero, la Romania e la Moldova. Un eventuale intervento via mare nel Budjak (la Bessarabia vecchia) colpirebbe una zona adiacente alla Transnistria, la regione indipendentista della Moldova in cui stazionano militari russi che Mosca sta ridispiegando in queste ore, secondo quanto denuncia lo stato maggiore ucraino.
Si tratta di una zona oltre modo strategica. Se colpita invierebbe un segnale molto più aggressivo sia nei confronti dell’Europa che della Nato. Una operazione come quella per il Budjak non avrebbe fra l’altro bisogno dell’impegno di un numero massiccio di militari.
In Bessarabia vivono 600mila persone, distribuite su diverse etnie, con il russo come lingua franca. Ma il tentavivo, nell’aprile del 2015, di lanciare una Repubblica popolare, che assorbisse i nove distretti più occidentali della regione di Odessa, sul modello di quelle di Luhansk e Donetsk, è fallito clamorosamente. Già la scorsa primavera, la composizione, più che la dimensione, delle forze russe ammassate al confine con l’Ucraina, indicavano questo secondo obiettivo: forze anfibie, fanteria della marina (i ‘caschi neri’) trasferiti dal Baltico, unità navali da sbarco dal Mar Caspio, e batterie di missili Iskander, da Sverdlovsk, quanto necessario per un intervento circoscritto dal mare.
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